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rapina in museo, sparite 17 opere di inestimabile valore
A chi interessa di questi tempi che 17 opere tra cui alcune attribuite a Mantegna, Tintoretto e Rubens scompaiano sul finire di una piovosa giornata veronese? Si sa con la cultura non si mangia eppure qualcuno, pare la usi per questo. I fatti. Giovedì 19 novembre 3 persone penetrano nel Museo Castelvecchio di Verona, poco prima della chiusura, immobilizzano le guardie presenti, ben una ed incerottano la cassiera di turno, poi con il sistema di sicurezza non ancora inserito, cominciano ad aggirarsi tra le sale riempendo il carrello. In poco più di un’ora tagliano, asportano, oltre che come detto Mantegna, Tintoretto e Rubens, anche Pisanello e Caroto. Caricate le opere sul furgone dell’unica guardia giurata, si dileguano senza lasciare traccia.
A rendere l’episodio ancor più grottesco, se ce ne fosse bisogno, l’incolpevole direttrice del Museo che proprio in quei momenti stava consegnando in un ristorante nei paraggi un premio mentre il ministro Franceschini, per ironia aveva inaugurato solo due ore prima una mostra a Roma, con due opere d’arte recuperate dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, alla presenza del presidente Mattarella. Perché la notizia avesse il giusto risalto, dovevamo attendere ancora due giorni. Il sindaco Tosi, con acume, puntualizzava che anche il Louvre soffre di furti a non apparire troppo anacronistici e che i soldi per la cultura son pochi, insomma le risapute motivazioni. Eppure sui social la notizia viene evidenziata come assalto, colpo, clamoroso a sottolinearne la rilevanza. Anche le testate online straniere gli hanno dedicato ampio risalto. Ora, se come sarà confermato, si tratta di un furto su commissione, ben poche saranno le speranze di ritrovarle. Infatti la professionalità e la cura con cui sono state scelte le opere nelle sale, fa pensare che sapessero bene cosa prendere e cosa lasciare. Ricordiamo tra le cosiddette anomalie, il furto del ’92 alla Galleria Estense di Modena da parte della banda di Felice Maniero. Speravano di utilizzare le opere d’arte come merce di scambio con la magistratura. Lo storico Tommaso Montanari dalle pagine di Repubblica, si è scagliato in particolare contro l’amministrazione scaligera, definendola “la tipica rapina in villa del Nordest applicata ad un museo” e criticandone le scelte politiche. Scarsa valorizzazione del patrimonio esistente, leggi Castelvecchio, e finanziamento di opere dubbie come il Museo dell’Amore.
Il patrimonio culturale a qualunque paese appartenga, si sa, è un patrimonio dell’umanità. Pensare di riuscire a conservare e soprattutto a custodire nel migliore dei modi quest’eredità è impresa ardua se non impossibile. Valorizzarla però è un dovere imprescindibile, indignandosi di fronte a fatti del genere come fosse lo scempio di Palmira.
Ricorderete forse Geoffrey Rush nel battitore d’asta de La miglior offerta dove ad un certo punto dice: “i sentimenti umani sono come le opere, si possono simulare”. Chissà che sentimenti starà provando in questo momento l’anonimo committente del furto. A noi invece toccherebbe il dovere di non dissimularlo.
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