Teatro

Agosto a Osage County: se il passato ha già avvelenato il futuro

7 Gennaio 2024

Catania. Se non si ha paura di guardarla negli occhi la verità, seppur dolorosa e sempre ampiamente inattingibile, è una dimensione salutare dell’umanità, salutare se non si vuol dire salvifica. È salutare starci dentro, praticarla, cercarla persino e, se per lungo tempo la si è nascosta o evitata, farla venir fuori una buona volta, a qualsiasi costo e accada quel che deve accadere. È salutare ed è liberatoria. Al contrario, vivere nella menzogna ci avvelena, avvelena le nostre vite, le relazioni, le società. Si tratta di considerazioni che si collocano a un livello di saggezza minima certo, semplici, persino semplicistiche, ma occorre metterle immediatamente a margine di “Agosto a Osage County” lo spettacolo costruito e diretto da Filippo Dini su testo di Tracy Letts (del 2007, premio Pulitzer nel 2008, qui nella traduzione di Monica Capuani).  In scena ci sono: Anna Bonaiuto (Violet Weston), Manuela Mandracchia (Barbara Weston Fordham, figlia di Violet e Beverly), lo stesso Dini (Bill Fordham, marito di Barbara), Caterina Tieghi (Jean Fordham, loro figlia), Fabrizio Contri (Beverly Weston e lo sceriffo), Orietta Notari (Mattie Fae Aiken, sorella di Violet), Andrea Di Casa (Charlie Aiken, marito di Mattie), Valeria Angelozzi (Karen Weston, figlia di Beverly e Violet), Fulvio Pepe (Steve Heidebrecht il fidanzato di Karen), Stefania Medri (Ivy Weston, figlia di Beverly e Violet), Edoardo Sorgente (Charlie Piccolo Aiken), Valentina Spaletta Tavella (Johnna Monevata). Un ensemble solidissimo e ormai ben affiatato per il denso percorso di repliche già svolto da questo spettacolo che ha debuttato a Torino a maggio dell’anno scorso. Domina ovviamente la forza interpretativa di Anna Bonaiuto ma una menzione speciale va riservata alla prova veramente straordinaria di Manuela Mandracchia. Se le semplici considerazioni di prima ci aprono la porta al mondo di questo spettacolo, è poi quel che vediamo dentro a rendere il tutto, battuta dopo battuta, complesso, ricco di umanità e cultura, doloroso, urticante, tragico, tragicomico. Morto il patriarca Beverly Weston, poeta, innamorato di T.S. Eliot e alcolizzato, la vedova Violet e il resto della famiglia si riuniscono a Osage County in Oklahoma, un borgo di Irlandesi e Olandesi che hanno sterminato e cacciato i nativi. Si tratta di una cena di commiato che diventa in breve una feroce resa dei conti, un combattimento di tutti contro tutti. Finito il patriarcato insomma, c’è da combattere per ricostruire un nuovo ordine e non si è affatto sicuri di riuscirci. Un combattimento senza sconti: una coltellata ad ogni battuta, un colpo sotto la cintura dopo l’altro, una ferita che è aperta o si riapre, una violenza inferta o subita, un tradimento, un abbandono, una sopraffazione, una debolezza vigliacca, un gesto di rivolta o di sottomissione a un potere che schiaccia. Colpire, incassare, colpire ancora. Che cos’è veramente quella famiglia? Che cos’è veramente una famiglia? Adesso la matriarca Violet sembra avere tutti in pugno eppure è stanca fragilissima malata, crolla, si rialza e infine è Barbara, la prima delle figlie, a imporre, definitivamente e dolorosamente,  il proprio potere su quella casa fatta soprattutto di donne. Anche lei perde il marito, che la lascia per una ragazzina, perde la figlia che le si ribella (ma è più che una ribellione adolescenziale), perde la sorella Karen che accetta di chiudere gli occhi di fronte alle miserie piccine e machiste del nuovo fidanzato, perde l’altra sorella Ivy, che si ribella anche lei per vivere il suo amore (tardo e tragico) per il cugino Charlie Piccolo e via così. Impone il suo potere femminile Barbara, ma è un potere impotente, senza futuro, esausto, afasico, fragilissimo. Ecco il nodo tragico che è sotteso a questa operazione: il passato di questa famiglia, più o meno nascosto, rifiutato, sopito, viene alla luce e diventa improvvisamente un presente malato e minaccioso, un presente in grado di distruggere il futuro. Un futuro declinato al femminile se si vuole, sempre ammesso che qualcuno possa crederci al futuro, alla possibilità di costruirne uno. E se appare fragile il potere femminile, quello maschile è già in piena necrosi tragicomica: non convince ad esempio l’eccesso del sogno ribelle da divo rock di Charlie Piccolo, ma se ne capisce il senso nell’economia dello spettacolo. In tutto ciò si fa sentire viva una vastissima memoria teatrale: tantissime pagine del teatro occidentale che, da Eschilo (Clitennestra) in poi fino a giungere a Ibsen, Cechov, Pirandello, Eduardo, sembrano riempire ogni battuta e ribollire come voci, echi, immagini, personaggi, situazioni che danno profondità allo spettacolo. È straordinario vedere come Letts riesca a tenere tutto questo (e veramente molto, molto altro) in equilibrio e come Dini lasci percepire questa ricchezza e la gestisca senza distorcere la sostanza strutturalmente e disperatamente contemporanea di ciò che accade in scena. Visto a Catania, Teatro Stabile, Sala Verga, il 2 gennaio 2024.

 

 

Agosto a Osage County: Catania, Teatro Stabile, Sala Verga dal 2 al 7 gennaio 2024. Di Tracy Letts, traduzione Monica Capuani. Con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Filippo Dini, Fabrizio Contri, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe, Stefania Medri, Valeria Angelozzi, Edoardo Sorgente, Caterina Tieghi, Valentina Spaletta Tavella. Regia Filippo Dini, dramaturg e aiuto regia Carlo Orlando. Scene di Gregorio Zurla, costumi di Alessio Rosati, luci di Pasquale Mari, musiche di Aleph Viola, suono di Claudio Tortorici. Assistente regia Eleonora Bentivoglio, assistente costumi Rosa Mariotti. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Crediti fotografici di: Luigi De Palma.

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