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Il fragore del tuono
Rumore di tuono (A sound of thunder) è un racconto fantastico di Ray Bradbury del 1952. Lo ripropongo oggi perché il 2019 che volge al termine è, casualmente, senza alcuna intenzione, citato nel racconto e, se ogni cosa, come spesso vien detto, non avviene per caso – ma di questo ne discuteremo in seguito -, potrebbe essere un segnale.
In questo breve racconto si parla di viaggi nel tempo, il sogno di ogni uomo che ami l’avventura, che senta scorrere lungo la schiena il brivido eccitante di poter influire sul passato e quindi sul futuro. Ed è proprio ciò che succede nel racconto, da cui è stato tratto un film nel 2005, Il risveglio del tuono, in italiano, diretto da Peter Hyams, con una sceneggiatura ampliata e un po’ diversa, in modo da soddisfare l’appetito insaziabile del pubblico odierno per i mostri e gli effetti speciali. E, naturalmente, per le catastrofi.
Il racconto, invece, lo trovo sempre più intrigante perché fa parte di quei futuri distopici che non esistono ma che potrebbero esistere, stimolando pertanto la fantasia del lettore e coinvolgendolo, anche facendogli prendere le parti di questo o quel personaggio, senza essere condizionato da immagini filmiche spesso amplificate dalla perversità tutta hollywoodiana dell’esagerazione.
Nel 2055, tra restrizioni assai severe e pagamenti inimmaginabili, una ditta di Chicago (probabilmente, anche se viene citato solo l’Illinois), Safari nel tempo INC. , offre a ricchissimi cacciatori la possibilità di ammazzare un Tyrannosaurus rex, il più feroce mostro della Storia. Un certo Eckels, cacciatore professionista, legge le promesse incise sulla targa della compagnia di viaggi ed entra per comprare un safari preistorico. L’impiegato, freddo, sprezzante e determinato, gli para davanti i limiti che comunque questo safari pone, ossia non interagire assolutamente e per nessuna ragione coll’ambiente naturale intorno, con penali stratosferiche se anche una sola regola verrà disattesa. La personalità di Eckels, intervistato dall’impiegato, è ciò che oggi diremmo “assai disturbata”, un tronfio riccone che sottovaluta tutto perché non conosce niente e non si rende conto dell’importanza dei dettagli. Ricorda vagamente il tono di certe interviste a Briatore che di tanto in tanto vengono fatte qui e là in tv per attrarre pubblico ma che sono totalmente anodine per l’inutilità delle cose dette. Comunque Eckels viene accettato, anche perché ha pagato profumatamente assumendosi anche la possibilità delle penali, e, dopo pochi istanti, inizia il viaggio a ritroso nel tempo insieme ai suoi compagni di avventura. Una volta giunti nel Giurassico i capi spedizione ricordano con dovizia di particolari ai cacciatori partecipanti perché non devono uscire al di fuori di uno stretto corridoio in metallo antigravità sterilizzato che non sfiora neanche i prati primordiali, in modo da non interferire mai e poi mai colla natura e creare quindi possibili alterazioni dell’avvenire. I partecipanti possono sparare solamente ad alcune bestie destinate, dietro accorti studi temporali della compagnia, a morire pochi minuti dopo l’abbattimento dei cacciatori, comunque per cause naturali, sempre collo stesso scopo di non alterare il futuro. Le bestie saranno contrassegnate da una vernice rossa sparsa sugli animali (?) da impiegati in un viaggio immediatamente precedente a quello comprato dai ricchi cacciatori. Per nessuna ragione nessuno deve uscire dalla pedana né toccare alcunché, altrimenti l’effetto a catena potrebbe interagire e modificare in maniera imprevedibile il futuro dove tutti i partecipanti e i due capi spedizione vivono.
