Giustizia
Ludwisburg: le ultime indagini sui criminali nazisti
Anche se il suo incarico non decadrà ufficialmente, il 2017 sarà probabilmente l’ultimo anno in cui l’Autorità centrale tedesca di Ludwisburg per la prosecuzione dei crimini nazionalsocialisti potrà credibilmente ancora individuare criminali nazisti da perseguire giudizialmente. Ci si interroga su quale sarà la sorte del suo corposo archivio e c’è chi ventila che si sia un concreto rischio che possa essere distrutto se non si troveranno le istituzioni idonee a raccoglierlo ed una conseguente perdita definitiva di documenti originari per la ricerca storica.
Punto di partenza per la serie di procedimenti contro ex SS negli ultimi 5 anni è stata la sentenza di primo grado che ha attestato le responsabilità di Iwan Demjanjuk nel campo di annientamento di Sobibor. Dopo di essa lo sguardo degli inquirenti si è esteso anche alla ricerca delle responsabilità penali nei campi di concentramento di Auschwitz e Majdanek, lager che oltre ad una funzione di puro annientamento coprivano anche altre esigenze di isolamento e coercizione al lavoro coatto. Dei 30 casi di personale di guardia nel lager di Auschwitz trasmessi alle Procure alla fine giunsero al rinvio a giudizio solo 5 ed all’effettivo processo solo 2: Oskar Gröning e Reinhold Hanning. Negli altri tre casi: Ernst Tremmel morì poco prima dell’avvio del processo, Helma K.-M. venne ritenuta incapace di sottostare al giudizio (non essendo neppure stato aperto il processo si omette perciò il cognome) e nell’ultimo di Ernst Hubert Zafke, come si dirà più sotto, è prevedibile lo stesso esito.
Per quanto concerne invece Majdanek le indagini istruttorie dell’autorità centrale di Ludwisburg hanno messo in luce 28 casi. Di questi solo 2 sono formalmente ancora pendenti rispettivamente a Dortmund ed a Francoforte sul Meno. Ma non c’è alcuna certezza che si giunga effettivamente ad un rinvio a giudizio.
Si è già accennato alle difficoltà che prenda effettivamente avvio pure il residuo processo per i crimini di Auschwitz contro Ernst Hubert Zafke a Neunbrandenburg. Il battibecco tra avvocati delle parti civili e presidente della corte è giunto persino ad un’istanza di ricusazione prima ancora che l’imputato sia mai giunto in aula. Ad essa si era persino associato il pubblico ministero, provocando lo scoramento dei giudici che in un comunicato stampa affidato al portavoce del tribunale avevano stigmatizzato che la procura avesse aderito ad un mezzo processuale tipico della difesa. Ed uno degli avvocati delle parti civili ha fatto ancora fuoco e fiamme quando si è visto pure rifiutare dai magistrati un fondo spese per incontrarsi con i propri mandanti, ormai avanti negli anni ed acciaccati, negli USA. L’istanza di ricusazione è stata respinta ed il processo dovrebbe instaurarsi con gli stessi giudici che le parti civili ed il procuratore hanno accusato di non voler procedere. L’età avanzata dei sospettati d’altronde ha posto in tutti i recenti giudizi di ex SS un problema di verifica delle capacità degli imputati di sottostare al giudizio. Ogni persona incriminata deve essere in grado di difendersi dalle accuse.
Il Procuratore Jens Rommel a capo della squadra di 7 magistrati (anche se se ne augurerebbe di più per poter procedere più velocemente, per ora ha avuto un solo nuovo collaboratore per effetto di un avvicendamento ordinario), che a Ludwisburg istruiscono i casi che vengono poi assegnati ai singoli pubblici ministeri territorialmente competenti, non intende esprimersi sulla vicenda. Ormai il caso è fuori dalla sua competenza; il suo Ufficio non prende parte ai processi in aula e non può commentare quanto accade in un dibattimento. Non di meno non tace che sia frustrante quando dopo un difficile lavoro di indagine preliminare si deve constatare che non si giunge ad un processo. Pure evento non infrequente: nel 95% dei casi il sospetto non vive più; qualche volta l’imputato muore appena prima dell’avvio del dibattimento come è successo ad Hanau con Ernst Tremmel; oppure si accerta che è incapace di sottostare ad un processo come è successo a Kiel con Helma K.-M. e probabilmente sarà a Neunbrandenburg. Nondimeno Rommel ritiene importante che la Germania cerchi ancora di individuare i responsabili. I Ministri della giustizia di tutti i Länder nel 2015 hanno ancora rinnovato l’incarico all’Autorità che dirige. Ma come indicato il tempo gioca a tutto sfavore del suo team.
