Geopolitica
Teneteci la Guerra il più lontano possibile
Jacopo Tondelli invita intellettuali e politici a sgomberare il campo da accuse di filoputinismo nei confronti di chi in qualunque modo problematizzi la narrazione semplice, binaria, buono/cattivo del conflitto in corso in Ucraina. Non faccio parte di nessuna delle categorie precedenti, ma qualcuno deve pur cominciare a ragionare oltre l’emotività e volentieri mi presto. Non sono un esperto di politica estera, anzi la trovo terribilmente difficile da seguire e in condizioni normali persino noiosa, incapace di bucare la calotta della mia acquisita sindrome da deficit dell’attenzione.
Si dirà allora: perché parli se non sai? Perché l’irruzione della Storia nelle nostre vite negli ultimi anni, che ci hanno riportato in un pieno ‘900, forse deve farci fare pace con la possibilità che le persone siano, ancorché non esperti, portatori di un pensiero che orienta quello che dicono, come consumano, come votano. Può essere anche malinformato, superficiale, stupido, ma esiste non perché ci sono i social, ma perché tra pandemia, energia, inflazione e Guerra, siamo stati invasi di emozioni forti, che ci costringono a farci un’idea del mondo, ciascuno come sa e come può. Quando l’andamento era più lineare, nei miei rimpianti anni ’90, e i cambiamenti del mondo si misuravano quasi tutti in scostamenti decimali, avere un’idea era pleonastico e ce l’avevano solo gli informati o gli outsider. Oggi forse dobbiamo abituarci a che tutti si facciano un’idea e la esprimano. Aveva ragione Umberto Eco sui social e i cretini? Anche, ma in parte. Avrei voluto vedere se tra i contadini delle case del popolo toscane che passavano “da i’ ricreativo a i’ culturale” ci fossero solo fini lettori del Capitale ed esegeti di Lukács e non gente che l’aveva capita in qualche modo e buona così.
Io l’ho capita che Putin mi suscita orrore e disgusto, e me lo suscitava da ben prima dell’invasione. Orrore come tiranno assassino e disgusto per come, Omino di Burro di Pinocchio, abbia in questi anni condotto il suo carretto per tutto l’Occidente, reclutando tanti Lucignoli e Pinocchi che, con le spalle al caldo della democrazia occidentale, si permettevano di giocare a smontarla e inneggiavano al Paese dei balocchi dell’uomo “risoluto”. La democrazia occidentale è così, larga e tollerante, diciamo pure superficiale e distratta, e tollera anche gli scemetti con le magliette, i video tarocchi (e i soldi) di un satrapo sanguinario, che tale era anche prima di fare quello che ha fatto a febbraio.
Non ho un’idea precisa sull’Ucraina, se non che votano in elezioni libere e frequenti e che sono stati invasi da una democratura (dove un signore semplicemente non le perde più le elezioni, ci sono ma non può perderle, e dunque è come se non ci fossero) e questo, ancor prima delle immagini raccapriccianti, determina per chi parteggio.
Non mi convince per nulla, sempre per l’idea che mi sono fatta, ogni riferimento alle provocazioni della NATO. Uno perché il termine “provocazione” in Occidente nel 2022 deve essere bandito da qualunque ragionamento che attenui le colpe individuali e collettive, da uno schiaffo a una donna a una rissa a una guerra. Due perché l’irruzione della Storia nelle nostre vite ci fa, mi fa, riconsiderare nuovamente dove si preferisce stare e io, a differenza del Professor Canfora, sto meglio di qua dicendo che c’è molto da cambiar e da migliorare che di là, dove non puoi dirlo.
Tutto ciò persino troppo lungamente premesso, come si risponde a Jacopo Tondelli che ci esorta a essere sinceri? Che ci, mi, va bene qualunque soluzione che innanzitutto tenga la Guerra guerreggiata lontano dalle nostre vite, salvaguardando quanto più possibile la popolazione civile che per sventura si è trovata a nascere e a vivere in luoghi del mondo vicini a noi ma non abbastanza da partecipare alla nostra, efficace, sublimazione della Guerra. L’Occidente, l’Europa soprattutto, ha inteso con successo negli ultimi decenni smaterializzare e fare scomparire la Guerra dalle nostre vite. Non perché non ci fosse in assoluto, ma perché quella fisica con uomini che sparavano ad altri uomini era lontana e quelle immateriali, economiche, tecnologiche, culturali, erano e sono più digeribili. Oggi che la nostra società, già scossa da interruzioni violente al proprio scorrere, si trova a dover fronteggiare un rischio concreto, violento e terrificante, di avere la Guerra vera molto, troppo, vicina, ecco, io vorrei innanzitutto che la si tenesse più lontana.
Come? Nemmeno io, che non ho manco fatto il militare, lo so. A sentimento mi pare che continuare a sostenere la resistenza ucraina senza formalmente degenerare in un conflitto diretto con la Russia mi pare un buona idea, o almeno la migliore di quelle che ho sentito, oltre che la più conforme agli interessi di tenere la Guerra lontano culturalmente e fisicamente da noi, sostenendo un popolo che ci somiglia e impedendo che chi ci somiglia molto meno possa pensare di andare oltre, nell’Europa formale e dunque a casa nostra.
Sono “panciafichista”, come chiamavano spregiativamente quelli che non volevano entrare in guerra nel 1915? Non credo, non è una categoria che in qualunque modo mi appassioni. Penso, ripeto, che la nostra sublimazione della Guerra e dell’aggressività politica e sociale non sia debolezza, né adesione acritica allo statu quo, ma un equilibrio non scontato da difendere. Come da difendere sono la possibilità di avere un dibattito libero, anche con gli scemetti ex o attualmente filoputiniani o né-né, la misericordia di andare a prendere gli Ucraini alla frontiera (perché siamo cromaticamente e culturalmente più in empatia con loro che con i siriani? certo che è una stronzata, ma avremo tempo e modo di migliorare), la preoccupazione per il gas che è comfort a casa e posti di lavoro.
Non vogliamo la Guerra a casa perché abbiamo il mutuo? E se fosse?
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