Beni comuni

Questione meridionale: e se abbandonassimo il Sud al suo destino?

17 Gennaio 2017

No, non sono razzista. Non ho alcun pregiudizio nei confronti del Sud Italia e da chi proviene da quei posti fantastici. Anzi, sono fidanzata con un foggiano e per la seconda volta in vita mia ho visitato la sua città natale durante le passate festività. La prima volta era andata così: http://www.glistatigenerali.com/architettura-urbanistica_storia-cultura/ma-foggia-e-la-citta-piu-brutta-della-puglia/, le impressioni contrastanti suscitate dalla bellezza e dall’incuria dei cittadini di Foggia, avevano tutto sommato lasciato in me un barlume di speranza di salvezza per la terra federiciana. Adesso, invece, ho capito che si tratta di qualcosa di più dell’incuria dei cittadini, a generare questo stato di degrado assoluto. E’ una situazione endemica e condivisa da tutto il Sud Italia. Qualcosa che non è, evidentemente, risolvibile con i fondi che noi italiani devolviamo per lo “sviluppo” di questi territori. E’ ora di parlare chiaro: non stiamo assistendo a nessuno sviluppo o avanzamento di civiltà. Anzi, è una gara a chi è più furbo e inganna lo Stato – quindi i propri simili – meglio dell’altro.

In una settimana di permanenza a Foggia, ho potuto assistere a cose “dell’altro mondo” ed ho ascoltato storie di “quotidiana normalità” – perché è così che funziona – che mi hanno lasciato attonita. Il caso dell’anno è il centro commerciale “GrandApulia”, ai sigilli prima ancora di essere aperto.  Sì, perché la procura di Foggia ha emanato a novembre 2016 un provvedimento di sequestro per confiscare il bene e l’intera area dell’ex zuccherificio Sfir, in fase di riconversione. Pare, infatti, che non sia stata effettuata la bonifica dell’ex sito industriale, realizzando al suo posto una bella discarica abusiva di rifiuti speciali insieme ad un’imponente lottizzazione abusiva per l’edificazione commerciale. Un tris letale che non ha però impedito l’apertura di quello che doveva essere il più grande centro commerciale del Sud. A Natale è stata la più grande attrattiva dei cittadini, che si sono affrettati a fare visite e compere perché non si sapeva quanto sarebbe rimasto aperto. Qualcuno diceva fino all’Epifania, altri dopo, fatto sta che è ancora aperto. Non si sa bene con quale criterio, date le pesanti e gravi accuse della Procura ha stabilito. Sicuramente è un introito per i commercianti del territorio, è un “bene” – se si può definire tale un centro commerciale – costruito su un terreno malato. Un’immagine che ben restituisce le condizioni di salute della Daunia e di chissà quanti altri luoghi del Meridione.

Gli inquilini che occupano una grandissima struttura alle porte di Foggia, che doveva diventare una casa di cura per anziani, sono abusivi. Tutti, nessuno escluso, vivono a nostre spese nei numerosi appartamenti del complesso residenziale. Con tanto di antenna e parabola, ovviamente. Qualcuno ha provato a intervenire per sanare questa incresciosa situazione, tentando di sfrattare gli inquilini della palazzina. Il risultato? Nulla. Né il Comune né altri enti pubblici si sono occupati della vicenda. E la struttura resta il biglietto da visita della città, il benvenuto agli onesti.

Anche il benvenuto al nuovo anno, a Foggia, si dà in una modalità a me sconosciuta e tutt’altro che civile. Certo, conosco la consuetudine dei botti dell’ultimo dell’anno, ma non mi aspettavo che la mezzanotte, dai balconi dei palazzi, sembrasse mezzogiorno per l’enorme quantità di petardi e giochi pirotecnici scoppiati. Fuori, per le strade, era anche peggio. E questo ben prima della mezzanotte, scoppi che arrivavano da ogni dove, e la “bellissima” usanza di sparare in aria i proiettili delle armi che si possiedono in casa, pistole e fucili in azione. Insomma, il Far West. Il coprifuoco per non perdere qualche dito o rimanere feriti durante la festa diventa quasi necessario. Del resto, basta osservare i banchetti abusivi che vendono botti, legali e non, per le strade della città, a partire dalla mattina del 31 dicembre di ogni anno. “Perché, da voi non è così?!”, mi sento chiedere da più parti con aria sbigottita. No, da “noi” non è così. La legge non ammetterebbe ignoranza, non dovrebbe essere così neanche da voi, ma tant’è. In cuor mio, sono stata sollevata di fare ritorno a casa, dopo i bagordi, sana e salva. Lungo il tragitto da un’abitazione all’altra, ho notato lo sfacelo delle zone verdi, tra sacchetti di plastica e resti di botti, delle strade e i cassonetti della spazzatura in fiamme. Ecco, quest’ultimo dettaglio ho poi scoperto non essere un’eccezione di fine anno, ma la costante a Foggia. E sì perché la raccolta differenziata non è in uso e la maggior parte dei cassonetti non hanno neanche il coperchio e/o non vengono regolarmente svuotati, per cui qualche “bravo ragazzo” appicca il fuoco o qualcun “bravo adulto” lo fa di proposito. Sempre che il rifiuto venga buttato nel cassonetto. Cosa non affatto scontata, visto che i campi e le aree verdi della città sono piene di sacchetti di spazzatura. Si va avanti così, insomma. Verso un 2017 alla  “spera in Dio” o alla “Io speriamo che me la cavo”, tutt’altro che frasi fatte in tale contesto. Si vivacchia pensando ognuno al proprio tornaconto, incuranti dell’altrui benessere, del bene pubblico.

