Storia
Il Codice di Camaldoli ha ottant’anni
Il 18 luglio 1943, a pochi giorni dalla fine del regime fascista e mentre l’Italia in guerra sperimentava il dramma della ormai prossima sconfitta, nell’Ospizio dei frati cappuccini a Camaldoli, nel Casentino, con grave rischio personale, si ritrovarono un folto gruppo di intellettuali cattolici per elaborare tesi di indirizzo etico-sociale in attuazione dell’impegno assunto nel precedente gennaio nel corso del Convegno del Movimento dei laureati di Azione Cattolica.
La “Settimana di Camaldoli” che si protrasse fino al 23 luglio e che ebbe come punto di riferimento il “Code social” elaborato dalla Union International des Etudes Sociales di Malines, formulò numerosi e sintetici enunciati che furono successivamente – tra il settembre del 1943 e il maggio del 1944 – sviluppati in un’elaborazione teorica, consistente in principi, dal titolo Per la comunità cristiana, meglio noti come “Codice di Camaldoli”.
Nel lavoro di redazione si impegnarono, come tecnici, Lodovico Montini, fratello del futuro papa Paolo VI, Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni.
La stesura vide tuttavia la partecipazione di Giulio Andreotti, Giuseppe Capograssi, Giorgio La Pira, Guido Gonella, Giuseppe Medici, Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani e molti altri.
I principi di cui si fece portatore Il “Codice di Camaldoli” furono, in primo luogo, la centralità della persona umana come valore indisponibile che precede qualsiasi pretesa da parte della Stato. Era evidente, dunque, la presa di distanza dalle pretese assolutizzanti dello Stato etico nazi-fascista, così come dei regimi comunisti.
Quindi un modello di Stato che persegua la giustizia sociale, come concreta espressione del bene comune nella libertà e nella democrazia.
Ciò che significava il superamento della visione liberale ottocentesca con uno Stato non più assente ma costretto a intervenire, come regolatore dell’economia di mercato, per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per rendere sostanziale l’uguaglianza fra i cittadini e per sostenere la famiglia.
Partendo da questi capisaldi, il “Codice” sviluppava le tematiche relative all’organizzazione dello Stato, la condizione della famiglia, il sistema educativo, il lavoro e le politiche relative, le attività produttive e lo scambio, l’attività economica e, infine, la politica internazionale.
Temi affrontati, salvo quello della famiglia e della politica internazionale perché legati a visioni tradizionaliste cattoliche, con una visione che, per il tempo, potremmo definire molto avanzata e moderna.
Il “Codice di Camaldoli” disegna, in sintesi, il percorso di quella Terza Via che, partendo dal superamento del corporativismo tra i cattolici, rilancia la concezione il tema dell’economia mista, né liberista, né collettivista.
Il Codice di Camaldoli nasce, dunque e in definitiva, come una sorta di Carta di principi per i cattolici impegnati in politica.
Il testo pubblicato nel 1945, influenza, negli anni successivi, fu alla base della proposta cattolica per la scrittura della stessa Costituzione repubblicana e per le scelte di politica economica e sociale indicate, nel corso degli anni, dalla Democrazia Cristiana.
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