Storia

Il nostro governo non ha il coraggio di chiamare “genocidio” il genocidio armeno

13 Aprile 2015

Una buona capacità di tenere sotto controllo i media si vede anche da questo. Da come, ad esempio, le parole improvvide, diciamo pure scandalose, di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio restano tumulate sotto un fiume di altre parole e timide correzioni, tanto da sparire. Succede che ieri mattina, alla trasmissione Omnibus, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari europei nel Governo Renzi, al secolo Sandro Gozi, se ne esca con una frase che sembrerebbe una battuta infelice, non fosse invece un’affermazione indecente. Dice così, il Gozi: “Credo che non sia mai opportuno per un governo prendere delle posizioni ufficiali su questo tema, per me, ma è la mia posizione personale, lo è stato. Ma un governo non deve utilizzare la parola genocidio”. Che è come dire che il governo non deve dire la verità acclarata dagli storici. Naturalmente, ci sono casi e casi, e sarebbe stato bello chiedere a Gozi come definirebbe, in alternativa alla parola bannata, la shoa ebraica, la tragedia del Ruanda, o quel che successe nei Balcani.

Per la cronaca – tardiva, forse, ma utile da ricordare in futuro – il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha corretto con delicatezza il tiro, non chiamando genocidio il genocidio, ma spiegando però che trovava immotivata la polemica turca nei confronti di Papa Francesco, tanto più che un altro Papa, Giovanni Paolo II, si era espresso in maniera analoga. Contorto, no? Non è che la polemica turca era immotivata visto che quello armeno è stato un genocidio; la polemica turca era sorprendente perché un altro Papa aveva espresso concetti simili quindici anni fa. Renzi È stato invece del tutto zitto, evidentemente per lui basta così.

Da questa storia ricaviamo due massime, entrambe antiche ma certo attualizzate. La prima: la realpolitik esiste, lotta insieme a noi e spesso, contro la verità. Per cambiarne il corso serve forza, coraggio, statura nazionale e internazionale. Non è quella che abbiamo visto in campo oggi. La Turchia è un gigante e un partner commerciale importante, e quindi zitti e mosca. La seconda è che, se Gozi fosse stato un peones leghista o forzista qualsiasi, e al posto di Renzi ci fosse stato Berlusconi, oggi non avremmo parlato d’altro per ore, e come minimo avremmo letto che non basta neppure l’autorità morale di Papa Francesco e l’inaccettabile attacco turco a smuovere le coscienze dei nostri politicanti. Oggi, invece, non abbiamo letto nulla.

Piccola nota di – si fa per dire – consolazione: il governo tedesco, che pure è discendente di quel Reich che in quella drammatica vicenda ebbe più di qualche responsabilità, non parteciperà con le sue prime file, il prossimo 24 Aprile, alle celebrazioni per il centenario del genocidio. Non ci saranno Angela Merkel né il ministro degli esteri. Non è piccola solo l’Italia, stavolta. È piccola, ancora una volta, l’Europa.

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