Partiti e politici
Quando il vento ha oramai smesso di fischiare
Paolo Pietrangeli è morto. Un altro pezzo di carne viva strappato dal nostro cuore. Non riesco a trattenere le lacrime di autocommiserazione. Ho in mente, vivissime, le immagini del suo film “I giorni cantati”, insieme a Mariangela Melato e Francesco Guccini – quest’ultimo che canta una versione disperata di “Canzone di notte”, da solo, al freddo, alle spalle un’osteria vuota. E poi una sarabanda di indemoniati all’Università di Roma, i ragazzi che cantano in coro “non siam scappati più”, da “Valle Giulia”, che è stata la prima grande indimenticabile canzone del movimento studentesco.
Era malinconico prima ancora che noi capissimo perché fosse necessario esserlo, prima che Mario Capanna sputtanesse tutto in “Formidabili quegli anni” e Bertinotti seppellisse anche i ricordi più belli con i suoi gilet gialli come quelli di Genscher ed i calzini a quadri che sono un’aperta violazione dei diritti umani. Prima che il nome di Paolo Pietrangeli diventasse quello del regista televisivo di Maurizio Costanzo e Maria Defilippi.
Poi il ricordo più doloroso: nel bar sotto Radio Onda Rossa, in Via dei Volsci, tanti ragazzi insieme che cantano “Contessa” ed io, giovane ignorante e timido, che sentivo il vento caldo d’estate svegliare il mio cuore e regalarmi alcuni minuti di appartenenza assoluta, indiscutibile, immortale.
E invece si muore. Siamo tutti vecchi. Come diceva Gaber, le nostre generazioni hanno perso. Ma si impara a voler bene anche alla sconfitta, perché è più orgogliosa e sfrontata del disonesto pareggio grazie al quale abbiamo raggiunto l’età che abbiamo.
Il vento non fischia più per gli operai, ma per i milioni di povera gente che scappa dal ghibli. Sono loro che lavorano nei campi e nelle officine. E io piango, scusatemi, ma piango.
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