Partiti e politici
Quando Nenni disse no al Fronte popolare
Nel marzo del 1956, a margine del XX congresso del Partito comunista dell’Unione sovietica, Pietro Nenni, in una serie di articoli sulla rivista Mondo Operaio, avvia con coraggio una critica radicale al sistema sovietico scontrandosi con compagni di partito come Giusto Tolloy – allora copogruppo alla Camera dei deputati – che, nonostante quanto era accaduto, continuavano a ritenere che “le masse popolari sovietiche godessero di un grado di libertà superiore a quello di ogni altro popolo” o come De Martino che, sull’Avanti, scriveva che sarebbe stato “un errore coinvolgere nel giudizio su Stalin il sistema sovietico su cui il giudizio totale è positivo”.
Per Nenni le deviazioni denunziate da Krusciov al XX Congresso e ancor quelle tragiche, rivelate nel rapporto segreto non erano errori di Stalin o, al più, errori nel sistema, ma errori del sistema sovietico legati, in poche parole, alle sue origini stesse e alle forme in cui esso si era articolato, prima fra tutte quella del partito unico.
Deviazione questa fondamentale e insanabile da quei principi di “democrazia” e di libertà essenziali per il socialismo che il PSI riconfermava come propri senza alcuna riserva mentale e senza quelle “doppiezze” che avevano invece contrassegnato l’azione del Partito comunista italiano e del suo carismatico leader Palmiro Togliatti.
Da questo Nenni ne deduceva una domanda, ancor oggi attuale, e cioè, si chiedeva il leader socialista, come si poteva lottare per la conquista del potere con un partito collegato ad un sistema politico ed ideologico soffocatore della “democrazia” e della “libertà”?
Era, dunque, un cambiamento radicale che apriva al PSI una nuova prospettiva, quella dell’Autonomia e del riavvicinamento al PSDI di Giuseppe Saragat il quale, nel riflettere sullo stesso ventesimo congresso aveva denunciato, senza mezzi termini, in un discorso a Torino dell’aprile del 1956 “la permanenza degli errori del sistema totalitario”.
Nella visione di Nenni non c’è solo la prospettiva di una collaborazione con il partito della Democrazia cristiana raccogliendo le avances fanfaniane dell’”apertura a sinistra”, ma l’idea di un forte blocco democratico a guida PSI che riuscisse a garantire quel sistema di alternanza che la presenza dei comunisti, considerati allo stato ideologicamente incompatibili per i loro legami con il sistema democratico, rendeva non solo inattuale ma chiaramente impossibile.
Corollario di queste prese di posizioni fu l’incontro di Pralognan, mediato dalla SFIO (la sezione francese dell’internazionale operaia), che vide convergere Nenni e Saragat sul tema fondamentale ch’era il ripudio del Fronte Popolare.
La dichiarazione di Nenni “un governo di Fronte Popolare il Paese non lo capirebbe” fu infatti in quell’occasione abbastanza chiara, l’unico punto che rimase equivoco fu quello dell’atlantismo, sul quale il leader socialista indicò, piuttosto, un impegno costante per la distensione che superasse “l’oltranzismo atlantico”.
Un tema quest’ultimo che, nel giro di qualche anno, avrebbe visto nuove e inaspettate aperture.
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