Governo
Renzi, De Bortoli, Napolitano, Draghi: massoni e para-massoni secondo Magaldi
Profumi, olezzi, spifferi. Lo scorso 23 settembre l’ormai (quasi) ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli in un editoriale molto duro attaccò il governo Renzi su molti fronti, ma ciò che in quelle righe fece più scalpore fu “quell’odore stantìo di massoneria” che secondo l’allora numero uno di via Solferino si sprigionava dal famigerato Patto del Nazareno stipulato tra lo stesso Renzi e Silvio Berlusconi, patto di cui «sarebbe opportuno conoscere tutti i reali contenuti –così scrisse De Bortoli – liberandolo da vari sospetti». Non ultima appunto questa ‘fragranza’ non tanto gradita al direttore dimissionario del Corriere e che sa di scantinato, di porte chiuse e di tapparelle abbassate.
In un filo sottile e sottilissimo ci conduce fino a novembre inoltrato, dove la pioggia scende a scroscio come le parole di Gioele Magaldi, massone del Grande Oriente Democratico e non nuovo a rivelazioni tra il serio e lo spettacolare sui retroscena che –secondo lui- dominano la politica italiana, europea e internazionale. È infatti uscito l’ultimo libro di Magaldi, dal titolo “Massoni – Società a responsabilità illimitata: La scoperta delle Ur-lodges”, neanche troppo sibillino, in cui l’autore evidenzia quella che a detta sua è la vera scalata di Renzi in ambito istituzionale, cioè quella massonica. Si legge da un estratto del libro:
«Da anni e mesi Matteo Renzi si comporta da wannabe, da aspirante massone. Ma l’iniziazione cui egli aspira non è presso il Grande Oriente d’Italia o presso qualche altra comunione massonica ordinaria, su base nazionale italiana o estera. No, il premier italiano punta molto più in alto.»
Terza stoccata in successione al buon Matteo, dopo che Piero Pelù dal palco del primo maggio l’aveva già definito “il boy scout di Licio Gelli”. Noi non siamo certo sostenitori del motto dei tre indizi, perché queste sono pulci, indiscrezioni, non indizi. A questo contesto possiamo anche aggiungerci gli strepiti di Grillo che si accoda all’eventuale deriva piduista di Renzi, ma di Grillo siamo stati ontologicamente abituati a non fidarci più di tanto.
Nazareno – Intanto però proviamo ad addentrarci nella questione che non appare semplice. Dunque, iniziamo dalla parola Nazareno senza però approfondire il lungo discorso storico-religioso in cui è inserita. Possiamo solo dire che l’accademico ed ebraista Ambrogio Donini, nel suo “Storia delle Religioni” pubblicato nel 1959, scrive:
«Gesù non era di Nazareth. Un’infinità di prove stanno ad indicare che Nazareth non esisteva ai tempi biblici. E’ improbabile che la città sia sorta prima del III secolo. ‘Gesù di Nazareth’, come molti studiosi della Bibbia sarebbero oggi pronti a confermare, è una cattiva traduzione dell’originale greco Gesù il Nazareno»
E d’altronde anche dal Vangelo di Filippo, testo gnostico del II secolo d.C., leggiamo che
«Gli apostoli che sono stati prima di noi l’hanno chiamato così: Gesù Nazareno Cristo… “Nazara” è la “Verità”. Perciò “Nazareno” è “Quello della verità”… »
Nazareni furono anche dei pittori romantici tedeschi dell’Ottocento ribelli alle regole classiche, Nazareno è anche, come dice il rabbino newyorkese Mendi Hecht, un Nazir, ossia «un uomo che si isolava dalle certe lussurie materiali per propositi di evoluzione spirituale. Erano una sorta di hippie, ma senza attitudine eccessivamente individualista». Una sorta di richiamo al Buddha, volendo.
