Teatro

“Best Regards”, la danza di D’Agostin ci guida a veder le stelle

25 Settembre 2023

Lettera indirizzata a qualcuno che non leggerà. Nell’epoca del Chat Gpt e dell’intelligenza artificiale, della decadenza delle mail, diventate surrogato di una epistola ridotta sempre più a comunicazioni di servizio, scarne ed essenziali, sincretismo di immagini, graffiti video e parole nelle reti di Instagram e Tic Toc, il coreografo Marco D’Agostin, in “Best Regards” _ sere fa sul palco del festival “Autunno danza” alla ex Manifattura di Cagliari _ sfida il presente guardando indietro. Riavvolge il nastro per fermare attimi di vita e scrivere una lettera con quello che la sua arte gli offre come mezzo. Una lettera danzante inviata su nel cielo, o chissà dove, al geniale Nigel Charnock, il danzatore fondatore dei fondamentali DV8 Physical Theatre scomparso oltre dieci anni fa. Una lettera scritta in ritardo “a chi ha rappresentato ai miei occhi _ ha detto il giovane coreografo _ la possibilità che in scena tutto potesse accadere ed esplodere”. Non può quindi essere una semplice  missiva scritta su un foglio bianco, chiusa in una busta, affrancata e spedita. Anche perchè prima e dopo può accadere di tutto: ad esempio che il destinatario scompaia o la missiva vada perduta nel meandro delle poste che talvolta inghiotte come un moloch e non restituisce.

Marco D’Agostin alla ex Manifattura di Cagliari ha presentato il suo avvolgente “Best Regards” (Foto Laura Farneti)

E di quello scritto dunque, cosa potrebbe restare? Chi potrà leggere quelle righe si domanda D’Agostin? E se nel frattempo scrivente o ricevente cambieranno come si potrà interpretare ciò che resta scritto? E’ un meccanismo della memoria perverso, che non ha riconoscimenti o rispecchiamenti ma vive solo la mutevole legge dell’oblio e della condizione umana. Meglio la danza quindi, diventata testimone e messaggera, che indulge e fruga negli interstizi lasciati liberi da ricordi di presenze/assenze liberate nello spazio e nel tempo.

Memoria come strumento performativo. E danza come indagine tra l’attimo della scrittura e quello (possibile o meno) del ricevimento. Di Charnock, il coreografo e danzatore D’Agostin disegna un ritratto appassionato e poetico, dipingendo con pennellate decise quella spinta compulsiva che contraddistingueva il performer britannico: un flusso di energia spettacolare che il coreografo italiano traduce in urgenza performativa e forte libertà espressiva.

“Best Regards” è un omaggio di D’Agostin al grande performer inglese Nigel Charnock (Foto Andrea Fois)

Originario di Manchester, Nigel Charnock, dopo aver studiato al Royal Welsh College of Music and Drama di Cardiff, si è poi formato alla London School of Contemporary Dance (1981) prima di lavorare con la Ludus Dance company (1982-85) e l’Extemporary Dance Theatre (1985-86). Nel 1986 con lo spettacolo “My Sex:Our Dance” fonda con Lloyd Newson il DV8 Physical Theatre con il quale lavorerà per sette anni circa. Dopo aver lasciato i DV8 nel 1993, crea diversi assoli: “Human Being”, “Hell Bent”, “Original Sin”, “Resurrection” e “Frank”, incentrati su amore, rinascita, solitudine e nichilismo temi che ricorreranno nel lavoro di tutta la sua vita. Nel 1995 costituisce la Nigel Charnock Company, realizzando anche opere per altre compagnie in Gran Bretagna e all’estero. Nelle ultime fasi della sua attività creativa collaborò con musicisti jazz quale il brillante pianista e compositore Gwilym Simcock. Prendeva ispirazione dal mondo della musica jazz e non è un caso che alcuni dei suoi ultimi spettacoli fossero legati all’improvvisazione. Charnock non si poneva limiti alla libertà espressiva. E spesso colpiva nel segno creando scandalo o sconcerto. Lloyd Newson cofondatore dei DV8 ricorda infatti che: “Quando ha colpito nel segno, e di solito è stato con i suoi assoli, ha provocato e svegliato il pubblico: non c’era nulla che non dicesse o facesse. Con arguzia incisiva, parlava ad alta voce dei propri pensieri privati e dei nostri”.

