America
MOHAMMED ATTA IN VERSI
11 settembre, tarda sera. Del peggior inizio possibile del nuovo millennio in cui viviamo, 15 anni fa, oggi ho letto analisi interessanti, e ricostruzioni banali. Le più ciniche sono fatte di quel Trash che Tommaso Labranca definiva “Teratomorfismo”: un mostruoso rimodellare in piccole botteghe degli orrori la grandezza, cruda, dell’ orrore vero. Quello che continua a colpirmi nel profondo è invece l’esatta cronaca degli eventi, minuto per minuto. E un’altra cosa: la biografia di Mohammed Atta, il capo del commando terrorista. Anni fa, nell’ambito di una raccolta che tentava di restituire in versi le emozioni di quei giorni, scrissi una cosa che includeva ed elencava la cronologia dei fatti e alcuni punti chiave della vita di Atta. Saltate pure i versi, non credo valgano la pena. Ma rileggete la cronologia dei fatti, ancora vibra.
9 – 11 – 01
L’angelo muto stava accanto all’uomo
(e disperava)
che sventolava uno straccio bianco
da un buco nero
irraggiungibile
nel cielo terso.
Le torri dell’ Impero a ferro e fuoco
le urla dei già morti e noi
guardare
come il contado di un castello medioevale
sorpresi, zitti
nei campi biondo fieno
si ferma la giornata della valle
per quella nota amara (sa di fumo)
che l’aria fresca, fina
di settembre
porta col vento ed entra nelle nari . Corremmo tutti insieme sul crinale
guardammo verso casa e fu l’inferno. Manhattan. New York brucia. Breaking news.
Hot news: la sensazione è gelida. La sensazione è di esserne colpevole.
Perchè sei salvo. E sei distante. E innocente. Vivi. Muoiono. Inermi. Sono agnelli colpevoli di farsi sgozzare. Siamo tutti colpevoli di starli a guardare.
E’ la Salò di Pasolini al cinema.
E’ Auschwitz a Hollywood. LSD.
Lucy in the sky with diamonds.
Picture yourself in a boat on a river with tangerine trees and marmalade skies.
Qualcuno poi ti chiama “Mr. Lennon”
Tu rispondi lento, distratto
sognante.
E c’era una ragazza dagli occhi così strani! Aveva gli occhi di caleidoscopio
immobile al mio fianco
(e disperava)
ma l’uomo ancora urlava e si sbracciava
dalla finestra altissima
sul picco
sul picco dell’abisso ad aspettare
le api
nel grande alveare
di miele e d’oro, argento e plastica e chewing-gum colante ribollente
lo Stige di Caronte occhi di brace
lui
guardava urlava muto e si sbracciava
la sua camicia bianca e le mani nude.
1 – 99. Amburgo. Alla Technische Universität il professor Dittmar Machule legge la tesi di Mohamed Atta. In “Sviluppo urbano di una città islamico-orientale” il brillante studente egiziano (ha già una laurea in architettura conseguita a Il Cairo nove anni prima) analizza il centro storico di Aleppo, in Siria: uno dei nuclei urbani più antichi del mondo, abitato fin dal 3000 avanti Cristo. Agli occhi dell’architetto Atta Aleppo appare assediata, snaturata e offesa dalla nuova skyline dei moderni grattacieli di gusto occidentale. Più che di uno sviluppo possibile Atta argomenta di una conflittualità incomponibile fra i due modelli di città: quella diffusa in senso orizzontale tipica della tradizione islamica e orientale aveva delle dinamiche interne, un ordine, una logica urbanistica che i nuovi palazzi e grattacieli hanno stravolto, usurpato, corrotto. La città antica era non solo più bella, ma anche più funzionale. L’innesto culturale porta business ma non crea sviluppo urbano vero, lo complica. E’ una tesi ben fatta e interessante. L’architetto Mohamed Atta è laureato anche ingegnere, a pieni voti, e per lui sembrano aprirsi le porte di una promettente carriera. Anche il carattere lo aiuta: sempre cortese, gentile e posato, si è fatto via via un po’ più chiuso con i compagni di università a motivo della profonda fede che coltiva seguendo con convinzione tutti i precetti del Corano. Ma è pronto a spiegarsi con un sorriso, e chiede scusa, ogni volta che, ad esempio, rifiuta di dare la mano a una professoressa o a una collega.
Quando consegue la seconda laurea, da un anno circa abita in un appartamento sulla Marienstrasse con Said Bahaji e Ramzi bin al-Shibh. Oramai da mesi i tre si incontrano regolarmente con altri amici per discutere apertamente di lotta armata in chiave anti-occidentale. Ispirato da una lettura sempre più fondamentalista dell’ Islam Atta si è votato anima e corpo alla causa del Jihad e cerca continuamente contatti e agganci internazionali con le strutture del terrorismo integralista organizzato.
Il 29 novembre Atta si imbarca insieme ad Al-Shehhi e Ziyad Jarrah su un volo da Amburgo a Karachi (Pachistan). Dopo due ulteriori giorni di viaggio i tre raggiungono il campo di addestramento di al-Qaeda presso le fattorie di Tarnak nei pressi di Qandahar, in Afghanistan. Qui permarranno per alcuni mesi.
Il 18 gennaio 2000 Mohaned Atta registra il suo video-testamento nelle vesti, consapevoli, di uno Shahid, un militante islamico pronto al martirio per la causa.
A marzo Atta inizia a contattare 31 differenti scuole di volo negli Stati Uniti, chiedendo specifiche informazioni.
Il 1 giugno si porta a Praga, e la mattina dopo prende il primo aereo verso gli USA. Arriva a Newark (New jersey) il 3 giugno 2000. Un mese dopo si trasferisce a Venice in Florida dove insieme a Marwan al-Shehhi si iscrive alla scuola di volo Huffman Aviation. A novembre i due conseguono licenza di pilota commerciale per veivoli di peso non superiore alle 12.000 libbre.