La cultura in questo contesto è sommersa. L’associazione Ipogei Foggia è ancora l’unica a cui rivolgersi se si vogliono visitare gli ipogei urbani che, insieme alla Chiesa della Misericordia, sono tra i siti più importanti della città. Chi ne fa parte è ancora indipendente, si pratica l’autotassazione, e con i loro sforzi, se li si conosce, è possibile fare anche un giro turistico e culturale della città. A Capodanno, insieme a un gruppo internazionale di ragazzi del Lions Club abbiamo visitato il centro storico grazie all’infaticabile Franca Palese. Ci racconta delle sue piccole e grandi soddisfazioni dei visitatori, alcuni d’eccezione come Vittorio Sgarbi, altri meno conosciuti, ma che portano sempre un grande entusiasmo. Linfa vitale per tutta l’associazione che continua il suo percorso. E vorrebbe continuare anche negli scavi degli Ipogei urbani se solo ricevesse un aiuto finanziario. Tempi di crisi, dappertutto, è vero. Ma so per esperienza che una semplice collaborazione tra Comune e Associazioni non costa molto e forse contribuirebbe a far sì che questi siti venissero visitati e apprezzati. Si torna sempre alla cura del bene pubblico, in fondo.

Uscendo dalla città, ci si rende conto che il paesaggio della Daunia è ricchissimo sia a livello naturale sia culturale, disseminato di costruzioni in tufo mirabili come la Chiesa di San Leonardo o alla Chiesa di Maria Santissima di Siponto. Bellezze che ho potuto visitare a seguito dell’ennesimo episodio tipico, cioè l’impossibilità di accedere al Lago Salso, un’oasi affiliata al WWF immersa nel Parco Nazionale del Gargano. Il sito internet dell’oasi non è aggiornato dal 2015 e telefonicamente non è possibile parlare con nessuno che fornisca informazioni sugli orari e i costi. Bisogna andare all’avventura per poi sentirsi dire dall’impiegato della guardia forestale presente in loco che bisogna avere l’autorizzazione dell’Ente Parco per entrare nell’oasi. E così questo angolo di natura, per cui si sono spesi soldi per renderlo fruibile al pubblico, rimane inaccessibile ai più (perché l’eccezione ci sarà sempre, è normale, anzi è costitutiva).

Di esempi di questo genere ce ne sarebbero tanti e vari. Stanno diventando quasi infiniti e questo non va bene. Non si può ogni volta andare via da una città del Sud con l’amaro in bocca e no, non si può vivere così. E’ una milanese che lo scrive, è vero. Ma sono cittadina italiana esattamente come lo è un foggiano. E allora, come a scuola, come avviene nell’educazione di ciascuno di noi, è arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità. Le tasse che destiniamo per il rilancio del Sud vengono mal gestite, questa è ormai una certezza. Ma, quel che è più grave, il singolo individuo non si rende conto del contributo che gli viene dato, non lo apprezza, continua a frodare, continua a devastare il territorio, a fregare il prossimo.

Chiudere i rubinetti dei finanziamenti pubblici potrebbe essere un estremo rimedio. Forse sarebbe un Far West, come la notte di fine anno. Forse il giorno dopo i foggiani saranno tutti sommersi dalla loro stessa incuria. Ma a un certo punto, sono sicura, si rimboccheranno le maniche per far sì che il bene pubblico diventi davvero di nuovo tale e per avere tutti quanti una qualità della vita più alta. Allora, a quel punto, la questione meridionale potrà essere risolta. E l’Italia intera potrebbe fare un enorme passo in avanti.

Basta solo aprire gli occhi davanti alle straordinarie bellezze del Meridione. Che sedussero Federico II di Svevia: «Se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui.», scrisse infatti l’imperatore.

 

[Foto di Paolo Mansolillo]

 

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