Per Nazareno è intesa anche quella lettera “N” raffigurata davanti alle porte delle case dei cristiani a Mosul, in Iraq, cacciati dall’Isis: “Nassarah” è infatti la parola con cui nel Corano si identificano i seguaci di Gesù Nazareno ( e non “di Nazareth”, come abbiamo già visto).
Continuando a imboccare tracciati su quella che pare essere una discussione filosofico/storico/teologica dai livelli altissimi, possiamo dire che la parola Nazareno quasi sempre nella storia è stata associata a un gruppo di persone settario, come viene confermato da Elia Benamozegh (filosofo ebreo membro del collegio rabbinico di Livorno, vissuto tra il 1823 e il 1900): «Neppure è improbabile che i primi cristiani siano stati detti Nazareni nel senso di Nazirei –scrive- piuttosto che in quello di originari della città di Nazareth, etimologia davvero poco credibile e che probabilmente ha sostituito la prima solo quando l’antica origine dall’essenato cominciava ad essere dimenticata». Essenato è riferito agli Esseni, un gruppo ebraico dall’origine incerta e diviso appunto in Nazareni e Osseani da Epifanio di Salamina, padre della Chiesa, nel IV secolo.
Si aggiunge anche Alfred Loisy, sacerdote e professore universitario cattolico vissuto in Francia tra il 1857 e il 1940 e autore de “La Naissance du Christianisme” : «La stessa tradizione ha fissato il domicilio della famiglia di Gesù a Nazareth –spiega nel libro- allo scopo di spiegare così il soprannome di Nazireo originariamente unito al nome di Gesù e che rimase il nome dei cristiani nella letteratura rabbinica e nei paesi d’oriente. Nazireo è certamente il nome di setta, senza rapporto con la città di Nazareth».
Abbandoniamo ora il Golan, lasciamo anche la Galilea e torniamo alle profane cose italiche. Piombiamo a Roma, e cerchiamo il Nazareno: il Nazareno o più semplicemente “Nazareno” non è altro che un largo presso il quale sorge la sede nazionale del Pd. La sede però si trova via Sant’Andrea delle Fratte, che è la via adiacente, ma anche la sede ufficiale (come scritto sul sito). Dunque il Nazareno non è dove sta il Pd, ma è il Pd stesso. Se si prende l’enciclopedia Treccani si legge: «Largo del Nazareno loc. s.le m. inv. – Per metonimia topografica, il Partito democratico, che ha la sede nazionale in Largo del Nazareno a Roma». Metonimia topografica, come quella post incontro: “Patto del Largo del Nazareno”, anzi no, “Patto del Nazareno”, “sotto Che Guevara e Fidel Castro”, come riportano i giornali.
Come scrive Fabrizio Marino su Linkiesta, il 4 giugno 2013: «È un copione che si ripete questo, perché anche in passato alcuni dei principali partiti politici venivano identificati con il nome della via in cui vi era la sede della segreteria nazionale. Tra le più note c’è via delle Botteghe Oscure da cui il nome popolare attribuito al palazzo storico che ha ospitato la sede centrale del Partito Comunista Italiano, dalla sua fondazione allo scioglimento. Nell’autunno del 1946, a pochi mesi dal referendum che sancì la nascita della Repubblica, il Pci acquistò il palazzo al civico numero 4 per trenta milioni di lire. Una cifra enorme per quell’epoca, che serviva però a dare al partito una sede in grado di competere con quella della Democrazia Cristiana»
Berlusconi, Renzi & Ur Lodges – Eppure la famosa invettiva di Grillo contro “il Nazareno” sul suo blog riduce la segretezza di questo patto alla volontà di tutelare Berlusconi e il suo giardino, e questa sembra una visione molto limitata delle cose, legata a un’inerzia politica che ormai nel paese va esaurendosi, quella degli ultimi due governi Berlusconi per intenderci, quando Silvio era il troppo facile capro espiatorio di ogni male. Adesso francamente risulterebbe fuori luogo pensare a tutta questa attenzione di Berlusconi verso le sue proprietà radiotelevisive in un contesto in cui il declino della televisione come attore principale della comunicazione non interattiva e discensionale politica-elettore sta lasciando spazio alla comunicazione interattiva. Questo è un passaggio dove neanche il famoso discorso dei media di Pasolini arriva più, per limiti anagrafici, e quindi non possiamo più chiamare il profeta a soccorso. Probabile ad esempio che la tivvù, elemento catalizzatore della forte partecipazione di massa alla vita politica novecentesca, entro un paio d’anni formi un ibrido con la realtà di internet: del resto è Youtube ad annunciarcelo, come plausibile può essere che l’ascesa e la picchiata di questo media abbia determinato squilibri politici e cadute fragorose molto più di un programma politico o di festino a luci rosse.
