Storia
Gramsci a Turi nel ricordo di Sandro Pertini
Nel gennaio del 1931, Sandro Pertini, militante socialista già condannato dal Tribunale per la difesa dello Stato per attività sovversiva a danno del regime fascista, viene trasferito al reclusorio di Turi in provincia di Bari per le sue precarie condizioni di salute,
Il giorno successivo al suo arrivo, nell’ora d’aria riservata ai detenuti, si accorge della presenza di un individuo singolare, “un corpo da pigmeo con una bella testa alla Danton” scrive lui.
Si tratta di Antonio Gramsci, già segretario del partito comunista che, nel novembre del 1926, era stato arrestato e, a seguito di un processo farsa, condannato a oltre vent’anni di reclusione.
Pertini gli si avvicina e, almeno da come è riferito da colui che in tardissima età sarebbe divenuto Capo dello Stato, fra i due si svolge il seguente colloquio.
Pertini: “Mi scusi lei è l’onorevole Antonio Gramsci, vero?”
E Gramsci, con fare scherzoso:” Cha fai, mi dai del lei? Non sei un antifascista anche tu? “
E Pertini di rimando: “ma io, come dite voi comunisti sarei un social-fascista alla stessa stregua di Filippo Turati e di Claudio Treves.“
Turati e Treves erano riparati in Francia per sottrarsi alla furia liberticida fascista e per questo erano stati bollati con disprezzo come “fuggitivi” dai comunisti italiani.
Pare che Gramsci a quelle parole avesse sorriso e che poi, ritornando sul termine socialfascista l’avesse definito “un’aberrazione” dei comunisti italiani scusandosi, inoltre, per avere definito “fuggitivi” gli esponenti del socialismo riformista che avevano scelto la strada dell’esilio.
Questo ricordo di quello che sarebbe divenuto uno dei presidenti della repubblica più amati dagli italiani aggiunge un elemento in più alle recenti interpretazioni sul fatto che il fondatore dell’Ordine Nuovo avesse ormai preso, in quegli anni, le distanze dal rigore ideologico comunista e che, peraltro, stesse elaborando, come peraltro dimostra Franco Lo Piparo nel suo “I due carceri di Gramsci” edito da Donzelli, una visione politica moderata, sicuramente diversa da quella perseguita dagli antichi compagni, a cominciare da Palmiro Togliatti, i quali l’avevano già isolato come eretico.
Sandro Pertini ricorda inoltre, a proposito di quello storico incontro, un particolare che lo stesso Lo Piparo approfondisce, e cioè che diversamente dagli altri prigionieri, Pertini compreso, Antonio Gramsci godesse, tesi contestata nel suo saggio “Sraffa e dintorni” Nereo Naldi, di condizioni di reclusione, con una certa esagerazione, potremmo dire migliori, forse per le precarie condizioni di salute. di detenzione rispetto agli altri reclusi.
Resta tuttavia il fatto a Gramsci fosse stata assegnata una cella che non doveva dividere con altri reclusi, come invece capitò allo stesso Sandro Pertini, e che potesse ricevere, per i suoi studi – ed era stato autorizzato a riceverli direttamente dal duce al quale aveva scritto per lamentare il divieto che invece aveva imposto il direttore del carcere – tutti i libri, anche quelli censurati dal regime, di cui faceva richiesta.
Bisogna aggiungere ancora che il prigioniero Gramsci avesse potuto godere di un numero di visite di estranei non comuni per gli altri reclusi.
Fra coloro che, infatti, frequentarono con assiduità Gramsci in prigione ci fu soprattutto Tatiana Schucht la sorella della moglie, ufficialmente dipendente dell’ambasciata sovietica a Roma ma, come scrive qualcuno. di fatto spia dei servizi russi forse con il compito specifico di controllare il cognato che già allora era in odore d’eresia.
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