Naturalmente Eckles, da buon cretino, si fa prendere dal panico ed esce dal corridoio, ma gli altri se ne accorgono solamente alla fine, tutti presi dalla caccia al tirannosauro, in modo da farla finire senza morti e feriti. E lì, in un’azione apparentemente minima, si cambia il volto della realtà: Eckles ha infatti pestato una magnifica farfalla preistorica che, probabilmente, sarebbe stata preda di un predatore o che avrebbe fecondato determinate piante che si sarebbero moltiplicate e avrebbero nutrito o comunque determinato il futuro di alcune specie e non di altre in una catena che si sarebbe sviluppata esponenzialmente in sessanta milioni di anni. Non vi dico come va a finire per non togliervi il piacere della lettura, e poi è un racconto breve, non ruberà tempo prezioso alle vostre faccende quotidiane ed equivarrà al tempo necessario per leggere un inutile articolo su questo o quel politico che ha detto peste e corna di quell’altro. Meglio leggere un racconto che, per effetto farfalla, potrebbe influire sul vostro futuro spingendovi a ragionare.
L’effetto farfalla. Alcuni fanno risalire l’effetto farfalla proprio a questo racconto di Bradbury ma in realtà il concetto era stato esposto due anni prima, nel 1950, dal matematico britannico Alan Mathison Turing, nel suo lavoro Macchine calcolatrici e intelligenza (Computing machinery and intelligence) dove dice specificamente:
“The system of the “universe as a whole” is such that quite small errors in the initial conditions can have an overwhelming effect at a later time. The displacement of a single electron by a billionth of a centimetre at one moment might make the difference between a man being killed by an avalanche a year later, or escaping. “ 5. UNIVERSALITY OF DIGITAL COMPUTERS
“Il sistema dell’ universo come un tutto è tale che minimi errori nelle condizioni iniziali possono avere esiti incontrollabili in un momento posteriore. Il dislocamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, in un dato momento, potrebbe marcare la differenza tra (due eventi come) la morte di un uomo rimasto ucciso da una valanga un anno dopo, oppure la sua sopravvivenza.” Cap.V – UNIVERSALITA’ DEI CALCOLATORI DIGITALI
Ricordate Turing? Fu l’inventore del protocomputer, chiamato Bomba, che quel genio utilizzò per decrittare i messaggi dei nazisti, creati invece colla macchina Enigma, e che divenne un elemento fondamentale per capire e vincere la logistica tedesca. Essendo omosessuale, Turing fu ricattato e perseguitato dal governo britannico e, pur avendo contribuito in maniera così sostanziale alla vittoria, si suicidò per le angherie subite per l’assurdo pregiudizio e l’abietta morale vigente nel suo paese. Non molto migliori dei nazisti, alla fine, i governanti britannici. Ne fu fatto un gran bel film nel 2014, The Imitation Game, del regista norvegese Morten Tyldum, con un incommensurabile Benedict Cumberbatch nella parte di Turing.
Bisognò comunque aspettare il 1963 perché si parlasse per la prima volta di effetto farfalla. Fu il matematico e, badate bene, climatologo, americano Edward Lorenz, a esprimere la metafora della farfalla. In realtà nel documento originale Lorenz parlava delle ali di un gabbiano ma, in conferenze e interventi successivi la farfalla apparve retoricamente più convincente, proprio per l’impalpabilità dell’amabile bestiolina, equiparabile, in scala, allo spostamento dell’elettrone di Turing. Nel 1972, in pieno fervore climatico dopo la Giornata della Terra del 1970, un suo rapporto all’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza, a Washington, si intitolava proprio così: Il battito d’ali d’una farfalla in Brasile può causare un tornado in Texas? (A butterfly flapping its wings in Brazil can produce a tornado in Texas). La minima variazione del sistema causato dal battito d’ali della creaturina si ripercuote a catena sugli eventi immediatamente prossimi e li influenza in una direzione e non in un’altra. Cosa? Solamente il battito d’ali di una farfalla può cambiare le sorti degli uragani? Figurarsi se le farfalle a battere le alucce sono miliardi! Ecco fatta la Teoria del Caos.
Proviamo a fare noi, stavolta, un viaggio a ritroso nel tempo, su antichi banchi scolastici, quando il professore di Storia e Filosofia parlava degli empiristi britannici, Hume in particolare, e poi di Kant, e via via delle correnti romantiche e poi positiviste dell’Ottocento fino ai moderni pensatori. Inevitabilmente matematica e filosofia sono strettamente correlate, in quanto i sistemi analizzati hanno una struttura assolutamente matematica.
