Storia

Witold Pilecki, l’unico deportato volontario ad Auschwitz

27 Gennaio 2016

Nel Giorno della Memoria, tra le tante storie che ricordano l’orrore della Shoah colpisce quella di Witold Pilecki, l’unico uomo entrato nel campo di concentramento di Auschwitz  di sua volontà.

Sì, avete capito bene.
Il 19 settembre 1940 un militare dell’Armata polacca e membro della Resistenza si fa arrestare volontariamente. Destinazione: Auschwitz. Lo scopo: infiltrarsi nel campo, raccogliere informazioni e organizzare una rete clandestina.

Pilecki all’epoca aveva una quarantina d’anni ed era un soldato agguerrito: da giovane aveva partecipato alla guerra sovietico-polacca del 1919-1920; a settembre del 1939, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ha combattuto contro i tedeschi sotto il comando del maggiore Jan Włodarkiewicz. Con quest’ultimo a partire da novembre del 1939 ha creato un movimento di resistenza che ha preso rapidamente piede in tutto il Paese. Nell’estate del 1940 sono iniziate le prime retate: i tedeschi compivano arresti indiscriminati e deportavano le persone nel campo di Auschwitz.

L’obbiettivo dei tedeschi era incutere terrore e procurarsi mano d’opera servile, che potesse tornare utile nei lager e per questo Pilecki ed i suoi superiori organizzarono un piano diabolico e pericolosissimo: organizzare la resistenza da dentro il campo, dove già erano stati internati due membri della loro organizzazione, e scoprire di più sugli orrori perpetuati dai nazisti.

E fu così che in una grigia giornata di settembre a Varsavia, tra gli altri 1139 civili, i tedeschi rastrellarono anche Tomasz Serafinski, falso nome scelto da Pilecki, e dopo averlo torturato per due giorni lo mandano ad Auschwitz con il numero 4859 tatuato sul braccio.

Una volta imprigionato, Witold iniziò fin da subito a gettare le basi per la “cospirazione”. Nell’autunno del 1940 ha creato la sua prima cellula, una piccola rete di cinque prigionieri che non si conoscevano tra loro, così da limitare le perdite in caso la notizia fosse arrivata alla Gestapo. L’obbiettivo immediato era il miglioramento delle condizioni di vita dei membri della cellula; nella pratica, si trattava di procurarsi un lavoro “al chiuso” per evitare le dure condizioni climatiche, essere agli ordini di un Kapo non troppo crudele e avere accesso alle cure dell’ospedale attraverso l’introduzione nel campo di medicinali e vaccini. Pilecki riuscì a raggiungere questi obiettivi infiltrandosi tra gli amministratori chiave del campo.Pilecki_photo_1947

Le comunicazioni provenienti dal soldato infiltrato arrivavano all’esterno grazie ai prigionieri liberati o tramite quelli che tentavano di evadere, anche spettacolarmente: ad esempio il 20 luglio 1942, quattro detenuti vestiti e armati come ufficiali delle SS sono usciti dal campo passando per il cancello principale a bordo dell’auto del comandante. In altri casi le informazioni venivano trasmesse attraverso i civili. Venivano inoltrate al quartier generale clandestino di Varsavia, che a sua volta le passava tramite la Svezia al governo polacco in esilio a Londra. Quest’ultimo, a sua volta, informava gli inglesi stessi.

Ma la missione di Pilecki non consisteva solo nel creare una rete ed informare: doveva altresì organizzare una lotta intestina. All’inizio era una lotta costante per smascherare le trappole dei tedeschi, salvare il maggior numero di vite e cercare di sbarazzarsi di tutte le SS più pericolose, così come degli informatori. Pilecki mise anche a punto un piano in previsione di una rivolta nel campo: c’erano quattro battaglioni e ogni blocco costituiva una sezione. Alla fine del 1942  egli era convinto che la sua rete, che allora poteva contare su più di mille deportati, avrebbe potuto assumere il controllo del campo. Ma era anche convinto che un’evasione collettiva sarebbe stata possibile solo con l’aiuto della rete armata esterna e dei paracadutisti alleati. Doveva essere un’azione congiunta. Aspettava l’ordine dai suoi superiori a Varsavia, ma da parte loro non c’erano segnali. Non sapeva che gli alleati non avevano la minima intenzione di condurre una qualche operazione su Auschwitz. E non sapeva nemmeno che i leader della resistenza polacca a Varsavia la ritenevano una mossa suicida, data la forte presenza nazista nella regione.

Data la sua condizione sempre più precaria, e considerate le sempre più frequenti esecuzioni di prigionieri ritenuti parte della rete di “ribelli”, Pilecki decide di evadere e lo fa nella notte del 26 aprile 1943 , insieme ad altri due prigionieri polacchi: approfittando di un momento di distrazione di due SS di guardia, aprirono la porta e corsero fuori. La loro fuga continuò finchè non videro la Vistola, dove trovarono alcune imbarcazioni e con quelle proseguirono. Furono poi accolti e nutriti da un agricoltore, che li ospitò per una notte. Il primo maggio furono intercettati da alcuni tedeschi, e Pilecki venne colpito a un braccio. Infine il due maggio arrivarono a destinazione, a casa dei suoceri di un prigioniero di Auschwitz.

Nei suoi numerosi rapporti, Pilecki denunciò il massacro di rom e sinti descrivendo l’uso dello Zyklon B e raccontando di ciò che avveniva nelle camere a gas di Birkenau. Purtroppo i governi alleati non credettero ai racconti dell’infiltrato polacco ad Auschwitz, specialmente gli ufficiali britannici: perchè mai i tedeschi avrebbero dovuto fare ricorso a tali mezzi, quando ogni giorno facevano fare la fame agli ebrei e li uccidevano con ben altre armi? E i milioni di vittime menzionati da Pilecki, non erano forse un’esagerazione del governo polacco in esilio per ottenere maggiore sostegno da parte degli anglosassoni?

La storia ha rivelato che no, non era un’esagerazione del governo polacco e che milioni di deportati furono eliminati dai nazisti nell’inferno dei campi di concentramento sparsi non solo in Polonia, ma in molte altri territori facenti parte del terzo Reich.

Il volontario Pilecki, nato due volte come disse di sè, nell’estate del 1945 scrive: “Quando entrai nel campo dissi addio a tutto ciò che avevo conosciuto fino a quel momento, per entrare in qualcosa che apparentemente non ne faceva parte. Raccontare tutto ciò che ho provato permetterà di conoscere meglio ciò che è successo

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.