Teatro
Akropolis: “Testimonianze”, oasi di resilienza teatrale
GENOVA _Da quindici anni esatti la ricerca teatrale italiana, quella più illuminata e non glamour, ha il suo luogo d’elezione a Sestri, area popolare della striscia genovese. Sta in un edificio appollaiato nella salita intitolata al partigiano Mario Boeddu come fosse un moderno luogo monastico di riflessione e meditazione. In realtà nel cuore ha un teatro tecnologicamente contemporaneo, mobili, in grado di adattarsi alle mille combinazioni scelte dagli artisti che qui mettono in prova i loro lavori. Akropolis teatro, così si chiama la struttura fondata da Clemente Tafuri e David Beronio. Nello stesso anno di nascita dello spazio nasce parallelamente una attività editoriale di alto livello e significato (per il quale ha avuto un Premio Ubu nove anni fa) e soprattutto, una attività cinematografica di rara qualità che mette al centro della cellulosa il teatro (le è valso un importante riconoscimento, pochi anni orsono, da parte della Biennale di Venezia).Ma tutto questo è solo la punta dell’iceberg al cui interno si cela una indefessa linea di ricerca e confronto che ha fatto incontrare artisti e teatranti di ogni dove, prendendo parte a produzioni che hanno aiutato e aiutano chi è più fragile e fuori dai grandi circuiti produttivi. Mettere assieme il teatro con la filosofia, la danza con il circo è infatti il cuore del festival che si svolge ogni anno all’ombra della Lanterna con l’lluminante titolo di “Testimonianze-Ricerca-Azioni” Al via dal 5 al 17 novembre con un programma come sempre nutrito di spettacoli, incontri e confronti tra artisti e studiosi, critici e registi.
Vale la pena leggere quello che scrivono i due direttori artistici per capire meglio il target di questa manifestazione culturale che non ha niente di simile in altre parti d’Italia. “Se l’arte è una delle esperienze umane più complesse, la ricerca nell’arte rappresenta il vertice (e il fondamento) di questa esperienza. Ed è impossibile occuparsene se non si vive nel conflitto tra lo spazio e la forma, la parola e la sua dissoluzione, la rappresentazione e i suoi confini. La ricerca, in teatro ma evidentemente non solo, è il vero cammino del viandante, non una sosta, non l’illusione della meta. È una continua lotta tra la tradizione e il bisogno di tradimento, tra il tempo che si vive, con tutte le sue contraddizioni, e il tentativo di superarlo, aprendo nuovi varchi da cui far passare una luce che permetta di mettere meglio a fuoco i conflitti e le frustrazioni, la fragilità e il desiderio di risposte sempre più definitive. Perché in fondo è questo il destino di ogni opera: rappresentare il proprio limite, dare il nome e la forma alle ombre per poi subito restituirne l’evanescenza”.
Si coglie nel ragionamento dei due teatranti genovesi la consapevolezza che occorra compiere atti coraggiosi, stabilendo rapporti chiari tra pubblico e artista, tra arte e società. Non è un caso che quasi sempre “Testimonianze” attiri un gruppo di realtà che non amano il compromesso e mettono al primo posto del loro lavoro una concezione post estetica piuttosto focalizzata a riscoprire i linguaggi del corpo -vedi ad esempio il butoh- e dall’altra a riflettere e non smettere di indagare quello che è il teatro delle origini.
Non è un caso che il festival in sordina abbia aperto già più di venti giorni fa con la presenza di burattinai e burattini con la presenza di studiosi come Alfonso Cipolla, Dolores Pesce, Carles Cañellas dell’Unima spagnola, Clément Peretjatko (dell’Unima francese)e Roberto Cuppone che ha introdotto ai diversi seminari. Due incontri a cura di Unima Italia: Il teatro di figura in Liguria e dintorni, che si svolgerà a partire dalle 15.30 presso il Teatro Akropolis e a seguire, alle ore 18: Dialogo con Claudio Cinelli, con Francesca Cecconi e Alessandro Libertin.
Lo studioso Marco De Marinis ha ìnvece tenuto un seminario in cui ha ripercorso i momenti principali della ricerca teatrale nel Novecento, chiedendosi che cosa significhi fare ricerca a teatro, dove la si sia fatta e la si faccia ancora oggi, in che termini e secondo quali modalità può essere rilanciata, in condizioni profondamente mutate rispetto al passato anche recente.
Si parte il 5 novembre alle ore 20,30, nel segno di Dostojevskij con Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa che presentano “Memorie del sottosuolo”. In questo intenso monologo, Paolo Oricco svela una notevole capacità tecnico/emotiva, sostenuta dall’imponente scenario pittorico Trionfo della Morte, realizzato da Daniela Dal Cin ispirato al celebre affresco quattrocentesco di Palazzo Abatellis a Palermo.