Quello che azzecca Grillo è la natura ultraterrena del patto, forse, visto che De Bortoli gli fa da eco. Ci pensa poi Magaldi ad abbandonare i giri di parole:
«Egli vorrebbe essere iniziato presso la Ur-Lodge “Three Eyes”, la medesima superloggia cui sin dal 1978 fu affiliato Giorgio Napolitano. La stessa superloggia cui è affiliato Mario Draghi, il quale è membro anche di altre Ur-Lodges sovranazionali come la “Pan-Europa”, la “Edmund Burke”, la “Compass Star-Rose” e la “Der Ring”. Ecco, Matteo Renzi vorrebbe essere accolto in uno di questi consessi super-elitari. E badi bene che si tratta di Ur-Lodges di tendenza neoaristocratica e conservatrice, non certo di superlogge progressiste come ad esempio la “Thomas Paine”, la “Montesquieu”, la “Ferdinand Lassalle”, la “Ioannes”, eccetera. L’attuale premier italiano, al pari di altri illustri personaggi sedicenti progressisti su un piano ufficiale e profano, in realtà vorrebbe tanto essere incluso -come membro alla pari- in quei salotti buoni dell’aristocrazia massonica reazionaria che attualmente sta ridisegnando in senso oligarchico la politica e la società europea. Il problema è che la sua domanda di affiliazione non è stata ancora accolta. I vari Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Angela Merkel, Jens Weidmann, Wolfgang Schaüble, Jean-Claude Trichet, Mark Rutte, Peter Sutherland, Anders Fogh Rasmussen, Michael Fuchs, Olli Rehn, Jens Stoltenberg, Lloyd Blankfein, Christian Noyer, Henry Kravis, Christine Lagarde, Frans Timmermans, Peter Mandelson, Jonathan Hill, Juergen Fitschen, Ewald Nowotny, Jyrki Katainen, José Angel Gurria, eccetera, non si fidano di Renzi wannabe massone così come non si sono mai fidati del libero muratore Silvio Berlusconi. Questi ed altri esponenti degli ambienti latomistici più elitari e selettivi hanno sempre nutrito diffidenza e insofferenza verso Berlusconi, considerandolo un parvenu del mondo del potere: troppo borderline, ingombrante, imbarazzante e individualista. E analogo sentimento di perplessità nutrono nei riguardi di Renzi, considerato un narcisista, uno spregiudicato e indisciplinato arrivista. Figuriamoci quanto poco venga apprezzato, da questi ambienti, l’asse Berlusconi-Renzi siglato dal Patto del Nazareno».
De Bortoli – In calce a queste parole è opportuno farsi più di una domanda, partendo dall’abominevole ego dei massoni per cui tutto costituisce un pretesto per scrivere, diffondere e vendere libri. Le altre giungono a scalata, perché sarebbe opportuno cercare di informarsi su questo genere di organizzazione e magari tralasciare il Club Bilderberg per qualche tempo, visto che se di “odore di massoneria” si parla, il Bilderberg non lo è. Rappresenta e ne imita a grandi linee alcune caratteristiche (come la “copertura” tipica delle logge), è un club elitario ma non è un’obbedienza massonica. Queste elencate da Magaldi invece sono logge massoniche, dunque teoricamente una struttura e soprattutto una missione molto più complessa da quella di far soldi, laddove per complessità intendiamo la tortuosità di ragionamento propria di questi ambienti.
