Perdo Arrupe e Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, entrambi membri della Compagnia di Gesù

Storia

Da Pedro Arrupe a Papa Francesco, la tela ricucita della Compagnia di Gesù

Il pontificato di Francesco ha alle spalle la storia della Congregazione dei Gesuiti, con qualche ombra ma tante luci che hanno illuminato milioni di coscienze di cattolici e non. Da Matteo Ricci a La Pira che pure era francescano. Nella foto Arrupe e Francesco.

21 Aprile 2025

Per capire fino in fondo il papato di Francesco, bisogna fare uno o più passi indietro nella Compagnia di Gesù di cui Bergoglio era professo. Il flashback ci riporta al 1963, epoca dell’elezione di Giovanni Battista Montini al soglio pontificio. Nel Collegio dove era professo chi scrive, un padre gesuita, nostro professore di Filosofia, argomentò che nella Chiesa c’era stato un altro “Sesto” che si proclamò Alessandro. Il chiaro riferimento al papa Borgia gli costò l’esilio in Spagna. La critica era dovuta non al fatto che Papa Montini si presentasse come “Papa politico” ma perché portatore di una politica d’ancient règime. Due anni dopo veniva eletto Generale della Congregazione di Loyola Pedro Arrupe, subito definito “Papa Nero” e lo scontro con Montini avvenne subito ma restò sotterraneo per esplodere nel 1974 quando nella XXXII Congregazione generale, i 237 delegati riuniti nella sede generalizia approvarono l’estensione del quarto voto (la cosidetta obbedienza speciale al Papa) a tutti, non solo ai professi. La base dei professi gesuiti era contraria alla politica di chiusura della Curia, indicava lo scandalo IOR come la punta di iceberg pericolo di deriva, ed infine quando il pontificato di Wojtyla fu chiaramente orientato al sostegno della Polonia per incrinare il gigante comunista dell’URSS, molti gesuiti si posero in aperto contrasto a questa politica politicienne che dimenticava i veri problemi dell’Ecclesia, le emarginazioni che la globalizzazione stava già creando, le forbici sociali già in piena divaricazione in molti paesi occidentali ma devastanti nel Far East del mondo.

Molti cercarono di formare un gruppo separato, una Compagnia in obbedienza alla tradizione come la intendevano loro. Erano i cosiddetti «gesuiti della stretta osservanza». Arrupe reagì con rispetto per questi gesuiti, con grande pazienza, con grande spirito di preghiera, raccomandando costantemente a Dio il futuro della Compagnia e della Chiesa, senza condannarli, ascoltando le loro idee. Di quel periodo ne parla proprio Francesco da Papa in un libro Intervista che rievoca i fatti dell’8 dicembre del 1980 quando venne resa pubblica una lettera del preposito generale diretta ai provinciali dell’America Latina e che affrontava il delicato tema dell’analisi marxista presente nella Teologia della Liberazione. La lettera, come osservato da Papa Francesco, si esprime “contro l’analisi marxista della realtà, dicendo che non si poteva fare una cosa del genere in nome di Gesù Cristo”. .[1]

Padre Arrupe subì incomprensione prima da papa Paolo VI e poi di Giovanni Paolo II e malgrado questo l’obbedienza sua e della Congregazione non furono mai messe in discussione fino ad accettare la decadenza per iscritto di alcune regole ( come quella del quarto voto) sancite dalla intera Congregazione. Dopo Montini, neanche Papa Wojtyla fu tenero con la Compagnia di Gesù, modificando la successione ad Arrupe prevista per Mons. O’Keefe con Mons. Dezza che tenne per anni la berretta generalizia. Doveva arrivare Bergoglio per ridare fiato alla memoria di Arrupe la cui sessione della causa di beatificazione e di canonizzazione è iniziata nel febbraio del 2019, durante il pontificato di Francesco.

Questa fase (2013-2025) nasce con queste premesse e viene connotata da un papa emerso dalla Chiesa nella Chiesa.  Il “tuffo” nella piscina della società povera, diseredata e abbandonata viene ripreso da Francesco con una visione che va al di là della universalità della Ecclesia e la riporta nel più moderno cerchio della globalizzazione che tuttora impedisce a larghi strati d’umanità di emergere anche sfruttando il processo economico della glocalizzazione, ossia lo sviluppo di un’economia endogena peraltro idonea a diventare competitiva.

Lo spostamento del baricentro geopolitico verso il Far East è nella lucida visione di Jorge Maria Bergoglio già quando da giovane, negli anni settanta, voleva trasferirsi in Cina e la stessa Compagnia glielo vietò per le sue condizioni di salute imperfette. Francesco, il frate bucolico, amante della natura, auto-resosi povero è interpretato da Bergoglio che supera il populismo religioso di Giovanni XXIII, che pure tanti strati sociali ha riavvicinato alla Chiesa, e ha proiettato il concetto di ambiente, salute e benessere sociale nella visione presbite dell’intero pianeta, facendo di esso il palcoscenico di un progetto ecumenico di portata religiosa e non. Un ecumenismo che rende ragione delle differenze con la visione marxista e indirizza alla destratificazione sociale in nome della Chiesa. Il Gesuita Soldato di Cristo che porta la spada per tagliare in modo netto ingiustizia e discrepanze sociali. Epigono di tanti cristiani sociali che ebbero poca gloria in patria e fuori e, ricordandone uno, francescano secolare di nome e di fatto nello stile di vita, sostenitore dei diritti dei popoli asiatici afflitti da una guerra inutile, oltre che ingiusta, Giorgio La Pira, unico politico che sia andato in Vietnam da Ho-Chi-Min per stringergli non solo simbolicamente la mano. Come Wojtyla ha avuto come mentore Wyszynski, Bergoglio ha avuto il suo grande Arrupe.

 

[1] Nico Spuntoni, Padre Arrupe, il gesuita che non piaceva a tre Papi. Labussolaquotidiana. it, 18.02.2019

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