Due appuntamenti per il giorno successivo. Alle 19 spazio per la francese Chiara Marchese con “Mavara. Forme chorégraphique melant cirque et marionette”. Nell’antica tradizione siciliana la mavara è la donna che ha poteri magici e curativi, colei che può disporre della vita e della morte. “Mavara” un assolo per due corpi, viventi o inerti, uno spettacolo costruito in equilibrio sul filo molle che esplora le origini del circo e della marionetta attraverso la danza. Ispirata ai racconti popolari siciliani dell’etnologo Giuseppe Pitrè e ai testi di Ernesto de Martino e Roberto Giambrone, “Mavara” esplora il confine sottile tra il visibile e l’invisibile, tra la follia e la disciplina. Drammaturgia musicale di Julie Mondor.
Alessio Pisani e Luca Cartolari, con “Bogeyman/EASilence”, (alle ore 20,30) ci svelano mondi sonori inaspettati, dove il controfagotto e l’elettronica si intrecciano in un vortice ipnotico. Il concerto si apre con “Cinque bagatelle per l’uomo nero”di Carlo Galante. A seguire “Autotono”di Sylvano Bussotti, una sequenza di sette “pittografie” realizzate da Sylvano Bussotti con la complicità dello zio, il rinomato pittore e illustratore Tono Zancanaro.
Tra danza e nuovo circo la singolare prova di “Zoologia” di Lupa Maimone, compagnia Oltrenotte, di scena il 7 novembre alle 20,30 al teatro Akropolis. Lo spettacolo “narra una trasformazione, esplorando il confine tra il corpo e la possibilità di accogliere un doppio. In “Zoologia”, gli oggetti di scena si integrano nel corpo, danzando insieme come un unico organo che si modifica. Questo dialogo tra alterità porta a un equilibrio, dove anche il conflitto trova una risoluzione quasi magica.” Musiche di Marco Caredda, maschere di Maimone e Vinka Delgado. Luci di Riccardo Serra. Disegno sonoro Simone Frau.
A seguire (ore 21) un solo di Ilenia Romano che in “Vacuum- La conquista del vuoto” prende ispirazione dal personaggio mitico di Elena di Troia: “una donna irregolare, contraddittoria, moderna, che suscita amore, attrazione, odio, condanna. Una semi Dea bellissima e pericolosa, in balia degli eventi e di un volere divino contro i quali nulla può. Musica: Edoardo M. Bellucci,Video: di Lorenzo Letizia; Luci di Leonardo Badalassi, Vocal coach: Virginia Guidi,Costume realizzato da:Ilenia Romano, Svetlana Mikova. Produzione di PinDoc.
L’8 novembre alle 19:30 da segnare in scena in prima assoluta al Teatro Akropolis di “At First Light” un lavoro ideato da Pietro Borgonovo e sviluppato da Clemente Tafuri che propone un modo totalmente inedito di ascolto della musica, in presenza e poi in assenza della performer durante la doppia esecuzione della stessa partitura musicale, affidando allo spettatore la rievocazione di quanto poco prima visto ma subito negato dallo scorrere del tempo.
Nella stessa giornata, alle 17,30 il filosofo Carlo Sini e Florinda Cambria dialogano con il regista Michelangelo Frammartino sui rapporti tra filosofia e cinema. L’evento è in collaborazione con Mecrì, Laboratorio di filosofia e cultura di Milano.
Alle 18 presso Celso, Istituto di studi Orientali dialogo sulla dimensione filosofica delle arti. Con Yuko Kaseki, Megumi Eda ed Emanuela Patella.
Alle 20,30 allo spazio Akropolis viene proiettato il film di Michelangelo Frammartino”Il buco” premio speciale a Venezia nel 2021. Nel 1961 un gruppo di speleologi scende per la prima volta nell’Abisso del Bifurto, nel Parco del Pollino. Il terzo lungometraggio di Michelangelo Frammartino ripercorre quella vicenda. “Il buco” è un viaggio nel buio, una discesa negli abissi in antitesi con la crescita e lo sviluppo dell’Italia degli anni Sessanta.
Il 9 novembre per il Progetto Oscillazioni a cura di Roberta Nicolai (direttrice artistica del festival Teatri di Vetro, Roma) due prime assolute: Alessandra Cristiani presenta alle 16 a Villa Durazzo Bombrini “Diario performativo, Movimento in potenza” un lavoro che investiga il percorso creativo dell’artista, a seguire Micheal Incarbone intreccia materiali iconografici, fotografici, video, testuali e sonori dall’archivio di ricerca in “Fallen Angels Mixtape”. La giornata prosegue a Teatro Akropolis con Nicola Galli che continua la ricerca sulla spiritualità dando vita a un rituale danzato che celebra il moto di un universo inesplorato in “Il mondo altrove: Una storia notturna (alle 20,30). Alle 21, la caduta degli angeli ribelli viene utilizzata metaforicamente per osservare i fenomeni musicali contemporanei nella versione coreografica di “Fallen Angels” di Micheal Incarbone. A Villa Durazzo Bombrini (ore 10:-15) Melting Pot of Ballet end Butoh, worshop con le danzatrici Megumi Eda e Yuko Kaseki.
