Storia

Foibe. Raccontare la storia «tutta intera» e «a parte intera»

5 Febbraio 2020

Nei giorni scorsi dall’organizzazione giovanile “Aliud-Destra identitaria” ha manifestato l’intenzione di voler impedire a Gobetti di tenere oggi (5 febbraio 2020) una conferenza nei locali della Circoscrizione 3 di Torino. Il tema è la questione delle foibe.

Quale sarebbe la “colpa” di Eric Gobetti secondo i suoi accusatori?

Gobetti avrebbe la “colpa” di essere uno storico “revisionista” e “negazionista” delle foibe. Con tutta probabilità coloro che agitano le minacce squadriste – così come gli esponenti del mondo politico istituzionale che vi si accodano – non hanno mai letto una sola pagina delle ricerche di Gobetti. In caso l’avessero fatto, mentono sapendo di mentire.

Dobbiamo dirlo chiaramente: gli studi di Eric Gobetti non negano gli accadimenti della “complessa vicenda del confine orientale” (per usare l’espressione della legge istitutiva del “Giorno del Ricordo”). Non minimizzano i vari fenomeni che vanno sotto il nome di “foibe”, né negano l’esodo della grande maggioranza della popolazione di lingua italiana dall’Istria e dalla Dalmazia. Semplicemente approfondiscono l’intero contesto in cui le evocate vicende del confine orientale (o occidentale, se visto “dall’altra parte”) ebbero luogo, facendo riferimento al dibattito storiografico scientifico.

La storia si scrive «tutta intera» e «a parte intera».

Scrivere la storia «a parte intera» significa considerare tutti i livelli dell’esperienza e del quadro storico (non solo gli avvenimenti, ma i sentimenti, non solo le emozioni, ma anche gli immaginari; non solo la storia sociale, ma anche quella delle idee; non solo l’ideologia, ma anche la geografia, e, in particolare di quest’ultima, non solo quella fisica, ma anche quella umana e storica). Potrei andare avanti per molto, ma mi fermo qui.

E scrivere la storia «tutta intera», significa abbandonare un’idea coerente della storia. La storia è coerente solo nella testa di chi vuol raccontare solo la “sua versione” della storia.

Per scrivere la storia «tutta intera» occorre essere esigenti, più che coerenti.

Uno storico e un’operazione di storia pubblica riescono quando la realtà risulta composta di molti quadri tra loro non coerenti e in cui si producono scelte, contrasti, conflitti. Dove bene e male sono intrecciati, dove tra ciò che si fa e ciò che si dice, tra ciò che si racconta a se stessi e ciò che si dice di se stessi, tra ciò che si è disposti ad ammettere di se stessi e ciò che si rifiuta o si cancella del proprio autoritratto, c’èsempre uno scarto. In breve, quando tutte queste cose insieme contribuiscono a dirci e a darci un quadro più completo e soprattutto “mosso”.

Lì si colloca la storia e un confronto pubblico con la storia. Diversamente si costruisce ideologia.

Potremmo chiederci perché intorno al 10 febbraio in Italia non si riesce ancora a svolgere una riflessione ferma, nonostante che ci siano storici che ci provano (non solo Eric Gobetti, ma per esempio Raoul Pupo, o Guido Crainz).

La storia delle foibe e la questione dell’esodo degli italiani è stato scritto da Gianni Oliva (Foibe, Mondadori e  Profughi, Mondadori), è parte di un rimosso collettivo, perché non si poteva sostenere di essere al tempo stesso dei vincitori e poi trovarsi a rilevare dinamiche proprie degli sconfitt.

Insomma, quella delle foibe e poi dell’esodo e dei profughi è una memoria negata. Ma verrebbe da dire che è lo stesso motivo per cui a lungo si è negata la natura della Risiera, perché in fondo era il bravo italiano che doveva emergere. Le foibe non erano rivendicabili come torto subito, perché anche altri torti andavano raccontati.

Può essere, ma non solo. C’è un uso politico della storia e una sua riattualizzazione dentro la questione delle foibe, così come viene trattata

A lungo la questione delle foibe ha caratterizzato un rimosso nella storia pubblica italiana. Ma più generalmente, si potrebbe dire, tutta la questione di Trieste ha appartenuto a un lungo rimosso collettivo

Le foibe e la risiera di San Sabba si sono guardate a lungo nel secondo dopoguerra e sono state appropriate da parti opposte che volevano dimenticare una parte della storia. Ancora oggi è così.

Per concludere allora. Il problema dell’esodo, è stata un rimosso e in conseguenza di questo rimosso, è diventato parte della memoria rivendicata della componente politica che allora fu sconfitta.

Sarebbe interessante domandarsi non solo come avvenne la rimozione, ma come fu che quel rimosso sia stato a lungo un territorio non detto. Dentro c’è sicuramente una storia delle cose non dette a sinistra, ma c’è un segmento rilevante della natura politico-culturale delle destre. La storia si scrive appunto «tutta intera» e «a parte intera».

Per esempio, chi è disposto a destra a ripensare e a riflettere sull’incendio del Narodni dom (in sloveno, Casa del popolo o Casa nazionale) a Trieste il 13 luglio 1920? Appunto per provare a scrivere e a raccontare la storia «tutta intera» e «a parte intera».

Qualcuno ci sta?

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