Teatro

Addio a Enzo Moscato, scomodo cantore di Napoli-Babilonia

16 Gennaio 2024

Poeta senza etichette capace di scrutare nel profondo una città e svelarne le radici fatte di sottosuoli stratificati e millenari. Come Napoli. Là nei bassi brulicanti, con i panni stesi in viuzze dove il sole non entra mai. Il cuore nei Quartieri Spagnoli, la testa e lo sguardo al futuro. Enzo Moscato, scomparso sabato a 75 anni, dopo una malattia, era un ribelle che sentiva e riconosceva il peso della Storia, amava gli ultimi e i fragili, possedeva una forte voglia di riscatto che lo spingeva sempre in alto a cercare nuove dimensioni espressive. Attore, regista, drammaturgo. Soprattutto teatro, ma anche incursioni nel cinema con registi come Mario Martone o Pappi Corsicato. Sempre teso in una sperimentazione a tutto tondo in cui le testimonianze di vita vissuta prendevano la forma di personaggi che in scena restituivano i mille paradossi della vita. Moscato era il genio della nuova drammaturgia partenopea, qualità che condivise negli eroici esordi con l’amico Annibale

Una veduta di Napoli. Il drammaturgo partenopeo Enzo Moscato scomparso l’altro giorno è nato nei Quartieri Spagnoli, scuola di vita a cui è rimasto sempre legato

Ruccello, deceduto in un incidente d’auto a soli trenta anni d’età, nel 1986, dopo aver scritto opere come “Cinque rose di Jennifer” e “Ferdinando”, un altro straordinario talento di quella scena nata dopo la fondamentale lezione di Eduardo de Filippo che avrebbe poi influenzatola scena di Napoli negli anni a venire. L’anno prima della scomparsa dell’autore di “Ferdinando” è quello del riconoscimento della “nuova drammaturgia”, costituita in primis proprio da quell’interessante sodalizio di due artisti come Moscato e Ruccello, che recitano e utilizzano una lingua napoletana colta ma in grado di confrontarsi con le declinazioni più recenti e popolari. Con loro ci sono anche Manlio Santanelli autore di “Bellavita Carolina” e l’indimenticabile Antonio Newiller. Autori di un teatro di parola che ha debiti con scrittori importanti del passato come Eduardo Scarpetta, Raffaele Viviani, Salvatore di Giacomo che vengono riscoperti ida quei giovani d’allora. E il 1985 è l’anno in cui Moscato si aggiudica il prestigioso Premio Riccione-Ater con “Piéce Noire” scritta due anni prima.

All’epoca il teatrante insegna filosofia in un liceo e ha già scritto e allestito un numero importante di opere. A partire dalla fine dei Settanta: “Carcioffolà”, “Scannasurice” (composto nel post terremoto del 1980 sancisce la nascita come scrittore) e “Trianon”. Prima d’allora la formazione inizia proprio ai Quartieri Spagnoli dove è nato e vivrà per dieci anni prima di trasferirsi con genitori e fratelli a Fuorigrotta. Nasce in una famiglia disagiata “…sette figli, una casa piccola, mio padre spesso disoccupato, mia madre che invece lavorava sempre …”. Quei dieci anni lo segneranno per tutta la vita. I Quartieri saranno il “primo incanto” interrotto dal trasferimento in altro rione dove seguirà gli studi fino alla laurea in Filosofia e Psicologia. Due momenti importanti della sua biografia. Egli stesso ricorda – così riporta la pagina a lui dedicata nell’archivio dell’Università di Salerno – come non avesse voluto separare “l’atto teatrale da quello che ero stato io precedentemente, la mia formazione, i miei interessi, Lacan, i linguisti. Tant’è che ho finito per farci degli spettacoli, perché era l’unica maniera per esorcizzare agli occhi miei e agli occhi loro, tutta questa pesantezza culturale”.

