Teatro

Applausi per Jacopo Tissi all’Opera di Roma

12 Maggio 2022

Lunghi, sentiti applausi hanno salutato Jacopo Tissi nel Corsaro visto ieri sera al Teatro dell’Opera di Roma. Era molto atteso, Tissi, da quando ha lasciato il “suo” Teatro Bolshoi di Mosca, dimettendosi da primo ballerino, in segno di disapprovazione rispetto alla guerra in Ukraina. Una star, insomma, che ha preso una posizione precisa. Arrivato a Mosca nel 2017, nominato in appena due anni primo ballerino del prestigiosissimo teatro, Tissi ha preferito tornare in Italia, rivendicando pace e armonia nel mondo. L’Opera di Roma, infatti, guidata dal sovrintendente Francesco Giambrone, l’ha subito invitato per un debutto straordinario: naturale quindi che al Costanzi ci fosse una attesa particolare, che non è andata delusa.

Tissi è meraviglioso in scena, anche agli occhi di un profano come me: vola, con quelle gambe e quelle braccia lunghissime, sembra davvero che l’ampio palcoscenico sia troppo piccolo per lui. È leggero e potente, elegante sempre, magistrale alla perfezione nei momenti di virtuosismo puro del suo Conrad. Accanto a lui fa bellissima figura Maia Makhateli, nel ruolo di una Medora di gran personalità, e pure buone mi sono sembrate le prove di Marianna Suriano come Gulnara, e di Walter Maimone come Lankedem. Nelle suggestive scene dipinte firmate da Francesco Zito, lavora bene il corpo di ballo e bene l’orchestra diretta da Alexei Baklan ha svolto ottimamente il proprio compito, mentre qualche domanda suscita la coreografia di José Carlos Martinez che, di fronte a questo balletto “di repertorio”,  classicone dei classiconi, tiene la barra su una visione piuttosto tradizionale.

Di fatto, vien da pensare, una opera come Il Corsaro oggi sarebbe pressoché irrappresentabile: gli alfieri del politically correct (e non solo) potrebbero storcere assai il naso. Appropriazione culturale (quei finti musulmani col turbante e la barbona), machismo, maschilismo (pirati che comandano e si spartiscono le donne), condizione femminile (donne comprate e vendute, comunque sempre dipendenti dall’uomo) eccetera eccetera. Insomma, che farne di queste drammaturgie? 

Perché poi, alla fine, quel che prevale e commuove è la bellezza, l’armonia di questa forma scenica. Il balletto, chiamiamolo così, è una poesia, è un’arte sublime, è un concentrato di misura, tecnica, espressione. È quanto di più brechtiano conosca: straniamento puro, convenzione pura che si fa gioco scenico nella complicità con il pubblico. Sono meravigliosamente commoventi gli applausi che arrivano spontanei dopo un pezzo di bravura: il ballerino o la ballerina, rimanendo “in parte”, sospende la rappresentazione e arriva in proscenio a ringraziare con profusione di inchini. Chi è in quel momento che agisce? La persona o il personaggio? E quei gesti convenzionali di ringraziamento, a chi appartengono? In quella sospensione risiede, detto grossolanamente, il miracolo del balletto. La forma più astratta di “sospensione dell’incredulità” che si sia mai data su qualsiasi palcoscenico.
Ma di fatto, tutti gli occhi erano per lui, per Jacopo Tissi: sorridente, raggiante, bello come il sole, ha preso i più che meritati applausi. E grazie a lui, anche in quel momento felice prima della chiusura di sipario, il pensiero di tutti è andato all’Ukraina.

(nella foto di copertina: Jacopo Tissi in prova all’Opera di Roma)

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