Storia

Ieri, ad Atene

10 Dicembre 2022

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Questo testo è stato scritto nei giorni immediatamente successivi al 14º anniversario dell’assassinio dell’allora 15enne Alexis Grigoropoulos, il 6 dicembre 2008. Dopo la manifestazione che ha avuto luogo l’altro giorno, ci sono stati scontri dei manifestanti con la polizia, disordini. Tra le righe, e per un attimo, Atene è tornata ad essere nella sua forma migliore, quella sua più nera, e vera.

Ieri ad Atene, ti sembrava di conoscerle quelle facce, tutte. O, almeno una buona parte. Di quelle facce contano non tanto dettagli, ma alcuni aspetti meno specifici, anonimi: le espressioni, il taglio di capelli, o, ancor di più nel bene e nel male, dei clicheés. Clicheés! Cioè la sigaretta rollata alla perfezione, la frangetta della ragazza dai colori scuri, la barba del giovane vestito di nero e di grigio, e invece i colori più definiti di quell’altro accanto all’angolo opposto del palazzo (una banca al pianoterra) del punto in cui il viale Venizelou si slarga e passa osservando, alla sua destra, i vecchi palazzi dell’università di Atene, e, a sinistra, uno spazio ora pedonalizzato, che fa di quel luogo una piazza nei fatti, il nome è Koraïs, ma che propriamente è una via. Il palazzo all’angolo, avresti imparato con gli anni, è sede del ministero delle finanze della repubblica ellenica. Dicevi delle facce. E intendi anche quelle dei poliziotti, oltre a quelle dei manifestanti, le loro differenze sono in verità così tipiche che non sono distinguibili se non in base al numero dei sottogruppi di persone in cui si raccolgono – la massa sta cioè nello spazio come in minimi gruppetti, 3, 4, o 6 persone forse; oppure in file ordinate nel caso dei poliziotti distribuiti in fila di fronte ai loro camion; quelli non sotto copertura, ovviamente); e si distinguono anche in base alle loro maniere o all’altezza di colui cui appartengono. Per i poliziotti, capelli rigorosamente corti, ove non rasati, e per le altre facce, dell’altro gruppo, capelli vari e piuttosto lunghi. Entrambi i gruppi hanno spesso i nasi affogati negli smartphones. Quello che sembra da qui è che i due gruppi siano distinti dai alcuni tratti non necessariamente umani.

Ieri, ad Atene, era il giorno di Alexis Grigoropoulos, ucciso da un poliziotto nel cuore di Exarcheia, nel centro di Atene. Questa ricorrenza negli anni è diventata tante cose, confronto tra gruppi di cittadini, nel calendario una data che una buona parte dei cittadini, da allora, non ha più potuto ignorare. In buona sostanza, pensieri costanti (dove hai parcheggiato la macchina? A Exarcheia !?! no, spostala, è il 6 dicembre! Oppure, tu ci sei stasera alla manifestazione? O ancora: Usciamo? No, oggi faccio straordinari. Ah sì? Eh certo, è il 6 dicembre! Sono in servizio tutta la sera). Una ricorrenza obbligata  creatasi però in un era non mitologica. Colui che si ricorda è qui un ragazzo cui lo un poliziotto sparò, così, una sera di dicembre del 2008.

Ieri, ma a Salonicco, il giorno prima dell’anniversario di cui parli, è successo di nuovo. Un altro ragazzino in un sobborgo di Salonicco si è preso una pallottola in testa da parte di un poliziotto. Il ragazzo, al momento attuale, è in ospedale e lotta per la vita, mentre gli altri, chi sta da un lato – i vivi – discutono aprono inchieste giustificano o speculano o piangono, e chi dall’altro – i morti – si esprime in modo probabilmente sfuggente sul fatto, e attendono la matematica degli eventi che si succedono. Chi si sentirà di stare in mezzo fra i due gruppi potrà riflettere sul fatto che gli eventi rimano fra di loro, in senso proprio. La parte finale e sonora degli eventi, cioè, si ripete.

Ieri, ad Atene, ma qualche anno indietro, cioè nel 2018, la situazione di partenza era più tesa, la crisi sociale ed economica ancora ufficiale, mi raccontavi che ti trovasti a girare in questo giorno dentro le vie di Exarcheia. E che entrasti un bar, saranno state più o meno le 6 del pomeriggio, come ogni volta il 6 dicembre. All’improvviso, ma pure con una certa gradualità persone nere, e vestite di nero, hanno cominciato a scendere, come nel bricco di una soluzione chimica si deposita una sostanza più pesante che non si mischia con il liquido in cui si trova. Scendevano – si depositavano cioè – le strade che tutte variamente digradano dalle pendici del Licabetto, a gruppi di due, tre, o 6 persone, negli istanti in cui faceva buio. Il bar in cui stavi ha chiuso, e tu se stato costretto a divenire parte di quello strano movimento, e hai detto di aver pensato che non avevi mai visto Atene così nera, e così apertamente. E dicesti di aver pensato: Athens at its darkest best. Atene al suo meglio, più scuro.

Il problema è, come sono le cose, oggi, ad Atene. Eppure ieri, nel giorno in cui si ricordava e si ricorderà la morte violenta e sfacciatamente inutile di un ragazzino – diciamolo – per mano di chi ha il legittimo monopolio della violenza in questa società, gira la testa a pensare a quanto e come è passato il tempo, e a come stiamo noi, i vivi, adesso, e come stanno, probabilmente, loro, i morti.

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