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L’angelo del fango che partirebbe per Lampedusa: intervista a Sara Sesti
Questo è il racconto di un’esperienza. L’esperienza di una donna, all’epoca ragazza, che parte alla volta di una Firenze in ginocchio, a causa di un’alluvione. L’alluvione è quella del 1966 e la storia è quella di Sara Sesti, membro dell’Associazione Donne e Scienza e autrice del libro, con Liliana Moro, Scienziate nel tempo. 70 biografie (edizioni Libera Università delle donne di Milano). Davanti alle immagini recenti di Parigi invasa dall’acqua, Sara ha scritto un post su Facebook, associando l’evento a quei giorni di batticuore per Firenze, lontani cinquant’anni. Io mi sono incuriosita e ho pensato di invitare Sara a condividere i suoi ricordi.
Era una ragazza quando decise di partire verso Firenze, sommersa dal fango. Ricorda il momento in cui si è detta “io vado”?
Facevo il secondo anno del liceo scientifico quando, il 4 novembre del 1966, l’Arno ruppe gli argini e inondò senza pietà case, strade, chiese e musei dopo 18 ore di pioggia incessante. L’alluvione, oltre a causare 34 morti, danneggiò notevolmente la città e le sue opere d’arte. Allora non esisteva la protezione civile e i fiorentini sembravano abbandonati a loro stessi. Giornali e televisione mostravano immagini di distruzione e di impotenza: da soli non avrebbero potuto spalare tutto il fango che aveva invaso la città. Improvvisamente, accadde qualcosa di straordinario: migliaia di volontari si organizzarono e accorsero per salvare tutta quella bellezza che rischiava di sparire. Erano quasi tutti ragazzi e arrivano da tutto il mondo. Anche nel mio liceo iniziò una mobilitazione di studenti che, classe per classe, invitavano alla solidarietà e a partire per recuperare le opere d’arte alluvionate. Sentii subito che era un dovere portare il proprio contributo e mi dissi: “io vado”. Partii il giorno dopo, senza dare un preavviso ai miei genitori.
Come la presero?
I miei erano molto severi, soprattutto mio padre: ero figlia unica e minorenne, non mi avrebbero mai dato l’autorizzazione a partire con un gruppo di “beats” (allora chiamavano così i giovani che amavano un certo tipo di musica che rompeva con la tradizione). Mi organizzai segretamente e invece di andare a scuola, indossai stivaloni di gomma, jeans, un golf, presi una borsa e partii in treno lasciando sul tavolo della colazione il volantino ciclostilato con le ragioni della partenza di tanti studenti per Firenze e con il riferimento dell’Ostello della gioventù. Mio padre si arrabbiò moltissimo per averlo messo di fronte al fatto compiuto, ma con la mediazione di mia madre, insegnante in un’altra scuola, si rassegnò alla scelta di sua figlia “incosciente”.
Cosa ricorda di quello che vide? Come descriverebbe quell’atmosfera?
La città era devastata, ci assegnarono al salvataggio dei libri della prestigiosa Biblioteca Nazionale, sommersa dall’acqua. Mi ricordo una dolorosissima antitetanica e che lavoravamo dalla mattina alla sera. Nei magazzini c’erano migliaia di volumi coperti di fango, preziosi manoscritti e rare opere a stampa. Di mattina facevo parte della catena umana che spostava i volumi dai sotterranei ai piani alti. Il pomeriggio, invece, toglievo il fango con un tagliacarte da ciascuna pagina dei libri antichi rilegati. Ogni tanto si mangiava qualche panino che alcuni ragazzi offrivano percorrendo tutta la catena. La sera, stanchissima, tornavo all’Ostello della gioventù in tram con i miei compagni di scuola. A volte riuscivamo anche a riunirci davanti ad un falò, cantando le canzoni dell’epoca. Era straordinario sentire come tanti ragazzi di diversa nazionalità e estrazione sociale fossero divenuti un unico corpo.
Una volta un caro amico, giovane negli anni Sessanta e Settanta, mi disse che a quei tempi era diversa proprio l’idea che si aveva della vita. Impegno era la parola d’ordine. C’era un desiderio di giustizia sociale sconfinato, a volte violento. Che ne pensa?
Condivido pienamente il pensiero del suo amico. Alla tragedia dell’alluvione, ben presto si affiancarono un forte sentimento di solidarietà, il risveglio del senso civico e l’indomito spirito di Firenze. Uno dei più grandi gesti di solidarietà collettiva spontanea e giovanile di sempre: italiani, francesi, americani, tedeschi con gli stivaloni immersi nel fango, impegnati a portare fuori dagli edifici le opere d’arte. Fu una fantastica esperienza, cominciava a soffiare il vento del ’68 . Ci chiamarono gli “angeli del fango”, ma a noi sembrava di essere solo persone che facevano il loro dovere.
Chi inventò quel soprannome?
Fu il giornalista del Corriere della Sera Giovanni Grazzini che scrisse: “Chi viene, anche il più cinico, anche il più torpido, capisce subito che d’ora innanzi non sarà più permesso a nessuno fare dei sarcasmi sui giovani beats. Perché questa stessa gioventù oggi ha dato un esempio meraviglioso, spinta dalla gioia di mostrarsi utile, di prestare la propria forza e il proprio entusiasmo per la salvezza di un bene comune. Onore ai beats, onore agli angeli del fango”. Con gli anni mi resi conto che fummo i protagonisti di quella generazione che segnò la nascita delle associazioni del volontariato e della protezione civile. E seppi che tra di noi c’erano giovani e meno giovani che poi sarebbero diventati famosi, da Ted Kennedy a Joan Baez, da Gerard Schroeder a Josckha Fischer, da Giorgio Albertazzi a Franco Zeffirelli, da Margherita Hack a Sergio Staino, da Antonello Venditti a Francesco De Gregori.
Per dove partirebbe adesso, se potesse?
Credo che sarei partita da un pezzo per Lampedusa.
Sara Sesti è docente di Matematica, fa parte dell’Associazione Donne e Scienza. Ha curato per il Centro di Ricerca PRISTEM dell’Università Bocconi la prima ricerca italiana sul rapporto donne e scienza, uno studio che ha prodotto la mostra Scienziate d’Occidente. Due secoli di storia. È responsabile per l’Università Statale di Milano della rassegna di film Vedere la Scienza – Sguardi sulle Donne di scienza. Ha pubblicato con Liliana Moro il libro Scienziate nel tempo. 70 biografie, edizioni Libera Università delle donne di Milano, 2016. È una delle webmaster del sito www.universitadelledonne.it e gestisce la pagina Facebook: Scienziate nel tempo di Sara Sesti.
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