Partiti e politici

Dotti: “Silvio non ha mai voluto un successore. I forzisti? In massa da Giorgia”

16 Giugno 2023

La morte di Silvio Berlusconi segna la fine di un’era e forse la vera fine della Seconda Repubblica. Lascia però aperte numerose questioni che riguardano il futuro, ma anche il passato e la storia umana, professionale e politica di un personaggio che ha segnato il nostro Paese.
Abbiamo intervistato una persona che con Berlusconi ha condiviso un percorso centrale nella sua vita, dalla discesa in campo alle vicende legate all’acquisto di molte aziende (con la Fininvest si occupò dell’acquisizione delle reti televisive italiane ed estere, dell’acquisto della Standa, del Milan, di Banca Mediolanum e della Mondadori).

L’avvocato Vittorio Dotti è stato il legale del fondatore di Forza Italia, e in quel partito ha ricoperto ruoli apicali nei primi anni dell’avventura politica. Deputato alla Camera nella XII legislatura, è stato prima vicepresidente e poi capogruppo. Nel 1995 è entrato nel consiglio comunale di Milano, ma poco dopo (nel 1996) ha lasciato il partito (e nel 1997 il consiglio comunale e la politica) dopo le accuse di corruzione rivolte a Cesare Previti della sua fidanzata Stefania Ariosto.
Nel 2014 ha pubblicato un libro per Chiarelettere, scritto in collaborazione con il giornalista Andrea Sceresini, intitolato: “L’avvocato del diavolo. I segreti di Berlusconi e di Forza Italia nel racconto inedito di un testimone di eccezione“. Il libro racconta il suo rapporto con Berlusconi dagli inizi della loro collaborazione alla sua conclusione nel 1996.

Avvocato, abbiamo letto il suo necrologio per la scomparsa di Silvio Berlusconi. Per molti, magari anche i lettori del suo libro, è stato un gesto inaspettato.
In questi giorni su molti giornali leggo episodi che potrebbero essere stati presi di peso dal mio libro, nel quale racconto la storia dei quasi vent’anni passati con Berlusconi, sia dal punto di vista professionale (e poi politico) sia dal punto di vista umano. Fra noi si era creato un rapporto di amicizia molto stretto, e quindi ho potuto vivere e poi raccontare molti episodi sul primo Berlusconi: dai rapporti con la famiglia a quelli con Dell’Utri, dall’acquisizione della Mondadori e del Milan a tutte le vicende in cui l’ho seguito come avvocato.
Lavorare a stretto contatto con Berlusconi significava “vivere” ad Arcore, partecipando a riunioni che duravano sino a tarda notte e condividendo vari momenti di contatto umano. Mi è quindi spiaciuto che il necrologio sia stato considerato inatteso (in particolare da una trasmissione su La7) perché sembra quasi che io fossi un avversario o un nemico di Berlusconi. Non è così.
È vero che abbiamo rotto i nostri rapporti all’epoca e a causa della disgraziata “vicenda Ariosto”, ma da allora sono sempre rimasto, idealmente e silenziosamente, legato alla figura di Berlusconi. Non condividevo, nel merito e nelle modalità, diverse sue iniziative e obiettivi politici, ma l’uomo ha sempre lasciato in me un segno positivo: un vecchio amico, simpatico e generoso.
Il mio necrologio era per me naturale e profondamente sentito. Sono passati oltre vent’anni dall’”incidente”, nei quali ho sempre mantenuto il mio sentimento verso Silvio, ma non ho più avuto la possibilità di vederlo e sentirlo. Su di me è stata creata dall’entourage di Berlusconi una cortina di non comunicazione e di isolamento.
Soprattutto negli ultimi anni Berlusconi era circondato da persone che decidevano chi poteva andare a trovarlo e chi no.
Io in Forza Italia sono stato capogruppo ma anche sostenitore e rappresentante di una parte di Forza Italia (che era maggioritaria) che puntava alla realizzazione di un forte centro democratico, liberale e costituzionalmente orientato, in antitesi alla parte più vicina alla destra allora guidata da Fini. Le due fazioni erano state soprannominate giornalisticamente “i falchi e le colombe”, io ero il rappresentante delle colombe mentre Previti rappresentava i falchi. In questo dualismo interno Berlusconi ha sempre cercato di tenere i piedi in due scarpe.
Dopo la rottura dei nostri rapporti la sua corte volle che si mettesse una pietra sopra la mia figura e il mio operato politico, che mi aveva procurato non pochi nemici all’interno del partito.

Una contrapposizione andata avanti anche dopo, seppur con altri protagonisti.
Esattamente. Alla fine però Berlusconi ha dimostrato che la mia posizione era quella giusta. Amche negli ultimi giorni di vita Berlusconi ha infatti definito Foza Italia come il perno ed il pilastro del centro politico italiano. Lo ha detto rivolgendosi idealmente alla Meloni per far capire la sua importanza rispetto ad una alleata che si sta allargando sempre di più. Va sottolineato come, dopo varie vicende elettorali, Berlusconi sia tornato all’origine, alla idea centrale che lo ha mosso nel ’94: fare un grande partito di massa, ma liberale e centrista, al di là delle alleanze politiche.