Un’immagine tratta dall’allestimento  teatrale del testo”Bordello di mare con città” di Enzo Moscato (fotografia di Andrea Falasconi)

Il 1986 è anche l’anno in cui Enzo Moscato scrive “Compleanno” e “Bordello di mare con città” commissionato dal Teatro Nuovo fusosi allora con la compagnia di Ruccello. Nel primo mette insieme, accanto ai suoi testi, frammenti tratti da opere di Ruccello come “Cinque rose di Jennifer” e “Ferdinando”. Ed è proprio all’amico e complice degli inizi che Moscato idealmente dedica i lavori. Il secondo è pubblicato nel 1991 dall’Ubulibri diretta dal critico Franco Quadri nella raccolta “Angelico Bestiario” : contiene due commedie, due drammi e un dramma lirico. “Festa al celeste e nobile santuario”, “Ragazze sole con qualche esperienza”, “Piéce noire”, “Partitura” e appunto “Bordello” (ed è anche Ubulibri, l’unica casa editrice che darà valore alle sue opere pubblicandole). A questo proposito Moscato ha raccontato a Fanpage che nella sua produzione dall’80 all’86 “ogni testo rimanda all’altro. “Bordello” è “un tassello di questa drammaturgia che all’inizio è fortemente, violentemente calata sulla città. Parlo esplicitamente di Napoli, non so se in seguito l’ho più nominata così prepotentemente. Qui do proprio i domiciliari: strada, vicolo, contro vicolo, piazza, piazzetta: l’habitat dove sono nato e cresciuto, cioè i Quartieri Spagnoli».

Il “Bordello” è metafora di Napoli in cui si racconta di una santa ex prostituta che fa i miracoli. Allargando lo sguardo, Moscato rivede nel centro cittadino quelle “donne piissime che andavano in chiesa, ma che contemporaneamente erano molto violente, se volevano. C’era una dicotomia, tra la santità e il demoniaco. E direi che tutta la natura di Napoli è così: è contemporaneamente questo e quello “tai kai tà”».

Lo scrittore e cineasta Pier Paolo Pasolini con l’attrice Laura Betti. Eduardo De Filippo voleva girare un film con l’intellettuale di Bologna. Moscato ne riprende il titolo in “Tai Kai tà”

Tai kai tà” (in greco vuol dire “questo e quello” ) era il titolo che Eduardo De Filippo voleva dare a un film che intendeva girare con Pier Paolo Pasolini se questi non fosse stato ucciso. Moscato ruba il titolo “Tai kai tà”  per il suo omaggio ad Eduardo, opera del 2012 scritta appunto per raccontare in scena, assieme alla superba attrice Isa Danieli, la figura del grande commediografo.

Tornando alle figure genetiane di Sante/puttane e meretrici, personaggi attorno alle quali Moscato ha lavorato per un decennio, così come ha messo in evidenza nel 2014 in occasione di una residenza intitolata “Occhi gettati” tenuta all’ex Asilo Filangieri di Napoli dal regista Francesco Saponaro, queste sono“le figure di transessuali o travestiti che ho usato per segnalare quella della prostituta, come immagine retorica, un veicolo simbolico. Sono le puttane che si trovano in “Trianon” o in “Piéce noire” e in tantissimi altri pezzi:  le ho immesse nel mio teatro come metafora. Di come il basso e il fecale possano assurgere a simbolo di bellezza e di libertà. E tendere al sublime”.

Il “Patalogo” di Ubulibri che ospita ogni anno le decisioni della Giuria dei critici teatrali destinate a premiare spettacoli e interpretazioni dell’anno in corso, registra, nelle edizioni 10 e 11, l’irresistibile ascesa di Enzo Moscato dedicandogli grande spazio. Nel numero 11 viene indicato addirittura come autore dell’anno insieme ad Heiner Muller. 1987: Moscato va in scena come attore e regista (“Cartesiana” e “Occhi gettati” tra gli altri) consolidando la propria fama di scrittore e vedendo alcuni pezzi del suo repertorio andare in scena con la regia di illustri colleghi. Collabora con Toni Servillo in “Partitura” e Mohamed Chérif in “Piéce Noir” interpretata da Marisa Fabbri.

