Storia
Una democrazia a rischio: Filippo Barbera legge Sergio Fontegher Bologna
Vi proponiamo una lettura di Filppo Barbera all’ultimo libro di Sergio Fontegher Bologna, Alcune note sulla questione dei ceti medi e dell’estremismo di destra in Italia dal dopoguerra a oggi (Edizione acro-pólis, Trieste, 2023).
Estremismo, ceti medi e memoria storica. Sergio Bologna, in questo breve ma denso libro, mette in filiera le tre questioni. Partiamo dal fondo, scrive Bologna: “(…) c’è qualcosa di più preoccupante del potere di Giorgia Meloni (…) ed è lo scivolamento di una popolazione verso forme di inciviltà (…) che si manifesta in alcuni comportamenti ma più che altro in mille forme quotidiane.” Pratiche illegali diffuse, familismo amorale, chiusura nelle piccole patrie, lavoro semi-schiavistico, corruzione, assenza di senso civico e di spirito pubblico. Che legame sussiste tra l’Italia contemporanea e la memoria storica del fascismo e degli anni ’70? Per rispondere, la cassetta degli attrezzi dello storico guarda alla comparazione e agli strumenti delle scienze sociali.
La tesi di Bologna è che Italia, Germania e Spagna hanno attraversato tutte e tre l’esperienza del fascismo, il quale ha lasciato nei tre paesi una “memoria indimenticabile”. Ma il modo in cui nei tre paesi è stata elaborata la memoria storica del fascismo è stato molto diverso. E ciò ha avuto conseguenze importanti sulla problematica dell’estremismo, con conseguenze anche per la situazione odierna. Italia, Germania e Spagna hanno vissuto l’esperienza del fascismo in maniera diversa: “con la Resistenza l’Italia si è autoassolta dei crimini che le sue truppe hanno commesso accanto alla Wehrmacht e accanto alle SS, facendo dimenticare anche quei crimini che aveva commesso l’esercito italiano in Africa, nelle sue ex colonie, dalla Libia all’Etiopia”. Da qui, continua Bologna, il proliferare di miti, di mezze verità come quello per cui i “cattivi” sarebbero stati soltanto i tedeschi e soltanto il nazismo sarebbe responsabile dei Lager di sterminio. Avviene così una rimozione dell’esperienza fascista dalla memoria storica del Paese e la mitizzazione della Resistenza. A ciò negli anni ’60 e ’70 si aggiunge un secondo mito, quello della “Resistenza tradita”. Gli operai, che durante la lotta partigiana e la Resistenza avevano riacquistato potere, si ritrovarono in un clima che faceva pensare che “il fascismo è tornato”. In questa situazione il partito fascista del Movimento Sociale Italiano tentò nel 1960 di affermare la propria presenza e decise di convocare il proprio congresso a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. Bologna rievoca come per tre giorni Genova conobbe una forma di “guerriglia urbana”, che si concluse con la marcia indietro del MSI. In altre città, invece, la polizia sparò uccidendo dei dimostranti (5 solo a Reggio Emilia). Nel 1969 ci fu la bomba di piazza Fontana (12 dicembre), che provocò in tutti i giovani che allora erano stati coinvolti nelle proteste studentesche e nelle lotte operaie un vero e proprio trauma. Eventi che, nel loro insieme, legittimarono l’idea che per rispondere a quella nuova e inedita dimensione della lotta politica, era lecito e forse anche necessario rispondere con la violenza. Eventi periodizzanti, che segnano un prima e un dopo e la cui “onda lunga” si farà sentire per i decenni successivi.
Ben diversa è la memoria degli anni ’70 che, anche grazie al modo in cui il lavoro degli storici viene portato dai media nello spazio pubblico, sembra prolungare all’infinito uno “stato d’emergenza” nei confronti di un fenomeno, il terrorismo “rosso”, che da decenni non esiste più. Le proteste studentesche e operaie del ‘68/’69 sono sempre e solo manifestazioni nelle quali ha prevalso lo spirito di violenza e di offesa alla democrazia, piuttosto che lo spirito di riforma e di desiderio di migliorare la propria vita. Al tempo stesso, nulla si dice e poco si dei i veri attentati alla democrazia: le stragi organizzate dai servizi segreti con la complicità dei gruppi neofascisti vengono ignorate o comunque considerate di minore gravità. È quindi accaduto il contrario di quello che è capitato con la memoria del fascismo, tanto sono stati alimentati l’oblìo e la rimozione del passato fascista nel dopoguerra, tanto il ricordo del terrorismo anni 70 viene continuamente riproposto. La crisi dei partiti di massa, l’ascesa di Berlusconi prima e della Lega poi, la complessa composizione di classe del Paese e letture semplicistiche della sua composizione di classe e professionale, costruiscono un ambiente politico-culturale favorevole all’affermarsi di una politica di destra. Una politica che, nelle sue varie forme, è aiutata da una memoria storica distorta.
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