Storia
La resistenza perfetta, un libro che si fa leggere
Un castello, una donna giovane nobile che guarda e partecipa agli eventi, le bande partigiane, i repubblichini. Tutti con nome e cognome, ma soprattutto in un luogo preciso con un nome, attraverso le parole, vere dei protagonisti: eroi e antieroi, i cattivi e i buoni. Al centro i sentimenti, le ragioni e le passioni, tra questi la violenza, il senso dell’esercizio della violenza.
Il problema quando si parla e si racconta la violenza, quella subìta e soprattutto quella esercitata non è se si tace su un particolare, è l’esposizione del proprio atto. Così è per “Zama”, Gagno”, comandante gappista, “Balestrieri” quando sparano e uccidono.
Così anche per Natale Novena, capo dei repubblichini della zona, un uomo cui sono attribuiti quasi 200 omicidi.
Ne scelgo due in cui è protagonista, non perché siano più estremi di altri ma perché sono significativi di come noi tratteniamo l’idea e l’immagine della violenza. Ovvero di come la eleviamo a simbolo.
Un tempo la scena madre sarebbe rimasta quella della morte di Giovanni Spadafora – “Lampo” – , prima sfigurato con u un pugno di ferro, poi “gli cavarono gli occhi” .
Sono convinto che la scena madre che oggi ci rimane in mente sia un’altra, perché oggi la immagine della violenza che abbiamo di fronte mette in gioco altri fattori. Credo che sia quella in cui Novena arma il figlio tredicenne e gli dice di fronte a un partigiano che sta per uccidere : «vai, dilettati anche tu».
Isis non ha inventato niente e a voler cercare la primogenitura di quello che consideriamo fuori o estraneo alla nostra storia si fanno sempre scoperte imbarazzanti.
Tutto questo e molto altro si trova ne La Resistenza perfetta (Feltrinelli) di Giovanni De Luna.
La Resistenza perfetta è la storia di venti mesi di Resistenza attraverso un diario che narra una storia vera, ma che poi non si accontenta di accompagnare quel diario con delle considerazioni a margine.
Così De Luna fa incontrare tutte le componenti della scena dei 20 mesi della guerra civile. La Resistenza perfetta non è la cronaca piatta dei fatti. E’ la storia, per certi aspetti una perfetta storia locale in cui stanno tutti.
Una storia che De Luna mette insieme attraverso il diario di Leletta, la figlia dei baroni proprietari del castello, e che poi arricchisce di molte fonti: i diari di molti dei personaggi che entrano ed escono dalle pagine del suo libro; le cronache locali, ma anche le voci degli uomini di montagna e dei contadini che spesso subiscono una guerriglia e una violenza a casa loro e hanno il problema di salvare il poco che possiedono (più spesso l’animale da cui traggono tutto); gli occupanti tedeschi, ma soprattutto gli altri italiani che stanno nella guerra civile: quelli di Salò.
In mezzo ci sono quelli che assistono e le molte volte che essi compiono la scelta di dove collocarsi. Infatti, se è vero che la scena dell’8 settembre è la madre di tutte le scelte, la scelta è un’esperienza diacronica e spesso biunivoca.
Nella Resistenza come a Salò si entra e si esce, si aderisce e si passa dall’altra parte varie volte, si passa di qua e di là per vari motivi.
Ogni volta è vera la scena della riga per terra che segna Barbato, Napoleone Colajanni, l’altro grande protagonista insieme a Leletta di quest’ affresco: chi vuole entrare in banda deve attraversare la riga. Non perché indietro non si possa tornare, (anche se questa è l’iintenzione: compiere un atto per interdire la possibilità di revoca) ma perché una volta passato quel confine fino a che si resta dalla parte scelta non ci sia possibilità di dubbio.
Poi passati i venti mesi, ognuno riprende la sua strada, spesso senza più reincontrarsi, perché la nuova Italia non rende più possibile, mettere insieme le vite. Rimane il rispetto, ma finito il tempo eccezionale ognuno riprenderà la sua strada. In questo senso il tempo della Resistenza è un tempo altro, che ha regole sue, come quello di tutte le guerre civili.
La Resistenza perfetta è un libro che risponde a molte delle domande che ci siamo rivolti sulla narrazione della storia e, forse, ci dice che gli storici sanno ancora raccontare la storia e che, soprattutto, i libri di storia possono avere un futuro. E’ una buona cosa.
Tuttavia è bene prec isare. Non sto dicendo che il libro di storia in quanto tale è destinato a scomparire ma il libro di storia come ci è stato accreditato come libro per tutti: un testo che parli a molti, nella modalità di scrittura con note, citazioni, riflessioni sul metodo e in cui la narrazione sta sullo sfondo perché strutturale è il ragionamento. Un testo, in cui scompaiono intreccio e la esposizione ordinata dei fatti per dare spazio alla narrazione della potenza dell’interpretazione dell’autore. E’ un tipo di scrittura che ha una funzione di scambio dentro un mondo di professionisti. Se prova a varcare la soglia verso il mercato, verso il mondo generico del lettore non ha possibilità di cammino. Forse la pretendeva un tempo, ora quella scrittura è stata in gran parte abbandonata dai suoi lettori di un tempo. Altri non ne ha trovati. Con ciò non muore il libro, appunto, ma quel libro di storia torna ad essere quello che realmente è: uno strumento di discussione per addetti ai lavori.
Se noi storici vogliamo contribuire alla crescita civile degli alfabetizzati fuori dall’acacdemia, dobbiamo battere strade diverse, anche in compagnia di altre competenze che hanno il problema e la preoccupazione di parlare al mondo vasto, variegato e spesso lasciato solo dei lettori.
La Resistenza perfetta prova a offrirci un modo alternativo di raccontare la storia attraverso il libro di storia. Ci riesce. E’ una buona cosa. Almeno per dire che scrivere la storia in modo diverso si può e non è un venire meno al mestiere di storico. Certo La Resistenza perfetta è un testo che non passerebbe mai un concorso in accademia, ma non è questa la sua funzione.
E per noi lettori non accademici che quel libro è stato scritto dandoci molte cose: una storia, un quadro, gli strumenti e i documenti, le inquietudini e passioni di uno storico, il farsi del suo laboratorio. Senza supponenza, con una scrittura partecipata. Il libro di storia per noi, e forse con noi, dando una mano anche al libro di storia di salvarsi con noi.
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