Storia

E Ferdinando calò le braghe!

4 Giugno 2018

Ferdinando II, controverso sovrano borbonico a cui sarebbe stato appioppato il dispregiativo “re bomba”, ascendeva al trono delle Due Sicilie nel 1830, e fin dall’inizio si mostrò molto geloso delle sue prerogative regie, credeva infatti, come scrisse Benedetto Croce, che “nelle faccende del suo Regno nessun altro Stato avesse da immischiarsi, tale da non dar noia agli altri e da non permetterne per sé».

Nel 1836 in Sicilia, il fiorente mercato dello zolfo che costituiva una posta importante nell’economia del regno delle Due Sicilie, conobbe la sua prima crisi di sovrapproduzione.

Fino ad allora, a guadagnare su quella che costituiva una risorsa strategica erano stati gli inglesi – che, notoriamente, non erano particolarmente amati del sovrano – che acquistavano il minerale a basso prezzo e si guardavano bene dall’investire in Sicilia per agevolare lo sviluppo industriale.

Ferdinando II, che aveva uno sguardo più lungo rispetto a quello delle classi dirigenti locali, cioè gli aristocratici, si rese conto che tutto questo non poteva andare.

Con un provvedimento inaspettato, Ferdinando decise, proprio in quell’anno, di affidare il monopolio del commercio dello zolfo ad una multinazionale francese, la Tayx-Aycard dalla quale aveva ottenuto un duplice impegno: regolare l’estrazione per evitare che la sovrapproduzione incidesse sui prezzi del prodotto e costruire nel territorio isolano, favorendo la industrializzazione, degli impianti per la produzione di acido solforico, di soda e di solfuro di soda.

Apriti cielo !

Gli inglesi, non accettarono lo sgarbo e, minacciando di intervenire militarmente, ricorero al blocco navale.

E questo poteva essere anche giustificato.

Non giustificato, se non dalla meschinità degli interessi particolari e dell’assenza totale di senso dello Stato, fu la reazione dei proprietari che diedero aperto sostegno alla protesta inglese e tentarono, perfino, di sabotare il nuovo monopolista.

Ferdinando, che non aveva nessuna intenzione di tornare indietro, protestò vivacemente, si rivolse anche alle potenze europee del tempo per avere un sostegno in questa che si mutò in battaglia solitaria, senza tuttavia ottenere alcun riscontro concreto.

Abbandonato, dunque, da tutti, forse anche per salvare il trono, non gli restò che accettare il diktat  del governo di sua maestà britannica. Tornò infatti sui suoi passi e sciolse l’accordo con la Tayx-Aycard e ripristinare le vecchie regole.

Così, se nel 1832 il minerale esportato ammontava circa 25.000 tonnellate nel 1859, un anno prima che Garibaldi sbarcasse in Sicilia iniziando quell’avventura che avrebbe portato al crollo del regno borbonico, il minerale esportato ammontava a 110.000 tonnellate con le conseguenze che è facile immaginare.

La vicenda che raccontiamo, come tante altre vicende della storia passata e recente, mostrano quanto le classi dirigenti locali siano state lungimiranti e quanto nell’isola gli interessi particolari abbiano contato rispetto a quelli generali.

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