
Storia
Il giorno del ricordo: occasione mancata per la conciliazione nazionale
Sabato 5 ottobre scorso, davanti alla sede del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Gorizia, è stato inaugurato un pannello commemorativo dedicato a Norma Cossetto (1920-1943) e Milojka Štrukelj (1925-1944), due giovani studentesse dell’istituto che, pur appartenendo a contesti ideologici differenti, furono entrambe vittime della violenza della Seconda guerra mondiale. L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Gorizia, nasce con l’intento di rendere omaggio alle due figure e di promuovere una memoria condivisa, capace di superare le divisioni storiche e politiche che ancora oggi segnano il dibattito sulle vicende del confine orientale.
L’evento è stato annunciato dal Comitato provinciale di Gorizia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, e il sindaco Rodolfo Ziberna ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa con queste parole: «Sarà il primo luogo in cui italiani e sloveni si incontreranno insieme per ricordare Norma Cossetto come descritta sul pannello trilingue, cioè “seviziata ed uccisa dai partigiani comunisti jugoslavi del Maresciallo Tito”, unitamente alla motivazione con cui il Presidente Ciampi le conferì la medaglia d’oro al merito civile alla memoria: “Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”».
Accanto alla figura di Norma Cossetto, il pannello ricorda anche Milojka Štrukelj, una giovane goriziana di diciannove anni che partecipò attivamente alla resistenza jugoslava contro l’occupazione nazista. Milojka fu catturata e uccisa dai nazisti nel corso di un’azione militare, diventando un simbolo del sacrificio del popolo sloveno nella lotta per la liberazione. La scelta di commemorare entrambe le giovani donne rappresenta un tentativo di riconoscere le sofferenze vissute da italiani e sloveni durante il conflitto e di promuovere una visione storica che non sia parziale, ma che abbracci la complessità degli eventi.
Negli ultimi anni, la memoria del confine orientale è stata spesso terreno di scontro politico, con opposte fazioni che hanno enfatizzato le sofferenze di una parte senza considerare quelle dell’altra. Il “Giorno del Ricordo”, istituito nel 2004 per commemorare le vittime delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata, è stato talvolta strumentalizzato, diventando occasione di divisioni piuttosto che di riflessione comune. Tuttavia, se si vuole davvero costruire una memoria condivisa, è necessario ricordare non solo le vittime italiane della violenza jugoslava, ma anche quelle slave che subirono la repressione italiana.
La violenza che si abbatté sul confine orientale non fu solo il risultato di una guerra politica tra fascismo e comunismo, ma anche di una profonda lacerazione etnica, alimentata da decenni di nazionalismi contrapposti.
L’Italia fascista avviò un processo di italianizzazione forzata che colpì duramente la popolazione slovena e croata, negando loro diritti linguistici e culturali, mentre la Jugoslavia comunista, dopo la guerra, rispose con una brutale repressione nei confronti degli italiani considerati nemici del nuovo regime.
Non si possono dimenticare l’esodo forzato di centinaia di migliaia di italiani dall’Istria, dalla Dalmazia e dalla Venezia Giulia, le difficoltà affrontate dagli esuli una volta giunti in Italia e il lungo silenzio che per decenni ha circondato la loro tragedia.
Allo stesso tempo, è doveroso riconoscere che anche la comunità slovena ha subito persecuzioni e sofferenze, spesso ignorate da una certa narrazione politica. La memoria storica deve essere capace di riconoscere tutte le vittime, senza distinzioni ideologiche o nazionalistiche.
L’iniziativa di Gorizia rappresenta un tentativo concreto di superare queste contrapposizioni, attraverso un gesto simbolico che unisce due giovani donne il cui destino è stato segnato dalla guerra e dall’odio politico. Il riconoscimento del dolore vissuto da entrambe le comunità è un passo fondamentale per costruire un futuro basato sulla comprensione e sul rispetto reciproco.
L’auspicio è che commemorazioni come questa possano contribuire a trasformare il “Giorno del Ricordo” in un momento di vera riconciliazione, anziché in un’occasione di divisione. Non deve essere una giornata di accuse reciproche, ma di riflessione comune sulla complessità della nostra storia. Sebbene il cammino verso una memoria condivisa sia ancora lungo e difficile, è fondamentale continuare a lavorare per una riappacificazione con il passato, un obiettivo che il popolo italiano sente con urgenza.
Il confine orientale italiano è stato per secoli un crocevia di popoli, culture e tradizioni diverse. L’intera “Felix Austria”, l’antico impero asburgico, ha rappresentato un esempio di convivenza e integrazione, un modello che oggi può ancora offrire spunti di riflessione. La storia di figure come il presidente ceco Pietro Pellegrini, nipote di un trentino, o il grande statista Alcide De Gasperi dimostrano come sia possibile costruire ponti tra le nazioni, valorizzando le radici comuni anziché le divisioni.
L’esperienza dell’Impero asburgico insegna che la prosperità nasce dall’integrazione e dal dialogo, non dalla contrapposizione. Questo insegnamento dovrebbe essere alla base della costruzione di un’Europa sempre più unita nella diversità, capace di superare i conflitti del passato per guardare con fiducia al futuro. Solo attraverso il riconoscimento delle sofferenze di tutti e un dialogo aperto tra le comunità sarà possibile ricucire le ferite della storia e costruire una memoria realmente condivisa.
Il pannello commemorativo inaugurato a Gorizia non è solo un tributo a due giovani donne tragicamente scomparse, ma un simbolo di questa volontà di riconciliazione. La speranza è che iniziative simili possano moltiplicarsi, contribuendo a una narrazione storica più equilibrata e inclusiva, che tenga conto delle sofferenze di tutti e che sia in grado di promuovere un’autentica cultura della pace.
Devi fare login per commentare
Accedi