David Hume, forse il più radicale degli empiristi, per esempio, ribaltò il concetto stesso di necessità, almeno per quanto riguardava il rapporto tra causa ed effetto: non è assolutamente necessario che a una causa corrisponda un effetto, perché quest’ultimo è solo il frutto di una casuale connessione con un evento. Noi costatiamo, in seguito ad esperienze, che a una causa di solito corrisponde un determinato effetto e quindi prevediamo che, se una causa produce un evento, il risultato sia quello, ma in realtà potrebbe anche non accadere, non è necessario che avvenga. È l’abitudine associativa che può trarci in errore ed è per questo che, secondo Hume, era impossibile arrivare a leggi naturali universali. Ma Hume ormai è archeologia…
Effettivamente, se ci pensiamo bene, noi abbiamo solamente una conoscenza relativa e lacunosa degli eventi iniziali perché è impossibile conoscerli tutti ed è ancora più impossibile calcolare le innumerevoli conseguenze successive e le loro interazioni, forse solo un computer quantistico potrebbe avvicinarsi a un calcolo del genere e noi, probabilmente, non avremmo una vita così lunga per decifrarlo e codificarlo in legge naturale.
Quello che io mi chiedo è se Greta e i suoi adepti si rendano conto di questi piccoli dettagli e di come voler modificare un sistema caotico per tornare a una purezza idealizzata, alla fine, potrebbe rivoltarsi contro l’umanità stessa che già ci mette abbastanza del suo per modificare il pianeta, non sempre in bene, va detto. Perché, ad una più attenta analisi, sono proprio i modelli su cui sono state elaborate queste teorie catastrofiste a mostrarsi fallaci. Nessuno ha spiegato alla fanciulla, che fa della sua crociata lo scopo della sua vita infantile, che la fisica funziona diversamente da come lei crede e, soprattutto, rischia di non capirlo mai se non va a scuola e qualcuno le spiega per bene la matematica e la fisica, la Teoria del caos, il determinismo, l’indeterminismo e come tutte queste sapienze si siano sviluppate ed evolute da Platone e Aristotele attraverso Al-Ghazali, Occam, Cartesio, Galileo, Keplero, Leibniz, Locke, Hume, Laplace, Kant, e così via, per arrivare ai matematici e filosofi moderni.
Anche Darwin, studiando la natura, arrivò a capire che è una casualità e non una necessità a determinare le mutazioni genetiche e che le variabili interagenti sono infinite e non determinabili. Noi siamo solo cronisti del passato, alla fine. Voler determinare il futuro di qualcosa di incontrollabile come il clima è una dimensione letteraria ma assolutamente imprecisa perché le variazioni minime, indipendenti dalla nostra volontà e casuali, possono interagire e sconvolgere i modelli che abbiamo costruito il giorno prima rendendoli obsoleti e, addirittura, ottenere l’effetto opposto.
Agostino Zichichi, uno dei cinquecento scienziati firmatari di quel famoso documento in opposizione alla maggioranza catastrofista, pur ineffabile caricatura che all’epoca ne fece, con ironia tutta toscana, Margherita Hack, ha detto una cosa sacrosanta – che avrebbe approvato, da scienziata, anche Hack – sebbene in un’intervista (ahimè, purtroppo è così, se ne sono impadroniti loro per primi) rilasciata al giornale Il Primato Nazionale: “Greta non dovrebbe interrompere gli studi, come ha detto di voler fare, per dedicarsi alla battaglia ecologista: dovrebbe tornare in quella scuola, e dire che bisogna studiare la matematica delle equazioni differenziali non lineari accoppiate, e le prove sperimentali necessarie per stabilire che quel sistema di equazioni descrive effettivamente i fenomeni reali legati al clima. Greta dovrebbe dire che la scienza va insegnata fin dalle scuole elementari, mettendo in evidenza che siamo l’unica forma di materia vivente dotata di quella straordinaria proprietà cui si è dato il nome di ragione. È grazie alla ragione che abbiamo scoperto: linguaggio, logica e scienza.”
