Storia
Nemmeno la fuga lo sottrasse alla morte
Dopo oltre 15 ore di orgia diabolica – nel corso della quale vengono uccisi circa duemila uomini, non vengono risparmiati né donne né bambini, fra francesi e collaboratori degli stessi – la città di Palermo, insorta nella serata del 30 marzo 1282 al grido di “mora ! mora !”contro il governo di Carlo d’Angiò, è ormai nelle mani dei rivoltosi.
Il marchese Giovanni di Saint-Remy, gran giustiziere del regno, che sicuramente per la sua arroganza non si era fatto amare dai palermitani, era tuttavia sfuggito alla furia omicida dei rivoltosi e, con un piccolo drappello di cavalieri, dopo un viaggio particolarmente disagevole per evitare le imboscate, era riuscito a raggiungere il castello di Vicari la cui posizione garantiva una certa sicurezza.
All’alba di martedì la tranquillità di quella rocca isolata viene rotta dal vocio esagitato dei rivoltosi che, per nulla paghi di quanto avevano fatto, si erano dati all’inseguimento dell’odiato aristocratico angioino ed ora l’avevano raggiunto.
Cosa fare? Il castello è ormai circondato da una massa enorme di uomini assetati di vendetta che non si sarebbero arrestati davanti a nulla e, anche se le mura della rocca davano sicurezza, la resistenza sarebbe stata ardua.
A questo punto il giustiziere si consulta con il comandante del drappello posto a difesa del castello. E proprio questi esprime i suoi giustificati timori non tanto sulla possibilità di resistenza quanto sulle vettovaglie disponibili, a suo giudizio, insufficienti per un lungo assedio.
A questo punto il Saint-Remy prende una decisione, a suo giudizio saggia: aprire una trattativa con i rivoltosi. Il giustiziere chiede, dunque, di parlamentare e ottiene una disponibilità in quelli che appaiono i capi della rivolta.
Offre dunque la resa del castello di Vicari in cambio della incolumità sua e di quanti l’hanno seguito. Le richieste dell’angioino vengono accolte. Saint-Remy e i suoi verranno scortati a Palermo dove verrà messa a disposizione una galea che li riporterà sani e salvi in Provenza.
Tutto sembra filare dritto. Il giustiziere, stanco per la tensione cui è stato sottoposto, comincia a rilassarsi occupandosi dei bagagli che ha deciso di portare appresso.
Ma il destino tragico l’attende.
D’un tratto il marchese sente come insopportabile l’aria ammuffita di quell’appartamento e decide di spalancare la monofora che guarda allo spiazzo antistante le mura su cui sono ammassati i rivoltosi.
Uno di essi, un abile balestriere di Caccamo, non si lascia sfuggire l’occasione. Innesta la freccia nell’arma, prende con cura la mira e scaglia il dardo mortale che raggiunge il giustiziere trapassandogli la gola e strozzandogli le ultime parole.
La morte istantanea del Saint-Remy eccita ancor di più le masse che sfuggono al controllo dei loro capi e penetrano come belve infuriate all’interno delle mura facendo strage non solo dei difensori ma anche della famiglia del gran giustiziere di Sicilia.
L’orgia di sangue dura poco tempo, nessuno sfugge alla morte, poi così come erano arrivati, i rivoltosi lasciano il castello lasciando insepolti i morti.
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