Ferruccio De Bortoli per Magaldi non è un massone ma un paramassone, che «su mandato di Draghi, scrive il suo editoriale proprio in coincidenza con la visita newyorkese di Renzi al Cfr», dove Cfr sta per Council of Foreign Relations in Usa: è lì che secondo Magaldi Renzi chiese di incontrare Richard Nathan Haas, Gran Maestro della loggia conservatrice “Leviathan”, «sostanzialmente fuori dall’influenza di Napolitano e Draghi».
P1 & P2 – Ritornando all’ego dei massoni e agli infiniti libri a tema, c’è da dire che questo di Magaldi, almeno da stralci e conoscendo il personaggio, pare discostarsi dal comune sensazionalismo. Certo, per affrontare temi come questi sarebbe opportuno sgomberare parecchie sovrastrutture poste come soldati a guardia di quello che è un sistema vastissimo ed eterogeneo di giochi di potere alti, e nascosti. D’altronde basterebbe dare una lettura veloce a quei 52 punti della Rinascita Democratica piduista di Gelli per appurare che queste cose possano davvero essere più reali di una campagna social da secchio in testa per aiutare la SLA, ad esempio. Basterebbe leggersi la relazione dell’inchiesta parlamentare sulla P2 presieduta dall’onorevole Tina Anselmi, ad esempio:
«Al di là dei riferimenti testuali e documentali, pur inequivocabili, da inquadrare peraltro nella assoluta disinvoltura con la quale il Grande Oriente gestiva le procedure, quello che va realisticamente considerato è che non appare assolutamente credibile sostenere che l’attività massiccia di proselitismo portata avanti in questi anni dal Gelli – che coinvolgeva alcune centinaia di persone, per lo più di rango e cultura di livello superiore – sia potuta avvenire frodando allo stesso tempo ed in pari misura il Grande Oriente e gli iniziandi. Né appare dignitosamente sostenibile che tutto ciò si sia verificato senza che il primo venisse mai a conoscenza del fenomeno ed i secondi non venissero mai a sospettare della supposta frode perpetrata a loro danno, consistente nell’affiliazione abusiva ad un ente totalmente all’oscuro di tale procedura. Sembra invece più ragionevole ritenere che la sospensione decretata nel 1976 rappresentò una più sofisticata forma di copertura, alla quale fu giocoforza ricorrere perché Gelli e la sua loggia costituivano un ingombro non più tollerabile per l’istituzione. Si pervenne così al duplice risultato di salvaguardare nella forma la posizione del Grande Oriente, consentendo nel contempo al Gelli di continuare ad operare in una posizione di segretezza che lo poneva al di fuori di ogni controllo proveniente non solo dall’esterno dell’organizzazione ma altresì da elementi interni».
Sono in molti infatti, tra studiosi, storici e fratelli massoni che invitano a confrontare la “Rinascita Democratica” gelliana con il “The Crisis of Democracy” redatto nel 1974 dal politologo statunitense Samuel Philips Huntington, dal sociologo francese Michel J Crozier e dal professore giapponese Joji Watanuki, poi consegnato nel 1975 alla Commissione Trilaterale, club esclusivo (più paramassonico che massonico, in stile Bilderberg e Rotary) nato appunto per unificare gli interessi di Europa, Usa e Giappone.
