Storia
Il fascismo è finito il 25 aprile?
Tre i punti su cui lavora Mimmo Franzinelli in questo libro:
- il processo di continuità dello Stato dopo il 25 aprile (ovvero apparati di polizia, magistratura, burocrazia; …)
- La strategia della tensione e la commistione tra area dell’estrema destra e apparati dello Stato in funzione di un rovesciamento della democrazia e in continuità con una idea fascista dell’Italia contemporanea;
- il radicalismo postfascista a partire dagli anni «doppiozero».
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Rispetto alla prima questione Franzinelli riprende sia le conclusioni di ricerca già percorse da Marcello Flores negli anni ’70 [si veda il suo saggio dal titolo L’epurazione in L’Italia dalla liberazione alla repubblica, Feltrinelli, Milano 1977, pp. 413-467; le riflessioni sul tema della amnistia Togliatti del giugno 1946 [già indagate e storicamente ricostruire nel suo L’amnistia Togliatti. 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti, Feltrinelli] e, soprattutto il profilo concettuale proposto da Claudio Pavone già all’inizio degli anni ’70 con il concetto di «continuità dello Stato».
Con questa categoria Pavone non intende immobilismo. Pavone su questo tema è tornato più volte. In un testo che scrive nel 1999 che per certo aspetti si può considerare conclusivo rispetto alla prima formulazione del tema della “continuità” da parte sua nel 1973 scrive:
«Continuità non significa immobilità. I mutamenti avvenuti nella società italiana dalla caduta del fascismo ad oggi sono vasti e profondi, e anche le istituzioni pubbliche sono state necessariamente influenzate da quei comportamenti. Il tema del mio discorso potrebbe pertanto essere formulato anche nel modo seguente: quale ruolo hanno svolto le continuità istituzionali nell’evoluzione e nelle contraddizioni della società italiana postbellica. Anche a livello di culture e di comportamenti, sia individuali che di gruppo, esistono vischiosità e sovrapposizioni del vecchio e del nuovo».
In altri termini: continuità significa rimettere in discussione il nesso rigidamente inteso tra Resistenza e Repubblica ed esaminare gli intrecci più o meno evidenti tra il «vecchio» e il «nuovo», nonché le relative «vischiosità» e «sovrapposizioni».”
L’oggetto storiografico della continuità non è né la rivoluzione mancata, né la sconfitta, i temi e le cose che nell’evento Resistenza si sono espressi e che poi non hanno avuto l’opportunità di restare e di consolidarsi. Senza dimenticare che continuità non riguarda solo “la legalità dei vertici dello Stato e la continuità degli apparti statali”, ma molte di quelle strutture che Louis Althusser denominava “apparati ideologici di Stato” come Chiesa, partiti, famiglia, carceri, ospedali, scuola,… In questo senso la continuità dello Stato, più che una categoria per analizzare l’apparato è una spia indiziaria, suggestiva, dell’antropologia della politica in Italia e del rapporto tra cittadino e Stato.
Seconda questione: la strategia della tensione.
Forse è il terreno più frequentato non tanto dalla storiografia, ma dalla pubblicistica e dalla controinchiesta giornalistica degli ultimi 50 anni. Tema tornato di nuovo in rilievo a nel 2019, a cinquant’anni dagli attentati del 12 dicembre e su cui Paolo Morando [Prima di Piazza Fontana. La prova generale, Laterza] ha fornito una ricostruzione esaustiva e completa. Tema su cui ancora in questi giorni si è tornati a scrivere in coincidenza con la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Bologna lo scorso 6 aprile. Sentenza di ergastolo per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale accusato di concorso nella strage, con un anno di isolamento diurno e riconosciuto, con questa sentenza, come quinto attentatore, in concorso con i Nar condannati in definitiva, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e, in primo grado, Gilberto Cavallini.
Per quanto riguarda gli altri imputati, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel è stato condannato a 6 anni per depistaggio, come chiesto dall’accusa, mentre per Domenico Catracchia, l’ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, imputato per false informazioni ai pm, la pena decisa dalla corte è di 4 anni, superiore ai tre anni e sei mesi chiesti dalla procura generale.
