Storia

Varese 1943: l’edizione integrale arriva solo oggi, ma ci servirà molto domani

2 Dicembre 2017

«28 Dez (28 dicembre). 40 Italienische Zivilarbeiter (40 lavoratori civili italiani) 2 Angerhörige der Finanzieri (2 appartenenti al corpo dei Finanzieri) 1 Angerhöriger der Carabinieri (1 appartenente al corpo dei Carabinieri) 3 englische Kriegsgefangene (3 prigionieri di guerra inglesi) 43 Juden (43 ebrei) 1 Marokkaner (1 marocchino)»…

È una lettura interessantissima quella di “Chronik, Varese 1943 nel diario della guardia di frontiera tedesca”, ovvero la pubblicazione, per la prima volta integrale, della Chronic über den… Cronaca delle azioni di guerra della Guardia di Frontiera tedesca in Italia – Commissariato di Frontiera G, Varese (testo tedesco e a fronte in italiano, Macchione editore, a cura di Chiara Zangarini, traduzione di Paola Ferrero). Uno spaccato allucinante nella sua normalità del meticoloso e burocratico – arendtianamente banale – impegno che le forze armate tedesche mettevano nel proprio “lavoro”. Niente di nuovo, si potrebbe dire. Elenchi infiniti di deportati, gasati, fucilati, arrestati, torturati riempiono i libri di storia, gli archivi, le biblioteche e i cuori e l’anima di chi non è criminalmente negazionista, o fascista/nazista tout court (a proposito: come mai Leonardo Cabras, il coordinatore toscano di Forza Nuova, non è ancora in carcere dopo la negazione irrisoria della Shoah affermata ai microfoni di Radio 24?). Il volume meritoriamente pubblicato da Pietro Macchione dopo anni e anni di ricerca e studio, quasi una missione personale, tratta il lasso di tempo che va dal 16 agosto 1943 al 28 febbraio 1944. I bollettini che la Guardia di Frontiera tedesca mandava al Comando centrale dell’Intendenza di Finanza di Innsbruck per comunicare e documentare, anche fotograficamente, le azioni condotte dal Comando tedesco e dai posti di controllo lungo il confine italo-svizzero. Se ne evince l’interesse particolare di questo materiale per il nostro paese. Ebrei, prigionieri di guerra, disertori. A cui si aggiungono alcune «mobilitazioni speciali» contro i gruppi partigiani del Varesotto, in particolare la battaglia combattuta sul Monte San Martino tra il 14 e il 17 novembre. Quando centinaia di uomini e donne furono catturati in tutti i paesi della valle, specialmente a Rancio Valcuvia, la Resistenza iniziò a disturbare l’arrivo della pattuglie nemiche, bloccando le strade per Mesenzana, Arcumeggia e Duno. In quello stesso giorno arrivò la risposta con un attacco della Luftwaffe che sottopose a un durissimo bombardamento le postazioni arroccate sulla montagna e, dopo aver fatto prigionieri 6 partigiani, tedeschi e fascisti (sempre della serie “italiani brava gente”) attaccarono il resto della formazione: una strage. Sintetizzo una tra le didascalie che accompagnano alcune immagini di quella battaglia, immagini che fanno davvero male: mentre ancora il monte è occupato dalle truppe tedesche, alcuni sacerdoti salgono a benedire le salme dei caduti; un frate, di cui non si conoscono le generalità, riesce a raggiungere Vallalta, nella trincea davanti al Forte, a testa in giù, c’erano 10-12 morti; sotto la tonaca porta una macchina fotografica, vuole dare un volto e un nome a ogni cadavere.

Poi gli ebrei. Quelle di “Chronik” dovrebbero essere le uniche fotografie esistenti relative alla Shoah in Italia. Il loro arresto quando cercavano di attraversare il confine. Il loro trasferimento al carcere di Miogni o a villa Concordia, sede del Comando tedesco. La loro partenza sui camion per la destinazione finale. Le cifre riportate nel diario riguardano soltanto gli ebrei intercettati dalla Guardia di Frontiera tedesca. Ma a vigilare il confine c’erano anche la Guardia di Finanza, i Carabinieri e la Milizia. Episodi ormai noti ai più (dovrebbero esserlo almeno) perché se ne è tanto parlato, scritto, fatto film – ad esempio sull’eccidio di Meina. Come chiude la bella prefazione Chiara Zangarini: freddi numeri dietro ai quali si celano drammi di persone e intere famiglie che avevano invano cercato di sottrarsi alla morte nei campi di sterminio; disertori; partigiani; renitenti alla leva; prigionieri di guerra che videro le loro speranze infrangersi e, nel caso degli ebrei, spegnersi per sempre.

Magari, nel Giorno della Memoria ricordiamoci un po’ di più della Risiera di San Sabba, del campo di Fossoli, di San Vittore. E del confine tra Italia e Svizzera.

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