Storia

Oriana la Pizia

4 Luglio 2019

Novant’anni avrebbe oggi. E si celebra come se fosse stata una Marie Curie, una Emmeline Pankhurst, una Rosa Parks, una Wangari Maatai e chi più ne ha più ne metta.

Pensare che Oriana Fallaci vedesse tutto chiaro e che le parole da lei usate per descrivere lo “scontro di civiltà” fossero opera di una pizia che tutto vede e tutto sa è parziale e cieco, altro che visionario.

La sua lente erano New York e i suoi simboli come paradigma della “civiltà” occidentale, capitalismo uguale preciso identico a quello degli islamici sauditi o degli emiri di Dubai, o di qualsiasi altro riccone che stesse in India, in Cina o in qualsiasi parte del mondo, Singapore come Zurigo, Monaco come Panama, Dubai come Santa Lucia, qualsiasi lingua parlasse e qualsiasi religione praticasse. La mancata analisi che volontariamente Fallaci fa del fenomeno, preferendo sottostare alla lettura mainstream, altro che nuotare contro corrente, evidenzia la sua parzialità e il suo attaccamento a valori che pur avrebbero dovuto esserle estranei, come il consumismo e il capitalismo portati alle estreme conseguenze come lo sono nella società statunitense, ammorbandola. Invece no. Pur di manifestare il suo manicheismo, che secondo qualcuno sarebbe controcorrente, Fallaci non esita un solo istante a preparare il suo piatto forte dello “scontro di civiltà”.

Se solamente Orianuccia e i suoi difensori si fossero soffermati più a lungo su quali “civiltà” stessero alla base delle loro invenzioni forse sarebbero emersi più chiaramente i limiti di entrambi i modelli anziché la demonizzazione di uno piuttosto che dell’altro. Se solamente Orianuccia, che conosceva bene il mondo mediatico statunitense, fatto di creazioni di eventi e di presentazione hollywoodiana dei medesimi, avesse espresso un concetto sulle modalità dell’evento del 2001 e delle sue mille contraddizioni, evidentissime, sia nei fatti così come sono stati esposti sia più specificamente nel confezionamento accurato secondo temi e schemi molto hollywoodiani, si sarebbe accorta di quanto ridicola sarebbe potuta apparire, soprattutto a distanza di tempo.

Ma siccome il manicheismo è sempre la via più breve per far breccia nell’attenzione dei lettori e quindi per vendere libri o scritti di qualsiasi tipo si sceglie lo “scontro di civiltà”, come se ce ne fossero solamente due e basta, è assai più semplice e proficuo redigere due liste: amici di Oriana e nemici di Oriana. Rizzoli ringrazia.

Chissà se Oriana Furiosa, che si lanciava come un Orlando da opera dei pupi contro le orde di migranti che deturpavano, a suo dire, la sua bella firenzina, si sarebbe lanciata contro le orde di stranieri, turisti d’assalto, che continuano a deturpare il centro della suddetta firenzina, o la venezina, la romina, la milanina, senza considerare che, in passato, i mendichi e i diseredati, veri o presunti che fossero, si accalcavano sempre all’ingresso delle cattedrali, e sicuramente pisciavano sui sagrati come avrebbero fatto i migranti di cui lei parlava. E senza considerare soprattutto che agli stessi bottegai fiorentini importa poco dove piscino i turisti (o i migranti), basta che comprino le merci che loro vendono, sia esso il panino, la coca cola, lo straccio firmato o il souvenir. Inoltre poi alla fine della giornata o la notte dovrebbe passare il camion della ripulitura, come accade nelle città più avanzate del mondo.

Come se a Parigi, a Berlino e nella stessa New York dai sontuosi attici (secondo il lessico ripetutamente stantio in voga presso certi pseudofilosofi da salotto televisivo) dai quali Orianuccia scriveva, non ci fossero i piscioni che, in assenza di orinatoi pubblici, sfogassero le proprie impellenze dove capitasse. Il Duomo di Firenze era la sacra icona intoccabile ed utile per la narrazione fallace ma accattivante.

La tendenza a fermare la realtà in un momento del presente, che poi è il proprio presente, legato alla personale esperienza di chi si lancia in queste divisioni di “civiltà”, induce a codesti errori. Come se la cupola del Brunelleschi l’avesse fatta la generazione attuale di italiani o occidentali in generale. Generazione che invece crea i Berlusconi, i Renzi, i Salvini, icone della “civiltà”. Icone del nulla.

Inoltre la tendenza a creare santini e altari di questo o di quello post mortem risulta essere un feticismo assai macabro, coccodrilli nei cassetti in attesa di una libera uscita per una celebrazione che, se ci sarà, sarà la Storia a rendere necessaria. Oggi mi pare ancora un po’ prestino ma soprattutto mi pare inadeguato visti tutti i dettagli legati allo “scontro di civiltà” che sono emersi e che emergono di continuo, etichettati come complotti, manie persecutorie e affini perché disturbano, molestano la più semplice e schematica narrazione manichea.

Addirittura la si considera una grande scrittrice, mah… Scrittrice forse perché scriveva, ma allora chiunque scriva può essere considerato uno scrittore, anche chi compila i depliant pubblicitari della Pro Loco per la sagra dell’ocio o per la rificolona.

Considerare le lettere ai bambini mai nati o le penelopi alla guerra opere immortali, perché un grande scrittore queste ultime produce, mi pare un pochino fuori dalla dimensione meritata da Orianuccia nostra. Poi, può darsi che se fossero ritrovati dei frammenti fallaci in un futuro post atomico, dove non hanno resistito le opere di Thomas Mann o Marcel Proust o Charles Dickens o Giovanni Verga, allora Nostra Signora Oriana potrebbe essere considerata quella tessera archeologica necessaria e sufficiente a ipotizzare come fosse evoluta l’antica civiltà estinta e a considerarla una grande scrittrice.

Grande, grande, grande, come te sei grande solamente tu.

 

© 2019 Massimo Crispi

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