Storia
Settant’anni fa le nostre prime elezioni politiche
Fu la prima campagna elettorale della neonata Repubblica italiana e anche allora fu senza esclusione dei colpi.
Settant’anni fa, il 18 aprile 1948, avvenivano le prime vere elezioni politiche italiane: dopo aver scritto insieme la Costituzione, i partiti si sfidavano per governare il Paese. Per la prima volta.
L’Italia era uscita disastrata dalla guerra, milioni di italiani senza tetto; milioni di disoccupati; infrastrutture polverizzate, distrutti ponti, la rete stradale, le ferrovie, i porti, i canali, le dighe.
Da una parte c’era la Dc, nata per iniziativa di De Gasperi con l’appoggio della Chiesa, la quale determina il voto di milioni di cattolici, anche se De Gasperi è un democratico che cerca di difendere il potere dello Stato dalla Chiesa, ma per la Dc è vitale l’appoggio del clero e delle organizzazioni cattoliche.
L’Occidente si era riunito il 4 aprile 1948 a Washington per firmare il patto della Nato, che lega 12 Paesi (oggi 29), mossi dal terrore dell’avanzata dei “rossi”.
Nella Jugoslavia socialista domina il tiranno Josip Broz Tito. Il despota marxistaleninista Enver Hoxha soggioga l’Albania. Nel 1948-49 Mosca sigilla gli accessi di Berlino; Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, con un ponte aereo, trasportano tonnellate di viveri, carbone, medicinali.
Togliatti e Nenni rifiutano l’adesione dell’Italia alla Nato e al Piano Marshall, considerati una trappola dell’imperialismo americano mentre la Dc e il governo di Alcide De Gasperi vedono come unica via di salvezza stringere l’alleanza con gli Stati Uniti e con i Paesi europei democratici.
La croce sullo scudo bianco e la scritta «Libertas», Giuseppe Garibaldi, un manifesto raffigura De Gasperi che telefona in America e il filo passa per il Vaticano, un pezzo di pane diviso in due, metà prodotto in Italia, metà negli Stati Uniti, un altro manifesto raffigurante un prigioniero italiano, detenuto in Russia dietro il filo spinato, supplica di non votare comunista: tre anni dopo la fine della guerra l’Urss non aveva ancora rilasciato i prigionieri, questi erano i principali strumenti della campagna elettorale.
I comunisti indicavano in De Gasperi il «servo degli americani, despota, venduto al capitalismo» e il suo come «il governo dello straniero, della miseria, della reazione, della guerra, agli ordini del Vaticano».
L’Azione Cattolica, incaricata dal Vaticano, si attiva per cercare di far vincere la Dc. Punta all’unità politica dei cattolici; preti e seminaristi partecipano attivamente alla campagna elettorale: si tratta di una crociata per salvare la religione cattolica e la cultura occidentale dal comunismo. Un manifesto sentenzia: «Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no»; un altro: «I comunisti mangiano i bambini».
Il 18 aprile è giornata di massima tensione. La Dc riporta il 39 per cento dei voti e alla Camera totalizza la maggioranza assoluta di 306 seggi (su 574); comunisti 177, socialisti 91, socialdemocratici 33, liberali 31, repubblicani 9, monarchici 6. Per la Dc situazione meno favorevole al Senato: 150 su 342, la maggioranza è di 171 voti e non è raggiungibile senza l’appoggio dei 23 socialdemocratici o dei 22 liberali e repubblicani. La Dc sale da 8.080.664 voti del 2 giugno 1946 (quando si era eletta l’Assemblea costituente) a 12.708.263 (10 per cento). Il Fronte scende da 9.499.563 del 1946 a 8.137.468 (10 per cento).
La posta in gioco, in un clima dominato dalla guerra fredda, era non tanto una stabilità politica ed un governo in Italia, ma piuttosto la sua collocazione: o sotto l’ombrello degli Stati Uniti o nell’orbita dell’Urss di Stalin.
Quindi vinse il protettivo scudo crociato contro il barbuto Giuseppe Garibaldi, scelto dalla sinistra come simbolo popolare e rivoluzionario.
Fu una propaganda elettorale dura, cattiva, senza esclusione di colpi, era impossibile rimanere indifferenti, e infatti a votare fu il 92% degli “aventi diritto”. Praticamente tutti, tranne i troppo anziani, i troppo malati e i fascisti irriducibili.
Le mille piazze d’Italia furono ogni giorno occupate dai comizi, il potere nascente parlava al popolo come mai fu più fatto dopo. Tutti i muri di città e paesi furono tappezzati da manifesti che, in un’epoca pre-televisiva, affidavano ai disegni e agli slogan il compito di catturare il lato emotivo degli elettori. La propaganda della DC, fu lo specchio della guerra fredda e la Dc ne ebbe sicuramente i benefici maggiori. I comunisti con “Garibaldi”, non ebbero molti strumenti di contrasto.
La propaganda era la chiave giusta per arrivare al cuore degli elettori moderati e cattolici: ‘Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no’.
Non esistevano, come ci si può immaginare i sondaggi, l’incertezza dominava sul risultato, ma la Chiesa, e gli Stati Uniti, che a ridosso delle elezioni italiani avevano dato il via al piano Marshall con ingenti finanziamenti per la ricostruzione, rappresentarono di sicuro i più potenti strumenti a disposizione della DC .
De Gasperi diceva del comunismo: ‘Noi conosciamo il duplice sistema comunista: utilizzare il mezzo democratico e parlamentare e contemporaneamente riservarsi il ricorso alla forza e prepararlo. Oggi belano i comunisti, ma ben conosciamo le loro zanne e lo zoccolo da caproni’.
Togliatti replicava: ‘De Gasperi vuole la confusione, cerca la rissa. Per questo fa appello alla paura; per questo semina il panico; per questo evoca fantasmi di torbida morbosità medievale’.
Fu un trionfo per De Gasperi. Il 18 aprile la Dc conquistò il 48,5% dei voti e il Fronte socialcomunista si fermò al 31.
Gli italiani avevano fatto la loro scelta: no ai sovietici, per convinzione o per mancanza di alternative, si affidavano le loro sorti al partito cattolico, centrista, moderato, la Dc dopo 40 anni, è finita schiacciata da questo peso che non ha saputo portare o che per meglio dire, non è riuscita a sopportare.
Semplificando potremmo dire, l’hanno vinta gli americani, chissà al contrario come sarebbe finita, ma oggi è solo una fantasia.
Viva l’Italia.
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