Storia
Mit brennender Sorge…la sfida al nazismo
1937, il regime nazionalsocialista si è ormai consolidato in Germania, nessuna voce a livello internazionale si alza a denunciare gli orrori e le aberrazioni di cui esso si rende responsabile.
Anche Stalin si prepara a firmare il vergognoso patto che gli consentirà di acquisire la metà della Polonia e, per questo motivo, abbandona al loro destino le opposizioni comuniste in Germania e tace sulle minacce del Reich tedesco all’ordine internazionale.
All’interno del Reich ogni voce di opposizione viene soffocata, ogni autonomia ridiscussa o rudemente conculcata. Lo Stato totalitario non consente al suo interno nessuno spazio di discussione.
Anche le istituzioni religiose devono fare i conti col regime, soprattutto la Chiesa cattolica, con la quale era stato firmato nel 1933 un concordato, si trova in grande difficoltà, il regime punta a screditarla servendosi anche di mezzi meschini e non disdegnando d’usare la violenza.
Lo stesso presidente dell’Azione cattolica tedesca, Erich Klausener, viene barbaramente assassinato nella tristemente nota “notte dei lunghi coltelli”.
Di fronte a tale aggressione, In gennaio, un folto gruppo di cardinali tedeschi chiede udienza a papa Pio XI per sollecitarne una sua autorevole presa di posizione.
Questi i precedenti che spingono papa Ratti a elaborare con l’aiuto di Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII, un documento che, per i contenuti e per il modo in cui venne diffuso, costituisce un unicum esempio di opposizione al regime nazista.
L’enciclica Mit brennender Sorge, scritta materialmente proprio da Pacelli, conteneva infatti una denuncia, senza precedenti, del regime nazista, delle sue aberrazioni, del suo manifestarsi, nell’esaltazione del concetto di razza, come violenza alla dignità umana.
Una denuncia alla quale si aggiungeva il “grido di dolore” per l’atteggiamento persecutorio contro la chiesa in nome del “culto del suolo e del sangue” tipico di un’idea neopagana della storia.
L’enciclica, in modo discreto venne inviata alla nunziatura apostolica di Berlino e da lì fu fatta pervenire alle varie diocesi che ne stamparono, presso tipografie fidate, ben trecentomila esemplari.
E la domenica delle Palme, dal pulpito di tutte le Chiese di Germania, ne venne data pubblica lettura.
Il fatto ebbe una risonanza che andò al di là dei confini del Reich e costituì un vero e proprio colpo basso per il regime.
I nazisti, nonostante la severa censura imposta alla società intera, erano stati dunque raggirati.
Com’era prevedibile, la reazione dei maggiorenti del regime fu all’altezza della barbarie di cui si era fino ad allora macchiati.
Goebbels, con la copertura di Hitler, si adoperò per riparare i danni che l’enciclica aveva provocato e l’ambasciatore tedesco presso la Santa Sede protestò vivacemente, a nome del popolo tedesco, ottenendo però solo un secco rigetto delle sue rimostranze.
A questo punto, la persecuzione già in atto contro la Chiesa cattolica divenne furiosa. A parte la chiusura di molti istituti religiosi, vennero arrestati infatti moltissimi preti che qualche anno dopo sarebbero finiti nei lager, mentre molti altri furono impediti nell’esercizio delle loro funzioni.
Quell’atto coraggioso di denuncia, cui non seguì, alcuna solidarietà nella comunità internazionale, rimase però isolato e di esso fu perfino cancellata memoria nell’immaginario collettivo, forse per coprire la grande colpa, appunto quell’assenza di vigilanza che si sarebbe ripetuta anche di fronte alla tragedia della Shoà.
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