Storia

Prima della memoria, la coscienza

27 Gennaio 2017

“C’è negli uomini un impulso alla distruzione, alla strage, all’assassinio, alla furia, e fino a quando tutta l’umanità, senza eccezioni, non avrà subìto una grande metamorfosi, la guerra imperverserà: tutto ciò che è stato ricostruito o coltivato sarà distrutto e rovinato di nuovo; e si dovrà ricominciare da capo”

(Anna Frank, Diario)

Così scriveva Anna Frank in una delle pagine più commoventi e profetiche del suo straordinario diario, testimonianza luminosa nella notte oscura della Shoah. Sono passati più di settant’anni dall’Olocausto che ha spazzato via sei milioni di ebrei e altri dieci milioni tra prigionieri politici, rom, omosessuali e altri “indesiderati”, ma oggi più che mai è necessario interrogarsi sul significato di quella metamorfosi dell’umanità da lei auspicata.

Il cambiamento, è vero, passa dalla memoria, ed è questo il significato della giornata odierna. Ma che speranza ha la memoria di essere coltivata se la storia non è più un flusso di fatti oggettivi ma viene ridotta alla stregua di una mera opinione personale? Certo, più potente è il fatto accaduto e più è difficile che il suo ricordo sbiadisca, ma l’uomo sembra programmato per dimenticare: obliterare l’orrore è un processo psicologico tanto comprensibile quanto pericoloso perché rischia di farci ricadere negli stessi errori del passato.

Per evitare che questo accada, l’organizzazione internazionale Anti-Defamation League (ADL) si occupa, tra l’altro, di monitorare il pregiudizio antisemita attraverso ricerche e sondaggi a livello mondiale. Il rapporto pubblicato nel 2014 rivela che il 35% del campione non ha mai sentito parlare dell’Olocausto, e solo il 54% sa cosa significa questo termine. Tra questi ultimi, il 32% pensa che in realtà non sia mai avvenuto oppure la sua narrazione sia un’esagerazione, percentuale che supera il 60% nei paesi mediorientali e del Nord Africa. Com’è prevedibile i giovani sono meno coscienti: solo il 48% degli under-35 sa cos’è la Shoah contro il 61% degli over-50.

Il rapporto contiene inoltre i dati dell’ADL Global 100 Index Score, un vero e proprio termometro dell’antisemitismo, rappresentato dalla percentuale di intervistati che risponde in maniera affermativa ad almeno sei domande su undici che confermano stereotipi negativi nei confronti del popolo ebraico. A livello globale l’indice raggiunge il 26%, e l’ADL stima che questo dato corrisponda a oltre un miliardo di persone con un forte pregiudizio nei confronti degli ebrei.

Questi pochi numeri confermano che la memoria si fonda sulla coscienza storica. Per contro, l’ignoranza è terreno fertile per la crescita del negazionismo. Se non vogliamo che quella odierna cessi di essere un’importante ricorrenza per diventare una semplice abitudine destinata a cadere nell’oblio, si capisce dunque che la prima “metamorfosi” che urge è quella educativa.

 

{Foto: Memoriale dell’Olocausto, Berlino}

 

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