Quirinale

Il caldo maggio del ’46

1 Dicembre 2023

Bisogna dire che in quelle settimane che precedettero il voto del 2 giugno 1946, il timore che la campagna elettorale referendaria si potesse trasformare in guerra civile non era assente sia nel governo che negli organi di sicurezza pubblica.

Era più che evidente che alcuni reparti delle forze armate fossero stati pronti ad intervenire nel caso in cui il risultato non avesse arriso alla monarchia come anche erano pronti a scendere in piazza gli operai socialcomunisti delle fabbriche se, invece, il risultato avesse premiato la monarchia.

Ad aprire la cronaca dei disordini ci pensarono il 2 aprile i militanti monarchici di Bari che provocarono disordini, saccheggiarono i negozi.

Nello stesso giorno a Napoli ancora i monarchici assaltarono alcune sezioni socialiste e comuniste e provocando come reazione uno sciopero generale con relativa manifestazione a Piazza del Plebiscito.

A Reggio Calabria, il successivo 3 aprile, veniva ucciso a colpi di pistola il comunista Natale Prattico, candidato alla Costituente.

Altrettanto grave, per il valore della provocazione, è l’incidente di Cerignola dove militanti dell’Uomo Qualunque aprono il fuoco sulla vettura che trasporta il sindacalista Giuseppe Di Vittorio, provocando una reazione che si conclude con un tragico bilancio, a terra restano 3 morti e ben quattordici feriti

Ancora a Napoli, il 15 maggio, lo scontro fra monarchici e comunisti e accompagnato da entrambe dal lancio di bombe a mano che provocarono numerosi feriti alcune dei quali particolarmente gravi. Il 24 maggio, questa volta a Roma, il comizio del generale Bencivenga, esponente monarchico, finisce con uno scontro violento fra la polizia e i manifestanti comunisti che avrebbero voluto impedirlo.

A Messina, poi, si verifica qualcosa di inimmaginabile.

E’ il 27 maggio, a pochissimi giorni dal voto, re Umberto si trova nella città dello stretto, accolto trionfalmente da una folla strabocchevole che inneggia alla monarchia e al suo sovrano. D’un tratto un gruppo di giovani contestatori irrompono nella piazza al grido di “Buffone, buffone” all’indirizzo del sovrano.

Un affronto da lavare col sangue ed a farlo ci pensano i marinai di tre navi da guerra, ormeggiate nel porto, che si danno alla caccia dei contestatori per dar loro una lezione memorabile, a salvare le vittime designate, ci debbono pensare carabinieri e poliziotti che riescono a fermare i marinai a prezzo, però, di numerosi feriti.

E lo stesso 27 maggio, ancora a Bari, una bomba esplode a poca distanza dal palco dov’era in corso un comizio di Togliatti.

Clima incandescente, dunque, che non trova nei protagonisti della campagna elettorale personaggi in grado di spegnere il fuoco delle esasperate passioni politiche.

I monarchici percepiscono, infatti, i segni della sconfitta mentre, dal canto suo, a sinistra si temono brogli tesi a favorire la monarchia.

E lo stesso re Umberto che, alla fine, tenta di svelenire gli animi, a Genova, il 31 maggio il sovrano promette che, laddove la monarchia avesse vinto con un risultato risicato, avrebbe proposto un nuovo referendum per assicurare una scelta pienamente consapevole del popolo italiano.

La proposta, di per sé molto forte, viene tuttavia accolta con freddezza e scetticismo quasi fosse un’uscita propagandistica.

Nelle ultime ore si verificano altri incidenti si verificano, soprattutto nelle città del nord, in attesa che, come scrive nel suo diario Vikilinda Pacchielli Moretti, “la storia, con la esse maiuscola scrivesse, la sua pagina più importante”.

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