Storia
Gli ebrei in Italia secondo Anna Foa
«1566, Napoli è sotto il dominio spagnolo e non vi sono più ebrei, gli ultimi sono stati cacciati nel 1541. (…) In quel momento era a Napoli – oltre all’Arcivescovo – un alto prelato, Pietro Dusina, che rappresentava il tribunale del Sant’Uffizio. Fu lui a farla finita, una buona volta, con l’eresia dei giudaizzanti e a mettere sotto inchiesta le famiglie che vi erano approdate nel 1492 e negli anni successivi e che erano rimaste , ovviamente dopo essersi convertite (…) Quattro donne e un vecchio furono trovati “eretici relapsi”, in realtà erano conversos, ebrei convertiti a forza al cristianesimo e che tuttavia continuavano a praticare di nascosto la religione ebraica. Il vecchio era un umile barcaiolo. Le donne appartenevano invece a una famiglia di alto rango. L’arcivescovo premeva per la clemenza, mentre Dusina era fautore della condanna a morte, che avrebbe voluto fosse eseguita pubblicamente nella stessa Napoli. Ma l’arcivescovo ottenne che fosse rimandata, temendo dissidi. Pietro Dusina mandò allora i condannati a Roma, in un viaggio per mare. Il 9 febbraio 1571 i cinque condannati furono impiccati a Ponte Sant’Angelo, il luogo riservato alle impiccagioni , prima le donne poi il vecchio. Tutti erano morti da cristiani, muniti dei conforti religiosi. C’era una gran folla ad assistere all’esecuzione: erano infatti parecchi anni che non venivano eseguite condanne di tante persone insieme, per di più donne. inoltre, si era sparsa la voce che le donne fossero streghe . Dopo l’impiccagione i corpi furono bruciati. La folla se ne andò soddisfatta».
Quello appena letto è uno dei numerosi focus – inserti narrativi di approfondimento– che raccontano episodi esemplari nelle diverse fasi della storia degli ebrei in Italia narrata da Anna Foa. Il libro che ci ha regalato Anna Foa, Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni, (editrice Laterza 2022, 24 euro), è un esempio brillante di alta divulgazione, nel quale Anna Foa, storica impegnata e appassionata, ha consegnato la sintesi di una lunga opera di studi e ricerche, in un testo di quasi 300 pagine, fruibile da chiunque abbia un po’ di tempo e di curiosità.
Scritto in uno stile affascinante e leggibile come un romanzo, questo saggio conduce il lettore, attraverso frequenti interrogativi – talora lasciati in sospensione– lungo i sentieri della conoscenza dell’ebraismo italiano residente-e-diasporico: un «mondo ebraico» peculiare , caratterizzato da una biografia singolare e collettiva «che parte da lontano, duemila anni e più»; una presenza caratterizzata da un numero esiguo di individui, «sempre pochi dal punto di vista numerico [ma che ] per il solo fatto di esserci, impediscono che il progetto di assoluta uniformità religiosa si applichi alla terra italiana, come si è applicato alle monarchie europee […] obbligando il mondo esterno, sia religioso che politico, a misurarsi con una diversità, e mutandolo quindi in profondità». Tanto che, conclude l’autrice nell’Introduzione, «Immaginare una storia dell’Italia senza la loro presenza è difficile, forse impossibile».
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