In agosto Ludwisburg ha ancora annunciato di aver assegnato 8 fascicoli di sospetti un tempo in servizio nel campo di concentramento di Stutthof dove è emersa prova di uccisioni sistematiche tra l’estate e l’autunno 1944. La squadra del Procuratore Jens Rommel non ha paragonato i crimini commessi a Stutthof raffrontandoli ad altri lager; ha però raccolto prove degli assassinii sistematici perpetrativi, anche se non sono alla stessa stregua di quelli commessi ad Auschwitz in cui la dimensione era notoriamente di portata maggiore. L’italiano Nedo Fiano nel suo libro “A5405 Il coraggio di vivere” peraltro indicava che prima di essere internato ad Auschwitz, tra il 25 ottobre ed il 22 novembre era stato anche a Stutthof, definendolo il peggior campo di concentramento nazista da cui fosse passato. Il pool di magistrati ha verificato le responsabilità sia del personale di guardia che del personale civile nel comando e distribuito i fascicoli ai colleghi di a Stoccarda, Dortmund e Monaco. La più giovane imputata aveva all’epoca 17 anni ed il più anziano oggi ne ha 98. L’esame sulla loro perseguibilità è adesso nelle mani delle singole Procure.
Il gruppo di magistrati di Ludwisburg è chiamato a verificare se anche in altri campi nazisti si possano provare ancora l’esecuzione di omicidi con sistematicità, od attività di concorso in essi. Per quanto riguarda Bergen Belsen dove è morta Anne Frank questa prova è molto difficile, confida Jens Rommel. Da un lato bisogna chiarire se le migliaia di vittime dovute alle pessime condizioni di detenzione erano provocate anche solo dal mero sovraffollamento del lager, o dalle generali condizioni di penuria di rifornimenti in guerra. Poi è difficile provare se i singoli guardiani potessero avere una vista d’insieme della situazione, soprattutto perché c’era un cambio frequente, gli incarichi duravano spesso poco tempo. Le indagini preliminari su Bergen Belsen saranno però ben presto chiuse e ne potranno essere resi noti gli esiti. Ma il Procuratore anticipa <non credo che potremo annunciare di avere individuati molti casi>.
Anche l’innovazione tecnica tuttavia è sopraggiunta ad aiutare i magistrati. Il 18 marzo 2016 l’ispettore della polizia bavarese Stefan Willms per testimoniare nel processo contro Reinhold Hanning si avvalse di una prima ricostruzione tridimensionale del lager di Auschwitz. Il 2 ottobre, 7 mesi più tardi, l’agenzia AFP e diversi media (tra cui Zeit, FAZ, Guardian e Daily Mail, cui seguirono gli stessi Stati Generali) riferirono che per la prima volta era stata usata la realtà virtuale tridimensionale. Un modello in 3D può trasmettere l’impressione generale degli spazi. Permette altresì di riprodurre l’angolo visuale da un determinato punto e chiarire cosa potesse scorgere un imputato dal suo punto di guardia e cosa no. Un simile modello però chiarisce Jens Rommel non è un mezzo di prova a sé stante; può rivelarsi un utile mezzo di ausilio, se sviluppato in modo adeguato, nel quadro di una testimonianza o della illustrazione di una perizia di un esperto, ma alla stregua peraltro di schizzi, altri chiarimenti o fotografie. L’autorità centrale ha avuto modo di provare il modello; lo sviluppo tecnico è realizzato dalla polizia bavarese. Se si giungesse a nuovi rinvii a giudizio potrebbe essere perfezionato ed usato anche, dopo Auschwitz, per contribuire alla ricostruzione delle situazioni spaziali in altri lager.
Quanto sopra riportato è in larga parte frutto di un’intervista che il Procuratore della Repubblica Jens Rommel mi ha concesso a novembre.
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