Storia

Leggere il diario di Anna Frank è un rito civile, non è un programma politico

12 Giugno 2016

Quella di oggi pomeriggio a Piazza San Fedele, a Milano piaccia o non piaccia, è stata la celebrazione di un rito civile.

Il Diario di Anna Frank, su iniziativa di Radio popolare Milano, è stato letto come risposta alla pubblicazione e diffusione da parte de “il Giornale” dell’edizione di Mein Kampf di Adolf Hitler.

Da tempo quei due testi si rincorrono. Entrambi sono fuori diritti dall’1 gennaio 2016 e dunque proponibili da chiunque e utilizzabili da chiunque. Questo non toglie, però, che chi li propone non abbia simpatie.

Ci sono molti che hanno espresso perplessità sulla scelta di rispondere con Anna Frank all’ iniziativa de “Il Giornale”. Hanno dichiarato che la ricerca storica è andata avanti in questi anni e che  rispondere a Mein Kampf versione “Il Giornale” con Anna Frank fa parte della nostalgia,  è una scelta inadeguata e arretrata e riduce la partita al conflitto tra nazisti ed  ebrei.

È probabile che sia così e non nego che ci sia questo rischio. Ma non mi convince. Per due motivi.

Primo motivo

Ai libri si risponde con i libri. Non sono per impedire la circolazione di un’edizione critica di Mein Kampf anzi. Così quando mesi fa l’Istituto di Storia contemporanea di Monaco di Baviera ha dichiarato che avrebbe promosso un’edizione critica non ho trovato niente da criticare. L’ho dichiarato pubblicamente in una conversazione con Angelo Bolaffi a Fahrenheit il 3 novembre 2015.

Ritengo tuttavia che se un giornale schierato politicamente sostiene e realizza questa iniziativa, la sua sia una scelta politica, e quella si giudica. Trovo che quella non sia un’operazione né culturale, né storiografica, né di approfondimento ma rappresenti una dichiarazione politica,  se non di simpatia, almeno di “non fastidio”. E il fatto che minimizzi o che qualcuno dichiari cge si va bene, ma poi c’è ben altro, mi itrita, Perché il benaltrismo è un modo, nemmeno tanto elegante, per dire che quello non è un problema.

Secondo motivo

Proprio per il carattere simbolico che ha l’iniziativa proposta da Il Giornale la risposta non poteva e non può che essere simbolica.

Ci sarà, ammesso che ci sia, la voglia, la costanza e non la supponenza, il tempo e i modi per rispondere alla questione uso pubblico del libro di storia in dimensione cultural-politica e non solo, e quindi anche stioriografica.

Tuttavia, assumere la dimensione simbolica non è un errore. Quella scelta sottolinea e ricorda, a chi lo avesse dimenticato,  che la comunicazione politica vive anche di simboli, e che la pratica politica della mobilitazione, del ritrovarsi per fare qualcosa insieme, proprio di simboli ha bisogno. In altre parole ha bisogno di icone che parlino dei suoi sentimenti profondi, di ciò che sente suo.

Chiunque sia convenuto a Piazza San Fedele non si è presentato per ascoltare un libro di storia, ma per riconoscersi, E, dunque,dire: quella cosa sono io, è la mia storia; quelle parole sono mie, mi riguardano. Non mi sono in differenti. Appartengono al mio vocabolario.

Chi si è presentato a quell’appuntamento, tuttavia,  voleva anche anche sottolineare la rilevanza che aveva ritrovarsi, perché non ci si può indignare solo in privato, scuotendo la testa. Occorre anche che si dia un rito civile in cui l’indignazione si fa atto pubblico.

In un’epoca in cui l’identità è business, è bene avere presente che i simboli sono molto importanti e non sono indifferenti alla storia che ciascuno si porta dietro. È importante avere una gallery di simboli.

Ma detto questo è anche importante ricordare che è preoccupante la condizione in cui i simboli sostituiscono le parole e parlano per conto delle parole.

Ma questo è un problema che non doveva essere risolto a Piazza San Fedele oggi pomeriggio. È una condizione della crisi della politica. Che continua anche dopo, ma che c’è da molto tempo. È la stessa condizione per la quale le vignette sintetizzano e sostituiscono il pensiero politico. E questa è una storia che riguarda quelli che con me si sono trovati a Piazza San Fedele, che ci piaccia oppure no. E dunque riguarda anche me.

Prima, tuttavia, era importante dare una risposta simbolica.

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