Marco D’Agostin in “Best Regards” è stato ospite nel festival “Autunno Danza” a Cagliari (Foto Laura Farneti)

Personaggio artisticamente ingombrante con una personalità che brillava di luce propria nel mondo della sperimentazione teatrale. Certo non facile “scrivergli” una lettera. Che poi non leggerà. Eppure D’Agostin lo fa in un modo felicemente disordinato, ma assolutamente esplosivo, diremo per usare una espressione cara allo stesso coreografo “too much”, eccessivo persino, ma mai lezioso o ridondante. C’è tanto e non solo di Chernock di cui si ricorda anche l’abitudine di spedirsi delle lettere ai teatri dove debuttava. Il focus si allarga e segnala le epistole di Virginia Woolf, Elisabeth Bishop, poetessa americana straordinaria, purtroppo poco conosciuta in Italia e di una donna che visse tra dramma e mito come la pistolera Calamity Jane che affidò ad un amico le sue lettere indirizzate alla figlia con la richiesta di consegnarle solo dopo la sua partenza dal mondo . Lettere che il tempo ha trasformato in simulacri d’amore o disperazione.

Un primo piano di D’Agostin mentre canta una canzone per Nigel Charnock (foto di Andrea Fois)

Parole che seminano ricordi. Relitti di esistenze, affioranti qua e là tra passato e futuro. D’Agostin solitario in scena costruisce velocemente un set per feste glamour tra coriandoli e giocattoli quasi fosse nella stanza di un adolescente. Costruisce e distrugge con pari velocità, come accade nell’ispirazione dello scrittore: danza della mente, danza che governa e domina, seguendo un suo ritmo in un battito di tempo che non finisce mai… (da Virginia Woolf). Indossa gli abiti di un entertainer di uno show improvvisato gaio e un po’ sbilenco dove prova a far echeggiare le star di Elvis Presley in “Love me tender” in una girandola di motivi evergreen, da “Cheek to Cheek” di Irving Berlin scritta per Fred Astaire e Ginger Rogers, la popolare “Cry Me a River” di Hamilton e la cult song “New York New York” di John Kander e Fred Ebb portata al successo da Liza Minelli, e soprattutto Frank Sinatra.

Nel finale di “Best Regards” D’Agostin si esibisce come fosse una popstar (Foto Andrea Fois)

D’Agostin è l’instancabile vedette sul palcoscenico: è attore, danzatore, performer unico di un tableau che ha dipinto lui stesso velocemente in crescendo. Ha accumulato oggetti e li ha tolti fuori dalla scena, E’ entrato e uscito da un sipario illuminato più e più volte. Destruttura il movimento danzato restituendo attimi di poesia in motion. Ed è una lettera, spedita da un’isola norvegese dalla coreografa Chiara Bersani, che Marco D’Agostin legge ad alta voce, quasi un diario di bordo di un viaggio che intreccia memoria e poesia. Le parole di Bersani fotografano il tempo dell’adesso e del dopo, intrecciando pubblico e privato, la città raggiunta e conosciuta sedimentando ulteriori emozioni di un atto unico e sorprendente. Un atto d’amore che deflagra in musica mentre i versi scorrono sulla tenda e D’Agostin canta con voce ispirata la canzone dedicata a Nigel. Il brano entra in loop e lentamente, mentre i versi continuano a scorrere gli spettatori se ne impadroniscono cantandola a mezza voce fino a vedere le stelle … “You Died, So I Could Live and Dance, You are the Dark, I see the Stars…”

Un’altra coreografia di Marco D’Agostin, “Gli Anni”, è stata portata in scena ad “Autunno danza” le sere precedenti a “Best Regards” da Marta Ciappina. Prossimi appuntamenti: il 28 e 29 settembre alle 21 Giovanfrancesco Giannini mostra il suo progetto “Cloud-extended”, una riflessione sulla politica delle immagini e sulla rappresentazione mediatica dei corpi, organizzata attorno ai concetti di durata e ripetizione.

Atto finale di “Best Regards” con il testo della canzone per Nigel che scorre luminoso (Foto di Laura Farneti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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