Giustizia
Il servitore dello Stato- Falcone – ed il “sistema” Palamara
L’indipendenza e l’autonomia della funzione giudiziaria erano per lui valori ineliminabili. Non equivalevano ad un privilegio di casta, come appare ad alcuni magistrati, né un riconoscimento che declina una sostanziale irresponsabilità, come credono altri. Al contrario egli pensava che autonomia ed indipendenza fossero le gravose responsabilità che la Costituzione ha affidato al magistrato per garantire l’imparzialità del giudizio, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’efficienza della macchina giudiziaria. Giovanni Falcone sentiva l’indipendenza del magistrato come risorsa, come il segno stesso, costitutivo, della sua identità di servitore dello Stato. Chiunque lo abbia incontrato, magistrato o politico che fosse, ha avvertito questa sua ostinazione e la sua ostinazione lo ha reso estraneo e fuori posto, in ogni luogo in cui gli è toccato di stare, tra i magistrati tentati dal potere e tra i politici innamorati dei magistrati quietisti sensibili al comando del potere: così è diventato un intruso da eliminare e calunniare, demolire.
Ecco perché tra i suoi colleghi non era sopportato: troppo scientifico e superiore e, se sbagliava, pagava.
Gli altri Magistrati- quelli del Sistema Palamara-non sono così, gelosi ed irresponsabili: se sbagliano non intendono pagare.
(Foto per gentile concessione del Generale Angiolo Pellegrini, autore del bellissimo libro “Noi, gli uomini di Falcone”).
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