Enzo Moscato nelle prime immagini del film “Rasoi” scritto assieme a Mario Martone, autore della regia totalmente rispettoso al testo presentato a teatro

E’ invece del 1991 la straordinaria “Rasoi”, testo di Enzo Moscato e regia di Mario Martone diventata due anni dopo anche film rispettoso dello spettacolo teatrale dopo aver raccolto al suo interno il meglio della nuova scena partenopea. Questo segnò anche il debutto dei Teatri Uniti. Un lavoro collettivo che, oltre a Martone e Moscato schierava anche uno straordinario Toni Servillo. E poi Licia Maglietta, Iaia Forte, Tonino Taiuti etc… Non mancano le scene di Lino Fiorito, le luci di Pasquale Mari e il suono di Daghi Rondanini lo staff più che affidabile della compagnia Falso Movimento.

“Rasoi” è una fotografia lucida e impietosa della città napoletana. Come ebbe a dire Martone : “Il ritratto di una città fantasma eletta a patria dai nuovi intellettuali napoletani, che rifiutano il degrado della città reale”. Regine e scugnizzi, vagabondi ciechi e cantanti affollano questo incredibile tableau vivant popolato da personaggi che sembrano emersi dalle viscere oscure della città.

Questo l’incipit disegnato da Enzo Moscato, impietoso e definitivo dopo aver intonato il canto di “Sim’me e’ Napule paisà…”

“La fogna è il vizio che la città ha nel sangue.
L’istinto popolare non si è mai sbagliato.
Si potrebbe dire che, da dieci secoli,
la cloaca è la malattia di Parigi.
E Jean Valjean SI TROVAVA
nella fogna di Parigi.
Altra somiglianza di Parigi con il mare:
così nell’oceano come a Parigi,
chi vi si tuffa può scomparire…”

e continua…

“Meglio per voi sarebbe non essere mai nati:
nella contea di N. l’inorganico avviluppo,
senza lingue della Vita, nella vita,
ormai fluisce come fango.
O tutto schiuma, tutto schiuma. Da bere.
Come birra-sorella.
E la vostra galleria di Foto,
portrait of The Black Lady,
è davvero una Splendida Vergogna:
tra sete e rasi, nastri, rare stoffe di Madera,
Ella vi offre,
inebrianti come vino,
Buchi nella Pelle, Squarci Purulenti,
una Lebbra avvelenata
come Acqua di Colonia.
Quando abbassi gli occhi dal crepuscolo,
non riconosci più
questi Canili e Porcili e Bestiari,
con il doppio ossimoro in croce sugli Ingressi:
Tacito Tumulto, Viva Morte, Assordante,
Sonorissimo Silenzio…”.

L’attore Toni Servillo in una memorabile interpretazione di un guappo nello spettacolo di Enzo Moscato e Mario Martone “Rasoi” diventato anche un film

Sterminata e varia è la produzione letteraria di Moscato che va dai testi per il teatro a una intensa attività di traduttore per la scena, nonché materiali per monologhi e recital tra testi, poesie e canzoni. Senza dimenticare il cinema: è il Biondino di ”Morte di un matematico napoletano”, regia di Mario Martone, 1992; prende parte, tra gli altri a “Libera” di Pappi Corsicato (1993); “Il verificatore” di Stefano Incerti (1995); “Mater Naturae” di Massimo Andrei (2005); “Il giovane favoloso” di Mario Martone;Quijote” di Mimmo Paladino (2006). Come soggettista oltre a “Rasoi” scrive anche “I racconti di Vittoria”, film di Antonietta De Lillo (1995); “Luparella”, regia di Giuseppe Bertolucci (2002) e “Ragazze sole” di Gaetano Acunzo (2022). Come cantante ha quattro album in discografia: “Embargos” (1994); “Cantà” (2001); “Hotel de l’Univers” (2005) e “Toledo Suite” del 2012 recital di canzoni napoletane e altre del periodo dei cabaret di Weimar alternate da testi di Lou Reed, Prevert e Duras. “Toledo Suite” è un po’ l’esempio di spettacoli di in cui Moscato ripropone frammenti del suo teatro ma anche testi di autori stranieri, canzoni originali e d’autore. Una sorta di puzzle che volta per volta viene ricomposto con colori differenti.

