Ne Gli artigli del Condor Cardozo e Franzinelli ricostruiscono in maniera innovativa l'influenza degli Stati Uniti sul Sudamerica

Storia

L’America Latina dei golpisti. Una storia che ci riguarda

27 Aprile 2025

La monografia di Marina Cardozo e Mimmo Franzinelli (Gli artigli del Condor. Dittature militari latino-americane, CIA e neofascismo italiano, Einaudi 2025) è una storia che ci riguarda da vicino. Riavvolgiamo il nastro della pubblicistica di questi anni, sul tema, e proviamo a capire perchè.

Anni fa Vincent Bevins con la sua inchiesta sul comportamento degli Stati Uniti nel secondo dopoguerra rispetto al controllo delle aree considerate di loro competenza [Il metodo Giacarta, La crociata anticomunista di Washington e il programma di omicidi di massa che hanno plasmato il nostro mondo, Einaudi, 2021], aveva contribuito a riaprire un percorso di indagine sulle dinamiche non solo repressive, ma anche sulle politiche economiche, sui sistemi di controllo, in breve sul «giogo» (politico, economico, sociale e principalmente repressivo), con cui si era costruito quel controllo. Il centro dell’analisi di Bevins partiva essenzialmente dal caso indonesiano (da qui il titolo Il metodo Giacarta), sperimentato appunto nel processo di rovesciamento del governo legittimo indonesiano nell’ottobre 1965.

Un caso che è paradigmatico di un modo di intendere il dominio, di esercitare il controllo di impossessarsi della vita altrui, come ha richiamato Luigi Ferrajoli nel suo Progettare il futuro [Feltrinelli].

La monografia di Marina Cardozo e Mimmo Franzinelli (Gli artigli del Condor. Dittature militari latino-americane, CIA e neofascismo italiano, Einaudi 2025) non è solo il seguito della storia raccontata da Bevins, ma soprattutto ci riguarda.

Dunque prima di tutto dove stanno gli elementi di continuità? Stanno nella funzione di repressione che i servizi militari di gran parte delle realtà politiche latino-americane esercitano a partire dalla seconda metà degli anni ’60 almeno fino alla metà degli anni ’80 (l’elemento di congiunzione è dato dall’esperimento di golpe che colpisce il Brasile nel marzo 1964 con il rovesciamento del presidente legittimo [è interessante come la settimana Incom, il 10 aprile 1964, a una settimana dal colpo di stato presenta in un video la legittimità del golpe].

A partire dalla seconda metà degli anni ’60 il fenomeno riguarderà molte aree nazionali in America Latina (Paraguay, Bolivia, Uruguay, Cile, Argentina, Perù) anche se l’esperimento canonico su cui misurare la fisionomia di quella stagione sarà soprattutto il Cile di Pinochet.

Qui si definiscono anche gli elementi di differenza o meglio di versione aggiornata che propongono Cardozo e Franzinelli.

Se il sistema di controllo militare tra anni ’40 e prima metà degli anni ’60 affidava alle forze armate una funzione di protezione da aggressioni esterne, se l’ambiti d’azione era circoscritto, se i militari si presentavano come apolitici, con il caso brasiliano molte regole cambiano e il caso cileno ne sarà la definizione canonica. Ora il primo fine è l’imposizione dell’ordine interno; il secondo elemento è un ambito di azione sostanzialmente illimitato; il terzo aspetto è dato dal fatto che civili e militari si presentano con una comune visione tecnocratica (e qui un ruolo rilevante sarà svoto dalla cosiddetta scuola ultra liberista, ovvero dai Chicago Boys, gli allievi di Milton Friedman che proprio nella distruzione del sistema di welfare, nella costruzione privatizzazione dei servizi sociali saranno i protagonisti del nuovo ciclo economico inaugurato primai n Cile e poi esportato in Argentina dopo il colpo di Stato del 1976).