Come si fa a non essere d’accordo? Quando poi si ripensa anche al fatto che Lorenz fosse un climatologo e matematico e avesse formulato il famoso effetto farfalla… Ciò non ha niente a che vedere colla lotta all’inquinamento e al miglioramento delle condizioni di vita per l’uomo, su cui ci sarebbe da discutere per anni, ma concentra l’attenzione sul metodo da seguire per arrivare a mettere insieme con criterio i frammenti delle cose che conosciamo e che potrebbe capovolgere il punto di vista. Perché ci sono molte altre cose che ancora non sappiamo e di cui non possiamo parlare, io credo. Anche Margherita Hack, enorme scienziata e convinta ecologista, lo diceva continuamente: studiare serve a questo, ad aumentare le nostre conoscenze proprio perché molte cose ancora le ignoriamo, siamo, in fondo, degli osservatori.
Ma è difficile mettere a tacere l’emotività (accoppiata alla superficialità) tipica dell’infanzia e pericolosamente debordante ormai anche nella maturità, soprattutto in un’epoca in cui non ci sono, o, meglio, non si vogliono vedere, delle battaglie per cause condivisibili universalmente: chi oserebbe mai dire che lottare per la causa ambientale è una cosa cattiva? Si passerebbe immediatamente dalla parte del torto e, naturalmente, dei fascisti, degli irresponsabili, degli oscurantisti, dei cinici, che è esattamente il lavoro che l’informazione mainstream fa quotidianamente, lavorando sempre sul modello antico e di grande successo del manicheismo. E quindi si dirottano cause ed effetti del cambiamento climatico senza riflessione ma seguendo una romantica e mistica emotività, confondendo tutto e rendendo ancora più difficile un approccio logico al problema, che esiste, certo, ma contro cui possiamo fare assai poco se non adattarci, come l’uomo ha sempre fatto nel corso del tempo. Modificando e limitando, per esempio, i surplus energetici abitativi e capendo come fare per arginare inondazioni o altri inconvenienti, rendendo il territorio meno vulnerabile, rendendosi conto di aver costruito dove forse non si doveva per poi lamentarsi dello sprofondamento nell’oceano o della fragilità dei manufatti, attribuendo così imprecisamente le cause ad entità fatalmente astratte e, in qualche maniera, puerilmente personificate. E, soprattutto, limitando la sovrappopolazione. Il rifiuto romanticamente titanico per l’aereo da parte di Greta, la quale potrebbe nel frattempo aspettare che il gelo invernale produca un comodo corridoio di ghiaccio tra Alaska e Russia per poter arrivare in Europa prima in slitta trainata dai cani, anche se farebbe male alle povere bestiole che però non inquinano, e poi a bordo della transiberiana, quasi un Occident Express, e successivamente con mezzi non inquinanti a casuccia sua, potrebbe per lei significare anche questo, forse, nell’indeterminazione dell’indeterminismo: una romantica e lunga, senza tempo, via di fuga dalla realtà. O forse qualche altra cosa. Di certo chi la protegge e la ispira sta facendo un lavoro dannosissimo su di lei. Madrid addio, in ogni caso.
Se a qualcuno di ’sti giovani, invece, importasse manifestare per i Curdi, per i Siriani, per i Libici, per tutti i popoli in estinzione dell’Amazzonia, per tutti i popoli africani e asiatici sfruttati da più parti e annichiliti da condizioni di vita proibitive determinate dai traffici dei governi di paesi ricchi e meno ricchi ma bramosi di potere e di controllo e, forse, chissà, anche traffici di alcuni finanziatori di Greta e dei suoi ideali romantici, si faccia pure avanti. Avete sentito forse mai qualcuno di codesti rabacchioli (mi si perdoni il toscanismo per petit enfant) che sciopererebbe il venerdì per i Curdi assediati da tutti? Silenzio perfetto (chi parla uno schiaffetto, chi dice una parola, va fuori dalla scuola!). Rimembranze di un dinosauro, non tirannico e tanto meno regale.
© novembre 2019 Massimo Crispi
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