Storia
I sacchi di soldi del camerata Rossoni
Nel pomeriggio del 25 luglio 1943, dopo essere stato ricevuto dal re Vittorio Emanuele, che gli aveva confermato stima ed amicizia, Benito Mussolini viene arrestato dai carabinieri che l’attendevano all’uscita di villa Savoja.
La notizia dell’arresto di Mussolini e della nomina, al suo posto, del generale Pietro Badoglio suscita in un Paese, pesantemente ferito da una guerra che aveva reso evidente l’assoluta impreparazione delle forze armate italiane e la palese incapacità dei suoi generali, manifestazioni di gioia.
La gente scende nelle piazze inneggiando a casa Savoja, a Badoglio e alle forze armate mentre, nonostante le misure adottate per garantire l’incolumità anche di coloro che avevano fino ad allora rappresentato il regime, qualche gruppetto avvia una sorta di caccia al fascista.
Alcuni gerarchi, anche se non si erano resi responsabili di abusi e sopraffazioni, pensarono bene di nascondersi o, addirittura, di lasciare il Paese; molti di loro si diressero in Germania per porsi sotto le ali protettive di Hitler, così da sottrarsi ad eventuali ritorsioni.
Fra questi gerarchi che fuggono per salvare la pelle e mettere al sicuro le risultanze delle proprie ruberie, è Edmondo Rossoni, già ministro dell’agricoltura e potente dirigente del sindacato corporativo.
Rossoni aveva avuto un percorso politico analogo a quello di Mussolini, veniva infatti dal partito socialista, era stato un appassionato anticlericale, ma anche un convinto massone.
Nel suo trasformismo Rossoni, fiutando la fine del regime, era sto fra quelli che aveva votato l’ordine del giorno Grandi immaginando, per sé, un futuro diverso dopo l’estromissione del duce da palazzo Venezia.
Infatti da gran furbone, piuttosto che rifugiarsi sotto le ali protettive dei nazisti, per mettersi al sicuro, percorre una strada abbastanza tortuosa ma originale.
Ma prima di scappare pensa a salvare il malloppo. Si reca, infatti, nella sua villa, raccoglie in alcuni sacchi il danaro e i beni preziosi frutto delle sue ruberie e non potendoli, però, portare appresso scava delle profonde buche nel giardino e li interra per sottrarli ad eventuali confische
Messo al sicuro il malloppo, si reca in Vaticano dove chiede asilo. La richiesta, com’era prevedibile, crea grande imbarazzo alle autorità vaticane, costrette dal dovere evangelico dell’ospitalità nei confronti dei perseguitati.
Rossoni, intuisce il disagio, e toglie presto l’imbarazzo, d’altra parte anche in Vaticano si sente insicuro. Abbandona quindi le mura protettive della Santa Sede e si sposta in un convento nell’Appennino dove, sotto mentite spoglie, trova ospitalità per diversi mesi attendendo il passare della bufera.
Ma la storia non finisce lì visto che sulla sua testa grava un mandato di cattura del governo Badoglio e la condanna a morte del tribunale di Verona. Decide quindi di lasciare l’Italia.
Vestito da prete e con false generalità riesce a prendere un aereo che da Ciampino lo porta a Parigi e da Parigi a Dublino. Ma anche Dublino, gli sembra insicura, meglio andare oltreoceano.
Buttata alle ortiche la tonaca nera, prende un aereo per il Canada, rifugio più che sicuro.
Rossoni in Canada resterà il tempo necessario a che si calmassero le acque, infatti ritorna in Italia, libero come un uccello, a godersi il frutto di oltre vent’anni di potere corrotto, a seguito dell’amnistia voluta dal ministro comunista Palmiro Togliatti
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