Giustizia
Non si scherzi con la storia: processi ad un ex nazista e due revisionisti
In Italia ha destato scalpore che nel manifesto per una mostra sulle leggi razziali del settembre 1938 si sia riproposto il titolo coevo del Piccolo di Trieste che annunciava a grancassa come studenti ed insegnanti ebrei vennero cacciati dalla scuola fascista.
Ottant’anni dopo, i sondaggi in Germania a neanche un mese dalle elezioni per il rinnovo del parlamento bavarese, il Land dove prese vita il nazionalsocialismo, coronano la nazional-populista Alternative für Deutschland come potenziale secondo partito a livello nazionale. Una forza politica che a Monaco di Baviera non si fa scrupolo di vestire i propri aiutanti nei banchetti elettorali con magliette con i colori rosso e nero cari alla neonazista NPD.
Contestualmente, lontano dalle piazze, nelle aule giudiziarie il Tribunale di Münster il 12 settembre ha deciso, preannunciandolo oggi, l’avvio il 6 novembre avanti alla Sezione giovanile in Gran Camera, del processo contro un ex guardiano del lager nazista di Stutthof, ormai 94enne, residente nella circoscrizione di Borken, prevedendo 14 udienze. La competenza è del giudice minorile perché all’epoca dei fatti per cui è accusato non aveva ancora 21 anni, che erano allora la soglia della maggiore età. Nelle proprie memorie edite da Monti anche il sopravvissuto italiano alla Shoà Nedo Fiano cita di essere transitato per Stutthof e ne definisce le condizioni come le peggiori che dovette mai affrontare.
L’imputato secondo l’atto di accusa formulato quasi un anno fa, il 6 novembre 2017, dalla Procura di Dortmund è chiamato a rispondere di correo in centinaia di casi di omicidio: il 7 giugno 1942 sarebbe stato trasferito nel lager vicino a Danzica e promosso al rango di SS-Sturmmann vi avrebbe prestato servizio fino al 1° settembre 1944 come componente della terza compagnia delle SS-Totenkopfsturmbann sia nella sorveglianza del campo che delle squadre di prigionieri condotte al lavoro coatto al suo esterno.
Durante il suo periodo di servizio tra il 21 ed il 22 giugno 1944 le SS uccisero nelle camere a gas usando il gas venefico Zyklon B oltre 100 detenuti polacchi. Nell’estate 1944 morirono nello stesso modo almeno 77 prigionieri sovietici. Nel quadro della cosiddetta “soluzione finale del problema ebraico” poi, da agosto alla fine 1944 fu ucciso un numero imprecisato, quantomeno di diverse centinaia, di prigionieri ebrei sia nelle camere a gas che nei vagoni dei trasporti che li conducevano al lager con la chimera di venire meramente portati a lavorare.
Le precarie condizioni alimentari nonostante fossero sottoposte a pesanti mansioni coatte, l’assenza di abbigliamento resistente alle rigide condizioni climatiche invernali, unitamente alle scarse condizioni igienico-sanitarie dovute al sovraffollamento e carenza di assistenza medica nel campo, portò alla diffusione di epidemie di tifo e febbre petecchiale che costarono la vita ad altre centinaia di internati.
Dall’inizio del 1944 fino alla fine dell’aprile 1945 le SS uccisero ulteriori centinaia di prigionieri ebrei classificati come “non più idonei al lavoro” in locali adiacenti al crematorio con un colpo di pistola. Alle vittime veniva ventilato un esame medico durante il quale si dovevano girare con la schiena davanti ad un muro con un’asta di misurazione della statura, Qui una feritoia di un paio di centimetri di diametro che scorreva dall’alto verso il basso ed era comunicante con la stanza adiacente celava una pistola silenziata. L’asta di misurazione determinava la posizione idonea per sparare il colpo alla nuca a ciascuna vittima.
Dal 1942 fino alla fine del 1944 dopo le selezioni per determinare chi fosse ancora in condizione d fungere da schiavo per il Terzo Reich, medici e sanitari delle SS uccisero oltre 140 prigionieri -dal 1944 per lo più donne e bambini ebrei- direttamente nel settore per i malati con un’iniezione di benzina e fenolo nel cuore.
Altri prigionieri vennero peraltro sterminati anche in altri modi, per esempio nell’inverno 1943/1944 lasciandoli consapevolmente congelare.
La Procura ritiene che l’accusato fosse a piena conoscenza di tutti i metodi di sterminio adottati nel lager e che nel campo venissero perpetrate regolarmente uccisioni di prigionieri che potevano avere luogo solo grazie anche alle sue funzioni di guardia e quindi di averle volontariamente promosse.
