Calcio
Quelli dell’82, fratelli nell’anima
Quella bara, che conteneva il corpo esanime di Paolo Rossi, trasportata per l’ultima volta sulle spalle dai compagni della nazionale di calcio campione del mondo nel 1982, fa commuovere fino alle lacrime.
Quella non era una squadra di calcio, un gruppo qualsiasi, un insieme di calciatori.
Era qualcos’altro: si sentivano fratelli siamesi, legati da un patto di sangue, da un ferreo collante che neppure la morte di uno di loro ne avrebbe sfaldato il mito dell’unità monolitica e bronzea, la solidissima compattezza.
Di quella squadra sono andati via Scirea e Rossi, i migliori ed insostituibili della difesa e dell’attacco, i vertici dell’asse centrale, gli estremi di un’ossatura perfetta ed armonica.
Quelli dell’‘82 giocavano a memoria, si capivano con uno sguardo, erano amici fraterni anche nella vita e, quando decisero il silenzio stampa – perché vilipesi ed irrisi da giornalisti voltagabbana che già avevano, ed anche frettolosamente, dimenticato lo splendido mondiale del 1978 in Argentina che si perse per inesperienza, ma che espresse il miglior gioco e fece già vedere la classe di Pablito – avevano stretto un patto di acciaio: dare l’anima e vincere il mondiale.
Ed era vero: la migliore difesa con Zoff, che sentiva di avere venti anni di meno, con Cabrini che correva sulla fascia come un puledro inarrivabile e Gentile, che aveva cancellato i migliori del mondo, Zico e Maradona. E Collovati che saltava più in alto di tutti. Senza dimenticare Scirea, il nuovo Beckenbauer.
Il centrocampo con Tardelli, mezzala pura, Oriali, un mediano portatore d’acqua e Antognoni, che ricordava il miglior Rivera.
Lì a destra c’era il Brasile di Bruno Conti e Graziani, che correva come un forsennato a sinistra. Al centro Pablito, classe sopraffina, rapinatore di area, per trovarsi sempre davanti alla porta fatalisticamente e fantasticamente. Guidati magistralmente da un padre adottivo, il Magnifico Bearzot.
Insuperabili, migliori al mondo: si sentivano uniti come i Greci durante la battaglia di Salamina contro Serse o i Romani guidati da Cesare nella piana di Alesia contro Vercingetorige, il più terribile dei Galli.
Rappresentavano un’osmosi, con una struttura costitutiva tenuta insieme da una fusione perfetta, aggregata indissolubilmente.
Ma è questo il vero segreto: sentivano legata alla pelle la maglia azzurra, incollata perennemente: era anche sulla bara di Pablito.
Rimane eterna nella storia come una squadra imbattibile, perché fatta da fratelli che si vogliono bene nell’anima e nel cuore.
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