I falchi e le colombe riusciranno a restare uniti per far sopravvivere il partito o Giorgia Meloni finirà per incorporare Forza Italia prendendosi tutto, tranne alcuni esponenti che si collegheranno a un partito di “centro”?
A questo punto l’unità di Forza Italia non mi sembra realistica. Per rimanere nel solco tracciato da Berlusconi, sarebbe giusta l’idea di guardare ad Azione come riferimento di un centro forte, non succube della Meloni.

Calenda o Renzi potrebbero interpretare questo ruolo?
Per Renzi il pubblico ha già dato prova di scarso gradimento e Calenda, che ha maggiori consensi, ha un grande punto debole nei suoi frequenti cambiamenti di rotta. Oggi poi l’elettorato di quel grande partito liberale di massa che sognava Berlusconi, e che si rivolgeva soprattutto alla borghesia, appare disperso tra Meloni, Forza Italia, 5 Stelle, Lega, lo stesso PD e altri partiti minori.

In Lombardia quell’elettorato ha seguito, in parte, anche Letizia Moratti?
Si, è probabile, ma non ritengo che Moratti possa costituire una alternativa, per la quale occorrono collegamenti e aggregazioni di personalità politiche possibilmente forti come quelle della prima discesa in campo nel 1994.

È stato un errore di Berlusconi non trovare un erede che potesse far proseguire il percorso di Forza Italia e del centro dopo la sua scomparsa?
Non parlerei di errore perché lui non ci ha mai nemmeno provato. Non ha mai voluto creare un suo successore e un suo vero alter-ego. Anche nelle figure più rappresentative, lo dico con il massimo rispetto per tutti, Berlusconi si è orientato sui suoi collaboratori, dipendenti o sottoposti, senza dubbio idonei a replicare e diffondere le sue parole, ma scarsamente capaci di intuizioni politiche nuove e coraggiose che possano attrarre elettori (che infatti negli anni sono diminuiti).

Cosa pensa di un futuro ipotetico interessamento della famiglia? Il cognome è un brand e il partito è retto dalla potenza economico della famiglia.
Io sono stato tanto tempo lontano e non so cosa pensino adesso. Ricordo però che la figlia Marina (peraltro bravissima dirigente che io ho visto da giovane, quando veniva ai consigli di amministrazione e prendeva nota di tutto stando molto attenta) diceva che non si sarebbe mai data alla politica. Ho quell’immagine, ma nel frattempo Marina è diventata una persona molto importante nel panorama imprenditoriale ed economico nazionale e potrebbe aver cambiato idea. Non escludo che possa accettare la richiesta, della parte del partito più legato alla famiglia, di accettare una carica che in qualche modo rappresenti dinasticamente la successione a Silvio. Non mi sembra invece probabile una simile ipotesi a proposito di Pier Silvio.

Escluderebbe anche una successione di Marta Fascina? Pare che le decisioni prese subito dopo la morte di Berlusconi arrivassero dalla sua “corrente”.
Mi sembrerebbe strano. Fascina è arrivata alla politica da poco e il suo ruolo non giustifica una tale legittimazione “successoria”, indipendentemente dalle decisioni prese dall’entourage negli ultimi giorni di vita di Silvio.

Abbiamo parlato solo di Forza Italia. Passiamo al Governo. Pensa che la morte di Berlusconi potrebbe spaccare la maggioranza?
Io penso che non avrà nessuna ripercussione e anzi prevedo una fuga massiccia di forzisti verso la Meloni. Fratelli d’Italia è il carro vincente, ma una parte di Forza Italia più radicata nei principi del liberalismo opterà per Calenda, seguendo l’esempio di Carfagna e Gelmini.
Questo è il momento di messa alla prova di Calenda, che dovrebbe saper cogliere l’occasione per creare un forte polo di attrazione per chi pensa di uscire da Forza Italia facendo rotta sul centro. Da uomo di parte osservo che purtroppo tutta quella grande fetta del partito che guarda alla Meloni e pensa alle sue poltrone, di liberale ha molto poco, arrivando ad accettare idee di mutamenti istituzionali assolutamente improponibili.

I “fascisti” però li ha ripuliti e portati lui al governo. Poi per paradosso si è ritrovato minoritario in una coalizione costruita da lui anche con la destra post fascista.
Infatti chi andrà verso il centro dimostrerà personalità politica e coraggio, non accodandosi al vincitore e rischiando di rimanere isolato.

In conclusione possiamo quindi dire che l’unica cosa certa è che, come ha dichiarato Miccichè, Forza Italia non esiste più.
Si, ma lo sapevamo tutti. La frase “Forza Italia morirà con Berlusconi” era ricorrente quando tutti avevano capito che Silvio non voleva creare un successore, un alter-ego che avrebbe potuto fare ombra a lui.

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