Storia
Ritrovare 80 anni dopo chi ti ha salvato la vita: la storia di Giulinu Brigati
Dopo l’8 Settembre 1943, a Roma, Angelo Brigati detto “Giulìnu”, falegname del Fornello di Ziano, poi nonno di Andrea Bricchi, manager piacentino, CEO di Brian and partners, noto per la sua carriera nei sistemi di ingegneria delle telecomunicazioni e, oggi, di produzione di idrogeno verde, sta scappando dai tedeschi che gli danno la caccia per ucciderlo, insieme a un suo commilitone. Si sono tolti le divise e hanno indossato abiti civili, camuffandosi da operai. Cercano di raggiungere la Stazione Termini, per salire su un treno diretto a Bologna e poi, da lì, tentare di tornare a casa. Ma l’età e forse la paura li tradiscono e i tedeschi li fermano. Tentano la fuga e quelli sparano. Il suo amico è colpito a morte sotto ad un portone, Angelo riesce a correre più forte di tutti e a buttarsi sul treno, ma con i tedeschi alle calcagna, che continuano a sparagli. Irrompe in un vagone con pochi passeggeri, tra cui una donna, Maria De Angelis, umbra di 31 anni, con la sua piccola Rita, di poco più di un anno, in grembo. Viaggia con sua suocera, Margherita Bucchi, per far visita a un parente ferito in guerra e ricoverato nel capoluogo emiliano. Angelo è disperato, sente i tedeschi a pochi passi e si getta sotto la panca di legno su cui sono sedute le donne, implorandole di coprirlo. E la suocera organizza, a rischio della vita, la copertura. Dice a Maria di attaccare la piccola al seno e con la grande gonna della nuora copre il sedile il più possibile, creando una cortina che nasconde Angelo alla vista dei nazisti.
Le SS rastrellano il vagone, facendo scendere tutti, al grido di: “Raus! Raus!”, ma non hanno il coraggio di far spostare una mamma che allatta e Giulinu si salva. Il treno parte, lui resta rannicchiato in quel covo di fortuna e, ormai valicati gli appennini, si lancia dal treno prima di raggiungere Bologna. Da quel momento le vite del soldato e delle tre donne si separano per sempre, o almeno per ottanta lunghi anni, fino a pochi giorni fa. Brigati torna a casa a piedi, passando nei campi e tra le viti e, quando arriva al suo paesello verso sera, nel vespro alcune voci riempiono la campagna silenziosa: “Maddalena, gh’è ìl Giulinu!”, urlano. E la moglie di Angelo gli corre incontro nel buio, per riabbracciarlo per sempre. Poi il maringòn rientra in casa, riabbraccia la figlioletta Franca, madre di Andrea, e i due piccoli Carlo e Camillo. Un quadro che è un presepe. Un miracolo assoluto.
Per tutto questo tempo ciascuna famiglia ha raccontato e sentito raccontare questa storia centinaia di volte. Angelo non ha mai saputo chi fossero quelle donne coraggiose che lo avevano nascosto, né dove abitassero. E le donne non hanno mai saputo chi fosse Angelo né se si fosse salvato. Ma la Provvidenza, già regista di un tale miracoloso salvataggio, non aveva ancora chiuso il suo racconto, non senza un clamoroso lieto fine.
Circa un mese fa il direttore di Libertà, Pietro Visconti, chiede a Bricchi di scrivere una lettera aperta sul tema della Liberazione e la pubblica proprio il 25 Aprile. Nel testo viene riportato anche l’episodio del treno. Barbara Dragoni, educatrice dell’asilo nido Biribimbo di Castel San Giovanni, legge la lettera e si sente trasalire. Quell’episodio è incredibilmente simile a quello che sente raccontare di continuo dalla madre, Cesarina, figlia di Maria, la donna del treno. Per decenni si sono chieste che fine avesse fatto quel biondino del treno, raccontando l’episodio ad ogni riunione di famiglia. Barbara conosce Bricchi e, quando lo incontra, chiede informazioni. Si chiude un cerchio talmente incredibile da sembrare la sceneggiatura di un film, i due capiscono che stanno unendo i pezzi di un puzzle che ha condizionato le loro vite da sempre.
“Io credo nella scienza, nella logica e nell’evidenza dei numeri e della fisica – ci dice Bricchi – ma, come ho visto fare ad ogni uomo di scienza, credo che la scienza non possa prescindere dall’esistenza di Dio. Credo che tutto ciò che esiste sia basato sul concetto di Energia, e sia assolutamente riconducibile a quello che gli uomini chiamano Dio. E questo Dio, a volte, ci dimostra la sua esistenza con episodi non spiegabili, se non attraverso la Fede. È successo esattamente così. Una serie di eventi incredibili hanno portato a noi, oggi. Senza questi eventi io non sarei nemmeno nato. Forse è questo il senso della vita, fare sempre del proprio meglio, in attesa che la Provvidenza si riveli. Chiamiamo Provvidenza quell’ordine di eventi in cui si manifesta un’evidente volontà divina, a scapito, a volte, dell’ordine razionale della logica e delle cose terrene. È il filo di Arianna o, in questo caso, il filo di Dio, che ci prende per mano e ci conduce negli infiniti meandri del caso e della storia, a ritroso per quasi ottant’anni, a ricucire un legame di assoluta e perfetta umanità, così stupefacentemente reale quanto impossibile a credersi. ”.
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