Storia

Il turismo del ‘Duce’

16 Febbraio 2016

Tra Predappio e Riccione ci sono 78 chilometri. E un filo ‘nero’ che le unisce. La prima, accoccolata sulle colline forlivesi,  ha dato i natali a Benito Mussolini. Che riposa nel cimitero cittadino, visitato – ogni anno – da decine di migliaia di nostalgici diretti in Romagna a lucidarne la memoria. La seconda, affacciata sull’Adriatico, grazie al ‘Duce’ – che trascorreva le sue vacanze in una villa a due passi da quello che è ora Viale Ceccarini – ha conosciuto il suo primo successo come meta turistica nazionale. Basta chiedere agli anziani. Che ancora ricordano quando Mussolini planava sull’acqua con ‘e drivulent’, l’idrovolante, o remava sul ‘moscone’ mentre le ‘burdele’ sulla spiaggia stavano a guardare.

Ricordi che, presto, potrebbero rivivere su nel Forlivese in un museo sul Novecento segnato dai totalitarismi. A qualche centinaio di metri dalla casa natale di Mussolini e dalla cripta che ne ospita i resti. Nella ex casa del fascio: uno dei più famosi esempi di architettura razionalista della Romagna, da anni in disuso, e passato al Comune di Predappio lo scorso dicembre.

Che, da tempo, ha in animo di trasformare l’immobile costruito dal regime fascista, nell’ambito di un corposo piano urbanistico, in un centro di documentazione così da rendere la cittadina romagnola un luogo di studio. E, va da sé, di un nuovo turismo, fatto non solo di nostalgia, anniversari in camicia nera e gadget del Ventennio, ma di riflessioni e ricerca.

Idea, questa, mai nascosta del sindaco –  del Pd  – di Predappio, Giorgio Frassinetti. E lanciata in orbita nazionale, oggi, da un articolo de ‘La Stampa’, in cui si svela che il Governo potrebbe mettere sul piatto un paio di milioni di euro, sui circa cinque necessari alla creazione del museo. Opera di cui si parla da tempo – e su cui inevitabilmente ci si divide – e che, nei giorni scorsi, è finita anche sulle pagine dei social media riccionesi. Ma come, si chiede su una bacheca frequentatissima, a Predappio si fa un museo e qui non si valorizza, Villa Mussolini, da poco restaurata? Possibile, in una delle capitali del turismo nazionale?

Interrogativo che ha scatenato nella città rivierasca – finita al centrodestra alle ultime elezioni – un acceso dibattito online tra chi vedrebbe di buon occhio il recupero della memoria anche in chiave turistica e chi, proprio, non ne sente affatto il bisogno. Divisi. Come sempre accade quando al centro del discorso spuntano il fascismo e l’eredità mussoliniana.

Pure nei suoi aspetti più commercialmente istrionici. Se cosi si può dire. Sempre in Romagna, dieci chilometri a nord di Riccione,  il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi ha lanciato, mesi fa, la sua battaglia ai souvenir che rimandano a fascismo e nazismo, raccogliendo il plauso del deputato riminese, Tiziano Arlotti che ha portato il tema in Parlamento sotto forma di disegno di legge.

   “Un’iniziativa “importante e rimarchevole – l’aveva definita Gnassi – perché cerca di contrastare un fenomeno odioso che non va derubricato a fatto folkloristico. La segnalazione dello scorso luglio da parte di due turisti di origine ebraica circa la presenza in esercizi riminesi di bottiglie con le immagini di Mussolini e Hitler – aggiungeva  – e’ stata solo l’ultima di tante alle quali non si può più rispondere con un’ alzata di spalle. Allora avevamo sottoposto ai parlamentari la possibilità di intervenire modificando vecchie leggi riguardanti il reato di ‘apologia del fascismo’,  raccolta prima di tutto e di tutti dall’onorevole Arlotti”. Chissà che non finisca anche questo nel museo di Predappio.

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