Qualche giorno dopo Atta compra alcuni video sulle cabine di pilotaggio dei Boeing 747 e 757 allo Sporty’s Pilot Shop di Batavia, in Ohio. L’ 11 dicembre compra altri due video: Airbus A320 e Boeing 767-300ER.
Il 7 luglio Atta vola in Spagna. Nella città di Tarragona, presso l’Hotel Sant Jordi, rivede Ramzi bin al-Shibh. E’ l’amico della “cellula di Amburgo” con il quale è sempre rimasto in contatto. Per alcuni giorni dei due si perde ogni traccia. Poi Ramzi bin al-Shibh torna in Germania, il 16, e Mohamed Atta torna negli Stati Uniti il 19.
A metà agosto Atta telefona a Ramzi dagli Stati Uniti: “Salam Alaykum amico mio. Li sai risolvere gli indovinelli? Senti questo… Ci sono due bastoncini, un trattino e un lecca lecca disposti uno accanto all’altro. Che significa? Lo indovini?”
Nel mese di agosto Atta e gli altri terroristi coinvolti nel piano 11-9 si imbarcano continuamente su voli aerei interni agli Stati Uniti, evidentemente per assumere informazioni e testare dettagli e imprevisti. Si fanno notare più volte a Las Vegas, dove bevono alcolici, giocano d’azzardo e pagano spogliarelliste (contravvenendo – forse intenzionalmente – alle norme religiose islamiche). l’ 8 settembre allo Shuckum’s Oyster Bar di Hollywood (Florida) Atta, visibilmente ubriaco, ha un forte diverbio con il padrone del locale riguardo al conto.
Fra il 25 agosto e il 3 settembre vengono acquistati tutti i 19 biglietti aerei per l’11-9. Mohamed Atta acquista il suo il 29 agosto.
Il 10 settembre 2001 Atta passa a prendere Abd al-Aziz al-Umari al Milner Hotel di Boston. I due si dirigono a Portland nel Maine dove in serata affittano una camera al Comfort Inn. Mangiano da Pizza Hut, fanno il pieno alla macchina, ritirano dei soldi da un bancomat e fanno acquisti da Wal-Mart vicino al loro albergo.
11-9.
Si svegliano presto, alle 6.00 partono dall’aeroporto di Portland sul volo della Colgan Air diretto al Logan International Airport di Boston. Qui, alle 6 e 52 Atta riceve una telefonata da Marwan al-Shehhi per conferma: anche gli altri sono in azione, il piano è operativo.
Alle 7 in punto Atta e al-Umari si imbarcano sul volo American Arlines 11. Atta siede sul posto 8D. Il Boeing decolla alle 7:59. Un quarto d’ora dopo inizia il dirottamento. Alle 8:21 il trasponder viene spento. Alle 8:24 da Boston viene ascoltata (per errore) una comunicazione ai passeggeri: “Abbiamo alcuni aerei. State tranquilli e andrà tutto bene. Stiamo tornando all’ aeroporto”. E circa 20 secondi dopo “Nessuno si muova, tutto andrà bene. Se cercate di reagire mettete in pericolo voi stessi e il veivolo. State tranquilli.”
Alle 08:46:40 il volo AA11 si schianta contro la torre nord del World Trade Center di New York. Muoiono 92 persone sull’aereo (5 i dirottatori, 11 i membri dell’equipaggio) e 1.336 nella torre, che crolla alle 10:28.
A causa di un leggero ritardo del volo Portland-Boston il bagaglio di Mohamed Atta non fu imbarcato a New York. Nella valigia c’erano uniformi da pilota, manuali di volo e un opuscoletto di quattro pagine che raccoglie consigli, precetti e raccomandazioni del tipo: “Controlla le tue armi prima di andartene, controllale anche molto tempo prima. Devi affilare bene il tuo coltello. Non devi far sentire a disagio l’animale mentre lo sgozzi. Ora tu stesso giura di morire. E rinnova le tue intenzioni.”
L’uomo si staccò
è all’aria aperta
e dentro al vuoto dritto
come in tuffo
nel mare grande delle terre piane
la terra di Walt Whitman
i fili d’erba
i campi colorati alla Mondrian
E Broadway
è Boogie woogie Broadway, dove vai?
io orgogliosamente
a rompermi la schiena
come Pollock
e Copland
mi suona la fanfara, il Common man
vedo giù al porto il Brando di Kazan
e la farfalla. Cassius. All che vola,
danza
coi pugni all’aria, come i miei
come le rime, il rap
di Dickinson nel Gospel
io cado sulla terra di frontiera
di Woody Gutrie, di Bob Dylan e Byrne
di Patty Smith strafatta canto il Gloria
tu sei
l’ottava sinfonia del mondo nuovo. Lou Reed e Laurie Anderson oggi sposi e Yo! the Public Enemy, go fight! John Steinbeck, i Jefferson e Fitzgerald
sei Hemingway sei il toro nell’arena, sei Chomsky e
la Libertà si volta
e Ferlinghetti legge La Commedia
su musiche di Davis e Robby Krieger
e i nastri di Steve Reich in Early Works
che sembrano mandarlo giù in slow motion
scomparirà in un quadro di Mark Rothko…
Ma no,
l’uomo non recita in tv
precipita davvero
è un
pacco
di ossa e carne
a piomboso.
Precipita all’inferno
nerofumo
un pacco dall’inferno
a piombo fuso
nero che il fumo si fa grigio e bianco e sale per chilometri di cielo terso di un blu laccato di cobalto
spacca l’asfalto
e il mio futuro
è lì.
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