Storia

Gli angeli che salvarono l’Europa

29 Dicembre 2018

E’il tardo pomeriggio del 12 settembre 1683, Vienna è agonizzante dopo un assedio di circa due mesi condotto, con determinazione e spietatezza, dal visir Kara Mustafà e da un impressionante spiegamento di forze, le cifre ballano fra le 200.000 e i 300.000 effettivi; i turchi già toccano con mano la vittoria che è, anche, vittoria dell’Islam.

Non c’è tempo da perdere, l’esercito cristiano, di gran lunga inferiore anche perché fra le sue fila mancano i francesi di Luigi XIV

che mantengono buoni rapporti con la “Sublime Porta” come è chiamato il governo dell’impero ottomano, deve intervenire per evitare la catastrofe.

La decisione l’assume direttamente Giovanni III Sobieski, re di Polonia, che dopo avere assistito devotamente alla Messa celebrata dal monaco Marco d’Aviano, mette da parte ogni esitazione e, armato di tutto punto, monta sul suo destriero e da immediatamente l’ordine d’attacco.

Dall’alto di Monte Calvo, dove i cristiani si erano riuniti, calano, come un inarrestabile tsunami, i tremila cavalieri alati, portavano delle ali di penne fissate alla sella, che ben presto travolgono le difese turche e disperdono le armate turche.

La forza travolgente di quegli angeli calati dalla montagna sta tutta nella consapevolezza che quella che stanno combattendo potrebbe anche essere la loro ultima battaglia e per questo sono disposti a vendere cara la pelle.

A questo punto dalla città, ridotta ad un cumulo di macerie, vengono a dare man forte ai polacchi gli indomiti difensori che hanno sofferto la fame, sono stati decimati dalle epidemie, ma non hanno abbandonato la lotta.

Per i turchi, colti di sorpresa da quell’azione orgogliosa e proditoria, c’è ben poco da fare. Il visir Kara Mustafà, si convince che la sconfitta è stata, addirittura, decretata da Allah e che bisogna accettarla per quella che è. Non ha dunque esitazione a dare l’ordine della ritirata, i turchi si danno allora ad una fuga precipitosa abbandonando sul campo tutto quanto si erano portato dietro oltre ai frutti delle terribili razzie.

Molti prigionieri cristiani vengono, giustiziati e lungo la via del ritorno i turchi non risparmiano nulla, fanno terra bruciata, campi coltivati e foreste sono spazzati via. è cancellata ogni traccia di edificazione.

A Vienna, dove intanto si sono ritrovati gli eserciti cristiani, si festeggia la vittoria e si saccheggia l’immenso tesoro che il visir nella fuga aveva abbandonato. Kara Mustafà, ha aveva lasciato nelle mani del nemico anche l’harem affollato da oltre mille donne addette ai piaceri del visir.

Vienna, dunque, grazie all’ardimento di quei coraggiosi, era salva ma, ancor di più, era salva l’Europa cristiana, papa Innocenzo XI – che si era battuto per unire i cristiani in una Lega antiturca – può tirare un respiro di sollievo: quella che sarebbe stata definita la seconda ondata dell’Islam alla conquista dell’Occidente era stata respinta.

Per la cronaca diciamo che una terribile sorte toccò, invece, allo sconfitto visir. Kara Mustafà, noto per l’ardimento e la ferocia, venne infatti arrestato dalla guardia imperiale, i giannizzeri, che gli imputarono la responsabilità del disastro. Su ordine del sultano veniva decapitato nella città di Belgrado. La sua testa, chiusa in un cofanetto, rivestito all’interno di velluto, veniva quindi recapitata a Mehmet IV il grande califfo dell’Islam.

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