Storia
Il corpo del Duce che si disfaceva a Loreto sul finire di Aprile
Il 29 aprile del 1945 i corpi di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti di Salò giacciono in Piazzale Loreto. Sono stati scaricati a terra e lasciati alla mercé del mattino, lo stesso mattino che osserva i carri armati della 1ª divisione corazzata americana entrare nella città di Milano.
Se il 25 aprile è stato stabilito come il giorno della Liberazione dal nazifascismo, anche se i combattimenti si prolungarono ancora per alcuni giorni, il 29 è l’anniversario di un episodio che diventerà l’icona del dissacramento e dell’oltraggio al capo, che aveva tradito il suo popolo portandolo al massacro. Nel decennio successivo l’Italia varò una Costituzione democratica e s’instradò verso il boom, ma il dibattito su quella scena, Mussolini appeso a testa in giù, continuò a tormentare gli animi più sensibili e/o nostalgici, quelli che non concedevano neppure alla guerra, alle nefandezze di una guerra civile (amaro ossimoro insalvabilmente comico) l’offesa a un cadavere.
Un’immagine incivile metteva in dubbio, secondo alcuni, la moralità di chi combatteva per porre fine all’inciviltà. È stato definito Il peccato originale della Repubblica, eppure c’è un dettaglio che pochi conoscono su quel giorno ricostruito ormai sin nei minimi dettagli. Un particolare che conferma l’estraneità della Storia alle categorie filosofiche, la sua perenne indifferenza per le caselle in cui l’uomo dispone il bene e il male. I cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci e degli altri furono issati sulla tettoia del distributore di benzina della Standard Oil (poi Esso) dai Vigili del Fuoco, accorsi per salvare il corpo senza vita del dittatore dall’accanimento della folla. Prima lo lavarono e lo mondarono dal sangue e dagli ortaggi. Un gesto che mirava a ristabilire l’ordine, dunque, pietistico forse non in senso stretto, è stato preso a simbolo della barbarie.
Ben e la Clara a Milano, per i calcagni, come scrisse Ezra Pound nei Cantos, furono appesi affinché la deturpazione dei volti e dei corpi (l’accanimento sulla faccia del capo fu pari a quello sul corpo dell’amante) non proseguisse. Narrano le cronache che le sconciatezze arrivarono all’urina, allo sputo e allo sparo. Una donna scaricò cinque colpi di pistola per vendicarsi dei cinque figli morti in guerra, secondo una novecentesca legge del taglione.
È per dettagli di questo tipo che il Fowler di Graham Green, in Un americano tranquillo, dichiara di non volersi farsi coinvolgere, ma qui non interessa. Interessa lo scarto tra il simbolo e la realtà, succede quando i simboli riguardano la storia degli uomini e le loro lotte: doveva servire per far sapere a tutti che era morto, certo fu anche questo, ma il volto del duce era già irriconoscibile quando fu messo a penzoloni. Un dettaglio insignificante, certo, ma anche di questo è fatta la storia.
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