Teatro

A Palermo un bacio mitteleuropeo

4 Maggio 2015

Quando sono arrivato a Palermo, al Teatro Biondo, ho trovato Vincenzo Pirrotta che, in sala grande, provava Clitennestra, un suo testo che reinventa il classico; contemporaneamente Emma Dante, negli spazi del Montevergini, stava facendo lezione per gli allievi della scuola; e il personale della piccola ma funzionale Sala Strehler si preparava per la replica fuori abbonamento di Ti mando un bacio nell’aria, coprodotto dallo Stabile con la compagnia M’arte movimenti d’arte: testo della palermitana Sabrina Petyx, anche in scena con Massimo Verdastro e la regia di Giuseppe Cutino. A me questo dinamismo, questa coincidenza di lavori, ritmi, artisti, è piaciuto. Certo, tutto è migliorabile, si potrebbe fare di più, ma il Biondo sta faticosamente lavorando a una propria, nuova, identità: finito il lunghissimo mandato alla direzione di Pietro Carriglio, l’ormai ex Stabile e adesso TRIC è passato nelle mani dello scrittore Roberto Alajmo. Non pochi hanno storto il naso: che ci fa un letterato alla guida di un teatro?

Invece Alajmo sta gradualmente aprendo il teatro alla drammaturgia contemporanea e a molte delle più importanti realtà artistiche palermitane e siciliane, prima fra tutti – finalmente – Emma Dante. Non mancano critiche e difficoltà, si diceva, ma il clima che ho respirato in teatro è di vivacità e di entusiasmo: non fosse altro per la netta crescita di pubblico registrata. Prima dell’attesa Clitennestra – che sarà interpretato da Anna Bonaiuto con Silvia Ajelli, Roberta Caronia e altri – ha debuttato in città Operetta Burlesca della Dante, e la stagione si chiude con Natale in casa Cupiello, nella versione di Fausto Russo Alesi e con Donna non rieducabile, di Stefano Massini, neo consulente artistico del Piccolo di Milano.

Insomma, una proposta che sembra ampia, ma radicalmente attenta al nuovo (tra cui una ripresa de L’onorevole, di Sciascia, affidata a Vetrano-Randisi che spero proprio di poter recuperare).

Tutto bene, dunque? Assolutamente no, ci mancherebbe!

Molto ancora c’è da fare per consolidare questi timidi primi passi verso un nuovo corso, molto c’è da sistemare – specie nei rapporti con i difficili enti locali – per garantire serenità e qualità produttiva nelle prossime stagioni. Staremo a vedere, e con curiosità, come andrà questo primo triennio da Tric e poi tireremo le somme.

Intanto saliamo le due rampe di scale per arrivare alla Sala Strehler e aspettiamo l’inizio di Ti mando un bacio nell’aria. La compagnia M’arte si fece apprezzare, vincendo il Premio Scenario nel 2003, con lo spettacolo Come campi da arare. Da allora il gruppo si è calibrato e la scrittura della Petyx si è raffinata. Qui – complice lo spazio scenico che è un specie di ring composto da piastrelle di erba finta – ci sbarazziamo in fretta del dialetto e della sicilianità più o meno manierata, per tuffarci in un corpo a corpo tra un lui e una lei che ha il sapore mitteleuropeo di certi passi ossessivi di Peter Handke o delle volute silenziose care a Bergman. Lo spunto, però, viene dalla Trilogia della città di K., struggenti romanzi di Agota Kristof, dei quali rimane – oltre ad alcune palesi citazioni – soprattutto una pulsione condivisa, una febbrile tensione. L’operina, infatti, che la regia di Cutino tiene serrata, asciutta, salvo poi farla esplodere in scene grottesche (come quella che vede i due protagonisti alle prese con una improbabile corrida) assume toni chiaramente metaforici. La questione in gioco, infatti, è la sudditanza e la sottomissione, la prevaricazione e la rivoluzione: una rivoluzione che può essere di coppia (basta mettersi un cappotto e andarsene) ma che è in realtà la dinamica agghiacciante di soggezione economica, politica, militare tra popoli o stati che siano. La scrittura è lineare, a tratti feroce, ma non perde mai questa dimensione astratta e metaforica, che connota lo stesso progetto scenico. E bene la rendono la stessa Petyx, il volto vero, vivo, antico; e il sempre bravo Massimo Verdastro, con quella sua aria maniacale e languida al tempo stesso (qui connota il personaggio usando il pettinino), da razionalista pirandelliano sconfitto o da killer seriale dalla doppia vita. Ti mando un bacio nell’aria ha il respiro breve di un dramma didattico brechtiano, di un’operetta morale che lascia aperti spazi alla interpretazione, al dubbio e – soprattutto – al disincanto di chi guarda e ascolta. Nel gioco al massacro della coppia, nell’eterna coazione a ripetere, nei meccanismi di violenza verbale che si insinuano come lame affilate nella pelle della donna, non ci sono vie di fuga: in quell’orticello verde che è casa e mondo, le dinamiche sono senza speranza. C’è da pensarci su, provare a non perdersi in questo labirinto fatto di piccoli riti senza importanza e di appuntamenti mancati. C’è da gridare, semmai, per uscire da quella gabbia di pazzi: e un bacio, nell’aria, buttato là, non è poi certo sia la salvezza.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.