Per celebrare il compleanno del Festival il 10 novembre alle 12 a Palazzo Ducale si inaugura la mostra fotografica di Lorenzo Crovetto “Teatro Akropolis Testimonianze Ricerca Azioni. In programma sino al 24 novembre dalle 10 alle 18.
Il tradizionale appuntamento con la Danza Butō è il 10 novembre a Palazzo Ducale con performance, video e incontri. Alle 15.30 nella Sala Del Minor Consiglio Stefano Taiuti con “Danza Ombra”invita a riscoprire la potenza della semplicità, dove corpo e ombra dialogano silenziosamente creando una connessione profonda con lo sguardo ravvicinato del pubblico. Dopo il film di Masaki Iwana per la rassegna “Dissolvenza in nero” alle 19 nella Sala Del Maggior Consiglio in prima assoluta Alessandra Cristiani è in scena con “Trilogia-il Linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon compimento di un lavoro che il Festival segue dal primo studio. La danzatrice butō Yuko Kaseki e la ballerina classica Megumi Eda presentano in prima nazionale alle 20:30 nella Sala del Maggior Consiglio la loro nuova performance, “Divine” , ispirata a figure femminili come Giselle e Oiwa i cui spiriti divini hanno sopportato coercizione, violenza e l’imprigionamento in immagini e vite non scelte o create da loro.
Dopo un giorno di pausa il festival riprende con la proiezione al Teatro Akropolis (ore 15) con “La parte maledetta. Viaggio ai Confini del Teatro: Paola Bianchi” film di Clemente Tafuri e David Beronio.
Un lungo lavoro di ricerca sulla compresenza di due corpi diversi per abilità e percezione, esplorando la relazione, il supporto reciproco e l’accettazione dei limiti è quello compiuto dalla stessa coreografa e danzatrice Paola Bianchi (alle 20,30 al teatro Akropolis) assieme a Valentina Bravetti.
Il 13 novembre Vincenzo Schino di Opera Bianco fonde citazioni e influenze digitali con il corpo del danzatore, attraversato da pixel, scariche elettriche e immagini del web in “Trickster” (Studio) al teatro Akropolis alle ore 20,30. A seguire l’incontro “Dialogo nello scorrere della creazione” con Sara Baranzoni, Marta Bichisao, Vincenzo Schino per condividere con il pubblico del festival i fuochi della creazione attualmente in corso e i pensieri che può generare.
Alle 21,45, sempre gli Opera Bianco mostreranno (Ore 21,45) “The Playhouse”. Lo spettacolo nasce dalla citazione di una scena dell’omonimo film di Buster Keaton, del 1921. “Citazione e imitazione sono trattati come forma di conoscenza e occasione per connettersi con corporeità e cinetiche di persone che non ci sono più. Un danzatore ha studiato nel dettaglio la partitura fisica di una scena del film in cui interpreta una scimmia ammaestrata per comportarsi come un umano: un uomo che imita un uomo, che imita una scimmia che imita un uomo. Un gioco di specchi. Il danzatore ripercorre tutti i movimenti e i gesti in solitudine, senza il corpo del partner con cui Keaton interagisce nella pellicola. Partendo da questo, il movimento si sviluppa verso l’astrazione della danza”.
Per la rassegna “Dissolvenza in nero” alle 20,30 del 14 novembre si proietta il film “Hana” in cui la danzatrice Natsuki Kono balla un giorno sul mar Baltico con il kimono della nonna “inseguendo la luce del butoh”.
A seguire (ore 20,45 la coreografa e danzatrice Silvia Battaglio (Zerogrammi) presenta “La sposa blu”. Lo spettacolo è costruito intorno alla figura della sposa di Barbablù che – non conformandosi al classico femminile delle fiabe – si oppone al violento destino che il marito vorrebbe consegnarle. Nel suo delicato “percorso di riscatto e trasformazione, ”La sposa blu” aspira a non lasciarsi manipolare e soggiogare dalla violenza, attraversa il vasto abisso del potere, per riemergere e parlarci d’amore e liberazione, per svelare l’ignoto al di là dell’apparenza, nella scoperta di noi stessi oltre gli stereotipi di genere”. Al termine (ore 21,30) il vostro cronista si confronterà con la danzatrice e coreografa sul tema dell’incontro tra danza e teatro di figura.