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Terza questione.
La questione del profilo culturale e politico delle espressioni di destra radicale in Italia che rispetto alla memoria del fascismo o della glorificazione del regime fascista sempre più esplicitamente fanno riferimento.
A differenza del modello neofascista dell’immediato secondo dopoguerra, o della dimensione di “nostalgia” propria degli anni ’60 e ’70, almeno nelle sue espressioni di maggioranza, Franzinelli insiste nel quarto e nel quinto capitolo del suo libro su due aspetti spesso trascurati: da una parte le culture simboliche di cui la destra radicale, ma spesso anche componenti significative delle destre parlamentari (tanto LN come FDI) si nutrono insistendo, per esempio, sul cambio del linguaggio dell’egemonia culturale che esercitano.
Un esempio per tutti «Prima gli italiani» slogan che parola d’ordine che comunemente associamo alla Lega nel tempo di Matteo Salvini o al linguaggio di FDI ha la sua origine e il suo «laboratorio di creazione» nell’area di Casa Pound.
Il secondo aspetto riguarda la diffusione delle forme di controllo di territorio e dell’uso della violenza – minacciata o praticata che riguarda culture politiche e luoghi del Paese. Due dati per tutti. Il primo è un luogo: La Verona, prima di Flavio Tosi poi di Federico Sboarina, come ha ricostruito anche Paolo Berizzi, con È gradita la camicia nera, testo che consente di riflettere su tematiche diverse. Ne indico almeno tre.
- La prima, la più immediata, è quella del rapporto tra memoria del passato e convinzioni politiche.
- La seconda è quella tra egemonia politica in relazione all’amministrazione di un territorio e la convinzione che quella egemonia non dia possibilità ad altri attori di discutere liberamente su quel territorio. In altre parole un esercizio di governance autoritaria di quel territorio.
- La terza, come ha notato Steven Forti : la crisi profonda dei conservatori democratici in Europa e che in Italia costituiscono in alcune aree la classe politica che ci mette la faccia, mentre i contenuti o il «discorso politico» ce lo mettono altri in cerca di legittimazione.
Questa legittimazione, osserva Franzinelli è in corso d’opera.
Riguarda tanto la presa di spazio attraverso azioni (di cui l’assalto alla sede centrale della CGIL lo sorso 9 ottobre sarebbe un sintomo significativo, comunque un atto che stabilisce un “prima” e un “dopo”) e, soprattutto la diffusione di un senso comune che fa del fascismo un regime se non buono, almeno “possibile” segnato da molti elementi: il giudizio sulla figura e l’opera di Italo Balbo o di Giuseppe Bottai, e la conferma del conferimento della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini negli anni ’20 e’0 , ovvero nel tempo del regime, da parte di molte città e amministrazioni locali, riconfermate in questi ultimi due anni da realtà locali amministrate sia da maggioranze di destra o di centro destra come di centrosinistra.
Il che apre una questione non solo di analizzare il radicamento politico e la diffusione (da valutare quale effetto avrà la configurazione del voto presidenziale francese dopo il ballottaggio che avverrà, significativamente, il prossino 24 aprile), ma anche in quale clima culturale ed emozionale noi stiamo per entrare nel tempo del centenario della marcia su Roma che prevedibilmente avrà un impatto mediatico molto forte nell’opinione pubblica.
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Tutto questo, senza tralasciare il fatto, di valutare non solo ciò che il centenario della marcia proporrà ma anche per la forza che avrà comparativamente a quella del prossimo 25 aprile. Senza dimenticare di prestare attenzione alla macchina che è prevedibile si metta in moto, in conseguenza del discorso pubblico, nel processo di costruzione della giornata in memoria degli alpini, votata nei giorni scorsi e deliberata per il prossimo 26 gennaio, e che rimette in corsa e conferisce legittimazione e nuova forza, se mai fosse stato in crisi, al «mito del buon italiano». Altro tema su cui forse è il caso di tornare a prestare nuova attenzione.
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