Ma quella politica si accompagna a una funzione di repressione continentale il cui primo modello è rappresentato dalla nascita, il 5 gennaio 1974, della DINA (Dirección de Inteligencia Nacional) voluta da Pinochet, il nuovo padrone Cile, e composta da personale delle Forze armate e di polizia della repubblica con il comito di coadiuvare la giunta militare in ogni materia ricollegabile alla Sicurezza  Interna ed Estera dello Stato, operando, si legge nel decreto che la istituzionalizza “alle esclusive dipendenze della Giunta”

È il profilo che tra il settembre 1975 e il gennaio 1976 costituisce il Piano Condor- la sua sede operativa è a Buenos Aires – a cui partecipano Cile, Argentina Uruguay, Brasile, Bolivia e dal 1978 anche Ecuador e Perù, e con l’accordo degli Stati Uniti che appunto riprende il modello inaugurato dalla DINA, e del resto il regista operativo dell’operazione è Manuel Contreras Sepúlveda, l’uomo che ha creato DINA).

Il Piano Condor che ha come obiettivo (si legge nel rapporto della prima riunione che avvia il progetto (il 29 ottobre 1975) “la costruzione di una rete di sicurezza anticomunista”. In questa attività il piano di coinvolgimento non sarà limitato alle forze politiche interne «fedeli» così come l’area geografica di azione non sarà solo l’America Latina. Infatti prezioso risulterà il coinvolgimento di esuli cubani anticastristi, di reduci nazisti stabilitisi in America Latina dopo il 1945, di nazionalisti francesi dell’OAS in cerca di protezione, di neofascisti italiani.

È noto il quadro di violenza e di torture messo in atto dalle attività del Piano Condor corredato di sequestri, di rapimento e sottrazione dei bambini neonati dei desaparecidos ma vale la pena leggere la storia di Danila Furci (questo il cognome del padre adottivo torturatore che la sottrae alla madre) Zaffaroni Gatti [pp. 95-101] perché meglio e più efficacemente di molti altri descrive il meccanismo contorto che non si risolve solo con la fine della dittature, ma che marca la vita anche dopo di molte persone.

Tuttavia tra i molti elementi che fanno de Gli artigli del Condor un libro indispensabile da leggere è negli aspetti che quella vicenda ha oltre i suoi confini.

A lungo abbiamo avuto l’immagine di una repressione e di una violenza che erano «locali». La ricostruzione che propongono Cardozo e Franzinelli allarga il quadro: da un parte c’è un’attività che si volge soprattutto verso l’Europa e che colpisce i quadri antigolpisti, democratici e socialisti in esilio, senza risparmiare minacce anche alla vita di figure politiche europee (tra queste, per esempio il socialdemocratico svedese Olof Palme) che promuovono campagne contro l’attività di tortura e di sterminio dei regimi golpisti, dall’ altro l’utilizzo e il coinvolgimento di figure del terrorismo nero tra anni ’60 e primi anni ’80. tra questi alcune figure note della strategia della tensione italiana, per esempio Stefano Delle Chiaie.

Quando ripercorrerà nel 2012 l’arco delle sue attività nel suo libro di memorie L’aquila e il condor, Delle Chiaie semplicemente ometterà molte cose, tra cui l’organizzazione e l’esecuzione con Pierluigi Concutelli, dell’attentato compiuto a Roma il 6 ottobre 1975 contro l’esule democristiano cileno Bernardo Leighton Guzmán)

Le pagine che Cardozo e Franzinelli dedicano a Stefano Delle Chiaie e più in generale alla area dell’italiana della cosiddetta “Internazionale nera” [pp. 152- 173] da questo lato sono molto interessanti perché consentono di riscrivere una versione accreditata di cavaliere votato all’idea.

Una componente essenziale di quell’idea fan perno intorno al concetto di «tradizione» (un principio che nel vocabolario di Delle Chiaie si incontra con quello del forte nazionalismo e tradizionalismo diffuso in America Latina e nella spagna franchista in «guerra verticale» con l correnti che in quegli anni soprattutto nell’area latino-americana ruotano intorno alla riflessione della «teologia della liberazione». Un catechismo per quella battaglia, per Delle Chiaie è Orientamenti di Julius Evola. È significativo, ricordano Cardozo e Franzinelli che delle Chiaie faccia tradurre a sue spese quel testo in spagnolo una volta trasferitosi prima in Cile, e poi nell’Argentina di Videla, alla metà degli anni ’70, quando inizia a collaborare attivamente e strutturalmente con la DINA.

Un percorso che vede anche altri protagonisti negli stessi anni. Per esempio il genovese Emilio Carbone, o anche una figura inquieta come Pier Luigi Pagliai. Una storia di cui ci sono molte tracce che Cardozo e Franzinelli ci forniscono e su cui ancora c’è molto da scrivere.

 

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