Il 15 novembre si apre con un lavoro di Masque Teatro che alle 20,30 al Teatro Akropolis mostreranno il loro “E di tutti i volti dimenticati”. Una storia che “che inizia da dove tutto sembra finire, dai fiumi che si gettano nel mare, dalla passione che arde e si consuma, dal desiderio che si acquieta e nuovamente erutta. Dal volto che ripiegandosi scorge per l’ultima volta la sua via. Dallo sgomento che schiaccia. Dalla impossibilità di cambiare questo nostro destino. Dalla gioia di scorgere lontano una libertà. Dedicata a tutti coloro che, partiti, non avrebbero più per mano del bianco fatto ritorno”. Si chiude alle 21,15 con “Cardiophonie”. Concerto per oboe e live electronics a cura di Fabio Bagnoli.
Evento clou della rassegna il 16 novembre alle ore 20,30 prima assoluta per la rassegna “Dissolvenza in nero” del film “Carmelo Bene” inserito nella serie “La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro” del Teatro Akropolis realizzato da Clemente Tafuri.
Tra le figure più controverse del Novecento teatrale, Carmelo Bene racconta i fondamenti della sua arte e il conflitto irrisolvibile col sistema del teatro e della cultura. “La sua parte maledetta riguarda il paradosso della creazione nel teatro come nel cinema, nella musica e nella poesia, ovvero l’inevitabile incompiutezza dell’opera rispetto a quanto si può intuire e vivere oltre la letteratura, il linguaggio e la rappresentazione. Il film, attraverso le sole parole di Carmelo Bene, si addentra nel paradosso dell’irrappresentabilità, evocando i grandi temi della filosofia (ispirati da Schopenhauer, Nietzsche e Giorgio Colli tra gli altri) illuminanti per il mondo del teatro e dell’arte più in generale”
Il film è parte integrante di “Incorporeo” giornata di studi che si tiene dal pomeriggio (16,30) con Antonio Attisani, Marco de Marinis, Piergiorgio Giacchè, Raimondo Guarino e Enrico Pitozzi. Il tema della rappresentazione e della sua crisi, in particolare da Schopenauher in poi, è stato “di definitiva ispirazione per l’arte nel corso del Novecento, dalle avanguardie storiche sino ai giorni nostri. Le ricerche e gli studi in ambito filosofico, antropologico e artistico, si sono sempre più intrecciati diventando, proprio grazie a questo intreccio, decisivi per riflettere sul concetto di immagine e sull’idea stessa di mimesi e di riproduzione e riproducibilità della realtà”. A seguire si terrà la presentazione di “Heliopolis. Archivio digitale sulle arti performative” a cura di Teatro Akropolis con Luca Donatello e Simone Dragone. Alle ore 19 Teatro Akropolis presenta “Il vuoto” (ore 19).
Lo spazio della scena è in dissolvenza, “come un’alba in cui la luce ancora avvolge ogni cosa. Ma è la separazione che definisce, la distanza che individua. Se non può esistere una vera conoscenza senza il corpo, se il corpo è immagine di una memoria e di un tempo perduti, esso è anche il solo testimone di un coro occulto, ombra a sua volta. Ogni azione è un respiro rivolto a quelle ombre, ogni azione è il tentativo di tornare a fondersi con le luci di un’alba ormai trascorsa”. In scena Giulia Franzone, regia Clemente Tafuri.
Il 17 novembre alle 20,30 Jacopo Jenna presenta “Imitation is the sincerest form of flattery” un film ispirato alle alle opere di Merce Cunningham, Charles Atlas, Nam June Paik e Shigeko Kobuta fondendo danza e videoarte in uno spazio di movimento impossibile e fluido. Collaborazione e danza, Ramona Caia, regia di Jacopo Jenna e Davide Mastrangelo. Ultimo appuntamento del Festival al Teatro Akropolis alle ore 21 è “Amən” di Emanuele Rosa e Maria Focaraccio, una performance che nasce dal tentativo di raccontare come le norme sociali e culturali influenzano i nostri corpi esplorando le tematiche legate all’identità e alla relazione.
Ultimi eventi del festival: il 17 ottobre alle 16,30 (Aula Cabella del Rettorato) “Invisibili, invincibili, Burattinai e Burattini” con Alfonso Cipolla, Maria Dolores Pesce, Carles Cañellas, Clément Peretjatko e Roberto Cuppone.
Il giorno dopo al Teatro Akropolis per gli incontri di Unima Italia: Il teatro di figura in Liguria e dintorni”, dialogo con Claudio Cinelli.
Il 21 ottobre alle e 16 nella Biblioteca dell’Attore si tiene il seminario con Marco De Marinis su “Ricerca teatrale. Rilanciare la riflessione”
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