L’imputato, a fronte di liste del personale delle SS di guardia nel lager, ha ammesso agli inquirenti di avervi prestato servizio, ma nega di aver preso parte ad alcuna uccisione.
Nei confronti di un altro accusato di Wuppertal per il quale occorrono ancora perizie mediche sull’idoneità a sottostare a giudizio, il possibile avvio del procedimento è stato viceversa stralciato. Questi avrebbe partecipato alla sorveglianza dello stesso lager come SS-Sturmmann dal 28 giugno 1944 fino all’8 maggio 1945, dapprima nella quarta e poi nella seconda compagnia SS-Totenkopfstrumbann.
Intanto prosegue innanzi al Tribunale di Monaco di Baviera il processo ai fratelli Schaefer che invece negano del tutto la Shoà. Nel dibattimento, giunto ormai già alla quindicesima udienza, l’accusato principale il tedesco-canadese Alfred Schaefer è giunto venerdì 21 settembre a chiedere ai giudici togati di presentare una dichiarazione in cui escludano di essere ebrei, professare la religione mosaica, o rappresentare interessi del popolo ebraico, che per lui tramerebbe da secoli niente po’ po’ di meno che l’annientamento dell’intera razza bianca. A sostegno delle sue tesi -lette con afflato da profeta incompreso- ha citato, estraniandole dal contesto, alcune affermazioni fatte negli anni della Seconda guerra mondiale da rappresentanti di organizzazioni ebraiche che avrebbero dichiarato fosse anelito di tutto il popolo ebraico la guerra ai tedeschi. Inoltre, attribuendoli al Talmud, a passaggi estraniati da ogni riferimento, che avrebbero indicato come non sanzionabile dal sinedrio l’omicidio od il furto a non ebrei. Per insistere ancora che il museo israeliano della Shoà Yad Vashem avrebbe ridotto da 4 milioni ad 1,3 milioni il conteggio delle vittime di Auschwitz ed escluso che i nazisti avessero la tecnologia per fare saponette con il grasso dei cadaveri, e dunque il reato di negazionismo introdotto per ragioni storiche nell’ordinamento penale tedesco e per il quale è rinviato a giudizio non potrebbe essergli ascritto, perché l’entità della Shoà è a suo dire indefinita.
I patrocinanti degli imputati hanno parallelamente lamentato che i giudici non li hanno informati che la compagna di Gerhard Ittner –già condannato e nuovamente perseguito per reati analoghi innanzi ad altri giudici, tra l’altro per l’intervento in un film di Alfred Schaefer oggetto di trattazione probatoria- ha spedito ai magistrati una memoria del proprio compagno di una settantina di pagine e che lo stesso Ittner l’ha inviata a sua volta in prima persona. Ottenendone copia dai magistrati ne hanno richiesto anche la lettura in aula. I giudici hanno invece inteso soprassedere a quest’ultima prevedendo di invitare lo stesso Ittner a testimoniare lunedì 24 settembre. I difensori si sono dichiarati così soddisfatti. Ittner potrebbe rifiutarsi di rispondere, ma stante le opinioni espresse con occhi spiritati nel filmato girato con Alfred Schaefer, potrebbe anche decidere di non farlo. L’uditorio di circa una ventina di persone palesemente favorevoli agli imputati, che costantemente accompagna le udienze (tra cui la ex avvocatessa del revisionista Ernst Zündel, radiata e condannata ella stessa per negazionismo, Sylvia Stolz; l’imputata per il medesimo reato Marianne Wilfert; o l’auto soprannominatosi “Volkslehrer”, al secolo Nikolai Nerling) potrebbe forse incentivarlo. Non è escluso che se lo farà potrebbe tuttavia finire per fornire ai magistrati ulteriori ragioni a carico degli accusati; forse anzi i giudici, pur nella loro terzietà, in esito al protrarsi della fase probatoria decidendo di convocarlo un po’ se lo aspettano.
Le difese hanno parallelamente annunciato di voler presentare lunedì prossimo un’istanza di ricusazione dei magistrati togati; un’altra era stata tuttavia cassata appena una settimana fa. Per quanto appaia evidente come i giudici ritengano che il caso sarebbe già maturo per la decisione, non fosse che ulteriori istanze difensive lo hanno fin qui precluso, non si può dire che siano prevenuti stante che hanno indicato che i capi di accusa debbono essere letti in modo diverso da come li ha formulati la Procura riducendoli a circa la metà, pur se hanno ventilato che per essi è possibile una condanna.
Immagine di copertina: Pixabay, campo di concentramento di Stutthof in Polonia, https://pixabay.com/it/stutthof-polonia-331106/.
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