Storia

Nico non è più nel suo letto

8 Aprile 2018

La morte di Nico, il giovane napoletano trovato senza vita in un dirupo a Positano dopo una notte folle trascorsa in una discoteca nella rinomata località balneare, ha portato il suo papà, il sig. Antonio Marra, a lanciare un grido di dolore dalle colonne del Mattino di Napoli ( Il Mattino del 6/4/2018).
Il papà del giovane, tragicamente scomparso, si pone l’interrogativo di come vivono questi ragazzi, persi in discoteca sino all’alba, in fiumi di alcol e droga.
Non hanno contezza della condizione in cui cadono: ballano, saltano, urlano e provocano uno stato di frenesia mentale, che porta ad una forma di annichilimento cerebrale, ove si perde la consapevolezza di sé.
Egli scrive:

Ho trascorso la notte girovagando tra le stradine di Positano, nell’assurda speranza di incontrare Nico, stringerlo e portarmelo a casa ed ho assistito a scene che mai avrei immaginato.

È una mattanza impunita ciò che si verifica all’uscita dei locali notturni, dove tutti i nostri ragazzi si riversano. Sembrava un campo di battaglia con decine di ragazzi semincoscienti, vestiti a malapena con camicie sudate ed abiti leggeri, nel freddo della tarda notte, con chiazze di vomito dappertutto.

E si accasciavano esanimi su panchine, per terra, in una scena di irreale consuetudine.

Maledetto e spaventoso alcol!
Ma perché tutto questo?

Si è arrivati ad un punto di non ritorno.

Sto a piangerlo con un dolore che mi fa morire giorno dopo giorno.

Abbracciate i vostri figli e fate capire loro che la vita è preziosissima e non può essere ceduta per uno sballo.
Questa terribile testimonianza di un padre che vive l’atroce condizione di sopravvivere al figlio morto anzitempo, ci induce a riflettere che in fondo i nostri figli vivono in una solitudine che si dissolve in un feroce isolamento.
Si può infatti essere soli, ma vivere con la preghiera e con l’aiuto di Dio e così si è in compagnia.
I nostri giovani seppure vivono in folla, intruppati in movide notturne e tirano sino all’alba sballottati come pacchi postali, incoscienti e persi in rumori assordanti, sono tremendamente soli, in una desertificazione interiore, che prelude prima alla noia eppoi alla dissacrazione di sé.
Ormai non c’è più dialogo tra un genitore ed un figlio: hanno tutto, pretendono tutto e gli diamo tutto, incapaci di dire no, anche per tirare a campare ed eludere colluttazioni facili e possibili, sino a perdere, ineluttabilmente il principio di autorità, nell’evanescenza di ogni possibile relazione gerarchica.

Un genitore non è più tale e neppure un insegnante, picchiati e vilipesi.
La consapevolezza del limite, dell’equilibrio è dissolta: fortissima è l’indifferenza, divorante è l’assenza di ogni comunicazione.
Non ascoltano e noi non parliamo. 
Corriamo, semplifichiamo, non riflettiamo, non discutiamo. Così provochiamo solo il vuoto.
Il deserto è in noi: e il bellissimo Nico muore.

Il suo papà non lo rivede più nel suo letto.

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