Storia
Morto Martin Löwenberg: un testimone della Shoà
Un testimone scompare
È morto lunedì 2 aprile 2018 l’ex combattente ed internato nei lager nazisti Martin Löwenberg, era alla soglia dei 93 anni. A darne notizia tra le prime testate giornalistiche è stata l’emittente bavarese Bayerischer Rundfunk. Nato a Breslavia da padre ebreo Löwenberg aderì in giovane età all’organizzazione socialista “I Falchi” ed a 17 anni si unì alla resistenza contro il regime nazista aiutando per due anni i lavoratori coatti deportati dall’Europa dell’Est; finché non venne egli stesso arrestato dalla Gestapo, torturato e spedito in un lager esterno al campo di concentramento di Flossenbürg come lavoratore coatto per la Osram.
Divenuta ormai ineludibile la disfatta, i nazisti cercarono di fare sparire le tracce dei loro misfatti ed il 20 aprile il comandante del lager di Flossenbürg Max Koegel ordinò una marcia della morte diretta verso il campo di Dachau, su quattro colonne di prigionieri solo una giunse a destinazione il 28 aprile del 1945; il lager era già stato liberato dalle truppe statunitensi.
Forse per questo dopo la guerra Löwenberg si stabilì a Monaco di Baviera; divenne un convinto assertore della dottrina comunista e per questo finì più volte ai ferri corti con la giustizia della Repubblica Federale subendo spesso condanne a pene detentive. Non solo nell’immediato dopoguerra -quando, non potendo inventarsi una classe dirigente dal nulla, gli Alleati anche dopo la denazificazione avevano lasciato al loro posto molti giudici contigui al vecchio regime- ma ancora nel 2002 allorché subì una condanna dalla Pretura di Monaco per avere spronato i partecipanti ad una manifestazione antifascista ad occupare il suolo pubblico al fine di impedire fisicamente una marcia di neonazisti nel centro cittadino che era stata autorizzata.
Nondimeno il suo impegno politico e nel portare testimonianze nelle scuole gli sono valsi diverse onorificenze, tra cui anche dal Provveditorato scolastico pubblico di Monaco di Baviera. Dalla liberazione dal lager nazista era rimasto per tutta la vita un combattente contro il neo-fascismo, antisemitismo e razzismo; così come un acceso avversario al militarismo e le spedizioni belliche.
Un altro superstite deve percorrere più solo il cammino
Alla fine del mese, il 29 aprile 2018, anche Martin Löwenberg avrebbe altrimenti probabilmente partecipato alla cerimonia che si svolgerà nell’ex lager di Dachau per il 73mo anniversario della sua liberazione. A dirigervi il numero sempre più numericamente ridotto di testimoni oculari resta ancora invece Abba Naor, divenuto un anno fa vicepresidente del Comitato internazionale degli ex internati a Dachau al posto del già scomparso Max Mannheimer. Naor che ha compiuto in marzo 90 anni, era un giovinetto quando dalla cittadina lituana di Kaunas era stato internato nel campo di annientamento di Stutthof cui scampò per finire come lavoratore coatto in un nucleo esterno al lager di Dachau, a Kaufering (presso Landsberg, in Baviera). Mentre all’età di 16 anni era poi costretto a Utting sull’Ammersee a lavorare per la ditta Dyckerhoff & Widmann, la madre ed il fratello venivano uccisi ad Auschwitz. Come ha riassunto qualche tempo fa la sua vita Thies Marsen per il BR, ritrovatosi nel dopoguerra ad essere una Displaced Person a Landsberg, Naor si risolse ad emigrare in Israele dove combatté nella guerra di indipendenza del 1948 entrando a far parte dei servizi segreti.
Anche Naor, come Martin Löwenberg, ha portato per decenni la sua testimonianza nelle scuole nella stessa Germania, dove pure per qualche periodo tornò a vivere. Egli fu già portavoce degli internati alla cerimonia per il 70nnale della liberazione di Dachau alla presenza di Angela Merkel.
Il claudicante percorso verso il pieno riconoscimento delle responsabilità storiche
Una presenza quella della Cancelliera che segnò ancora una volta la perdurante rielaborazione del proprio passato storico che la Germania affronta sempre più criticamente. È appena il caso di segnalare che l’11 aprile tra le 21 e le 22.15 l’emittente culturale ARD-alpha trasmetterà il dibattito messo in scena al Münchner Volkstheater tra il cabarettista Christian Spinger, che da ragazzo si mise sulle tracce del criminale nazista Alois Brunner protetto a Damasco dal governo siriano ad 800 metri dall’ambasciata tedesca a suo avviso con la compiacenza dei servizi segreti della stessa Bundesrepublik, la 93enne superstite ebrea del lager di Auschwitz Esther Bejarano e l’ex Procuratore Generale di Amburgo, oggi 85enne, Dietrich Kuhlbrodt che a metà degli anni ‘60 fu tra i primi magistrati in forza all’Autorità centrale per il chiarimento dei crimini nazisti (Zentralstelle zur Aufklärung von Naziverbrechen) che all’epoca era composta da appena 7 magistrati per l’esame di decine di migliaia di atti in carica per appena un anno e senza poter istruire essa stessa alcun processo. Con l’effetto che i successori dovevano ri-iniziare tutto da zero. Il che fa oggi dire a Kuhlbrodt che il potere politico allora volesse solo gettare fumo negli occhi alle organizzazioni ebraiche e l’insuccesso delle indagini programmato.
Un altro esempio di quanto sia più aperta l’autocritica verso le proprie responsabilità storiche da parte della Germania scaturisce anche dall’avvio di un dibattito tra gli storici, a 73 anni dalla liberazione dell’ex lager di Flossenbürg, attorno al destino della cava di granito che determinò la costituzione del campo nel 1938. Il lager infatti sorse proprio lì nell’Oberpfalz bavarese per sfruttare i prigionieri nell’estrazione e trasporto dei blocchi di pietra. La parete alla quale lavorarono gli internati è da tempo conservata e tutelata come monumento storico; la cava tuttavia è tutt’ora in esercizio sotto una concessione fino al 2024. Gli studiosi si interrogano su come preservarla dopo tale termine e perpetuare meglio la memoria storica. La direzione del memoriale del lager intenderebbe ricordare il ruolo centrale avutone nel destino degli internati già ora con iniziative temporanee, come l’esposizione di sculture realizzate con granito ricavato dalla stessa cava realizzate dall’artista tedesco Fritz König. Una destinazione definitiva per una esposizione che documenti i fatti avvenuti nella cava di pietra, potrebbe poi in futuro trovare spazio nell’edificio amministrativo di epoca nazista della “Fabbrica di terra e pietra tedesche” (DEST, Deutsche Erd- und Steinwerke) che già per un po’ fu impiegato nel dopoguerra … per ospitare un cinema.
Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/olocausto-memoriale-dell-olocausto-956654/
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