Dal 1994 al 1997 partecipa alle edizioni del festival Santarcangelo dei Teatri curato da Leo De Berardinis che ama la presenza di Moscato a cui chiede di lavorare sulla figura di Amleto. Nascerà così “Mal d’Hamlet” (1994), allestimento engagè accolto senza riserve dalla critica più aperta. Giungerà poi l’omaggio artaudiano di “Recidiva” (1995) e poi “Lingua, Carne, Soffio” nel 1996 e l’anno dopo“Aquarium Ardent” (raccolte nel volume “La Quadrilogia di Santarcangelo”, Ubulibri).

Moscato e l’impegno. Nel luglio 2004 al Teatro Nuovo di Napoli il drammaturgo napoletano allestisce “Kinder Traum Seminar”, uno studio scenico su un pensiero/parola dedicato alla memoria collettiva dell’Olocausto. Il lavoro raccoglie diverse e importanti voci (da Gitta Sereny a Bruno Bettelheim, da Edith Stein a Marina Cvetaeva) e non vuole essere una mera ricostruzione storica degli avvenimenti ma, utilizzando i linguaggi teatrali “vuole aprirsi al simbolico e all’immaginario”.

Una immagine dallo spettacolo “Bordello di mare con città” di Enzo Moscato seduto a destra sul palco (foto di Andrea Falasconi)

Qualche mese più tardi, novembre 2014 al Teatro Nuovo di Napoli va in scena “Napoli ’43” di Enzo Moscato con Antonio Casagrande, Benedetto Casillo e Cristina Donadio dedicato alle Quattro Giornate di Napoli, l’unica vera sconfitta popolare dell’esercito nazista. Una sorta di racconto leggendario su delle pagine eroiche del popolo napoletano che combattè per la libertà. Una battaglia palazzo per palazzo, porta a porta fino a scacciare l’esercito occupante.

Moscato e gli omaggi. Sono numerosi e diversi, ma sempre importanti i tributi resi dal drammaturgo alle figure letterarie e intellettuali che hanno avuto per la sua formazione un significato particolare. Al Mercadante di Napoli nel dicembre del 2014 debutta “Opera segreta”ideato e diretto da Mario Martone, trittico da “L’opera segreta” e “Partitura” di Enzo Moscato. Si apre con il film “Caravaggio, ultimo tempo”. Segue la messa in scena de “La città involontaria” riscrittura di Moscato dall’omonimo racconto di Anna Maria Ortese e da “A Ginestra ‘e pontone” dello stesso Moscato nelle vesti anche di interprete.

Proprio al grande pittore Caravaggio sette anni prima Moscato aveva dedicato “Sangue e bellezza”, un piccolo oratorio laico a due/tre voci. Una mise en espace di Enzo interprete in scena con Salvio Moscato, Carlo Guitto, Giuseppe Affinito jr . “Sangue e bellezza” ebbe a dichiarare allora il drammaturgo “è, al contempo, l’estrema parola del pittore sorpreso ferito e in agonia sulla spiaggia di Porto Ercole, e l’ammirazione per lui e la sua arte”.

“Passioni-voci” è invece il titolo di un recital in cui nel maggio del 2005 rende omaggio alla scrittura di Salvatore Di Giacomo, il poeta autore di “Era de maggio” e “Marechiaro“. Una scrittura concepita, secondo Moscato, «come gesto corporale, soffio, ansimo, pulsionalità, respiro».