Un oceano di smentite, rimandi, allusioni, frecciate. Renzi è il boy scout di Gelli che però al Fatto Quotidiano lo scorso maggio lo indica come un “bambinone che non durerà molto”, Renzi è il boy scout di Draghi salvo poi essere avvertito, secondo Gioele Magaldi, dal paramassone De Bortoli: «Caro Renzi, riallineati ai desiderata del Venerabilissimo Maestro Mario Draghi, altrimenti comincio a sputtanarti sul versante “massoneria”, sia con riferimento ai tuoi inciuci con Berlusconi, sia, se servirà, sparando più alto». Questa la traduzione dell’editoriale di De Bortoli data da Magaldi, una specie di avvertimento del tipo: “noi ti creiamo e noi ti disfiamo”, arrivato a pochi giorni dal rifiuto di Renzi all’invito al Forum Villa d’Este, tradizionale meeting di grandi teste e di grandi tasche promosso a Cernobbio dal Cavalier Ambrosetti.
Visti da fuori – Insomma, ci hanno smontato il percorso orizzontale (Msi, Pri, Dc, Psdi, Psi, Pci) però ci stanno indicando i gradini di quello verticale. Si stanno chiudendo forse migliaia di pagine della nostra Storia, alcune sono state strappate e c’è anche chi cerca di incollarle, o di mandare indietro la macchina del tempo. Siamo spettatori e forse anche papabili arruolati in una guerra fratricida “dall’odore di stantìo” tra due grandi fazioni. Da una parte la componente reazionaria, aristocratica e conservatrice incarnata -a detta di Magaldi ma non solo da lui- da Ur lodges come la Three Eye e la Leviathan alle quali si dice fosse legata tutta la attività della P2 (e delle sue fittizie proiezioni, P3, e P4) che è quella a cui secondo il libro vorrebbe ambire Renzi, dall’altra quella componente di forze che si rifanno a un’idea socialista di “Libertà Uguaglianza Fratellanza Armonia” e che restarono in sella secondo le teorie di Magaldi almeno fino agli anni ’70 del Novecento, dopo aver riscattato (non si sa fino a quanto) le condizioni del popolo nei confronti dell’aristocrazia con le rivoluzioni borghesi del XVIII secolo, e non solo.
Noi intanto non possiamo far altro che aumentare perspicacia e senso critico, scansando tutto quello che vero appare, come direbbe un iniziato “cercare trascendenza nell’immanenza”: iniziare davvero a buttare giù sovrastrutture, partendo da una parte del web (sia quella complottista che quella “atea”) e dalla televisione, come scrive lo stesso Magaldi nella lettera aperta a Gianluigi Paragone dopo la puntata de “La Gabbia” dello scorso febbraio, a detta sua “Un clamoroso e subdolo laboratorio di censure, mistificazioni e manipolazioni dell’opinione pubblica”:
«il solito “format televisivo” che da più di 30 anni va in onda in televisione quando si parla di Libera Muratoria e liberi muratori. Il format –scrive Magaldi- sempre lo stesso, è quello in cui qualche massone sedicente “critico o dissidente o pentito” fa il gioco delle figurine e delle delazioni, rispondendo alle domande bovine dell’intervistatore sull’identità massonica di questo o di quell’altro personaggio pubblico. Dopo di che, una volta che sia andata in onda l’intervista del massone delatore di turno, senza che allo spettatore sia stato spiegato con un minimo di senso critico e storico cosa significhi essere massoni e cosa sia stata e sia, in Italia e soprattutto nel Mondo, la Massoneria, in studio si alza un polverone scandalistico e miserabile, aizzando l’opinione pubblica nella “caccia al massone”, definito e raccontato come un infiltrato delle istituzioni democratiche… Peccato che, queste stesse istituzioni democratiche e liberali, senza l’azione storica della Massoneria, non sarebbero mai esistite, e non esisterebbe neanche la libertà di pensiero, parola, critica ed espressione che consente a tutte le trasmissioni televisive, compresa “La Gabbia”, di andare in onda. Anzi, senza i liberi muratori che implementarono sin dal lontano XVII secolo e poi nei due secoli successivi delle significative rivoluzioni scientifiche e tecnologiche (affrontando coraggiosamente i rischi della feroce censura ecclesiastica e civile dell’epoca) non vi sarebbe stata nemmeno l’invenzione della televisione…»
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