Moscato, la lettura e la scrittura.

“Sono sempre stato un lettore appassionato. Leggere è stato un dono della vita, Venendo da una cultura fortemente oralizzata la scoperta del libro è stata fondamentale”. Enzo Moscato così raccontava a Fanpage nel marzo 2014, in occasione di una residenza sui suoi testi all’ex Asilo Filangieri curata da Francesco Saponaro. “A poco a poco -raccontò Moscato in quella circostanza – venne in me la voglia e il desiderio di essere uno scrittore. Anzi di essere scrittore come quelli che avevano scritto le parole che io leggevo. Quella è stata la mia vocazione”.

Una scena del film Libera”, con la regia di Pappi Corsicato  girato nel 1993 con Enzo Moscato che, come attore, interpreta il  ruolo di un sacerdote

Gli fa eco Saponaro. “Il teatro è un medium per Moscato. Ma dentro il teatro si conservano ed esplodono altri linguaggi. Dalla poesia all’arte figurativa. Se penso a Moscato penso a Caravaggio”.

Il teatro. Dedicato ai più giovani. “Fare teatro ha dei vantaggi incredibili. Anche se sembra più povero del cinema, per povertà dei mezzi, è invece più deflagrante perché tutto avviene dal vivo. Non solo comprende la verità, di ciò che stai facendo e dici (in scena ndr), ma anche l’errore. La falsità e il suo contrario. Il teatro è uno strumento soprattutto per chi deve crescere sulla propria anima. Per questo direi che è fondamentale praticare il teatro”.

Enzo Moscato, poliedrico e creativo. Elegante e raffinato scrittore eppure aperto e popolare allo stesso tempo. E da certi borghesi e benpensanti poco o per niente compreso. Come attore era attento a ogni movimento del corpo, sapeva trasmettere dolore e rabbia, amore ed energia. Ti portava giù fino agli inferi e ti faceva risalire con leggerezza. I suoi testi erano ricchi e cesellati come finissimi manufatti barocchi. Dal suo punto di osservazione privilegiato, i Quartieri Spagnoli, mirava al mondo e con questo comunicava. La sua scrittura, elegante e corrosiva, manteneva sempre un livello lirico molto alto. Come la poesia, Conosceva gli uomini. Le magagne del potere e la povertà degli animi, ma sapeva anche dare voce alla voglia di riscatto. Figlio prediletto di Napoli apparteneva al mondo.

Franco Quadri, critico teatrale di sommo livello che possedeva la capacità rara di tratteggiare l’uomo e la sua arte in poche illuminanti parole, così fotografa il drammaturgo napoletano recensendo “Compleanno” sulle pagine del quotidiano “La Repubblica” il 13 giugno 1993.

“Il teatro di Enzo Moscato è un flusso continuo di onde frastagliate che si raggiungono, s’inghiottono, si perdono rincorrendosi le une con le altre per giocare a riformarsi ancora, come i suoi versi orgogliosamente barocchi e senza lido, ansiosi di sparpagliare quella vita che gli è stata data per farla propria; e allora ne frangono la composita architettura, capaci di riaccoppiarsi autonomamente e di proliferare. È il destino specialmente dei piccoli ma non minori testi di questo rapsodo di Napoli-Babilonia, scritti come monologhi disponibili a molte prede: opere aperte e prensili che rifiniscono grazie alla tecnica del collage e al gusto della contaminazione; e questa s’estende a un’orgia di lingue alla quale stasera sono convitate in primis il tedesco e l’inglese ad accompagnarsi alle molte facce del napoletano, scavate nel tempo o proiettate verso gl’impropri amalgami del neologismo…”

Un primo piano diell’attore, regista e drammaturgo Enzo Moscato scomparso l’altro giorno a Napoli  ripreso dal film “Libera” con la regia di Pappi Corsicato. Il film è stato girato nel 1993

 

 

 

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