Medio Oriente
Quando il Gran Muftí di Gerusalemme, leader palestinese, incontró Hitler
Il 21 luglio 1934, Amin al Husseini – anche Yasser Arafat apparteneva alla famiglia Husseini – gran Muftì di Gerusalemme, noto per le sue posizioni antisemite, si recava a far visita al nuovo console generale tedesco a Gerusalemme con lo scopo di stabilire uno stretto rapporto di cooperazione fra palestinesi e il regime nazista.
Nel corso di quell’incontro, che verrà definito «molto cordiale e proficuo», il gran Muftì, anche a nome del popolo arabo abitante in Palestina mostrava il suo entusiasmo per quanto stava avvenendo nella Germania nazista e chiedeva al diplomatico tedesco di avviare contatti con lo stesso Führer per ottenere il sostegno della Germania nella lotta contro gli Ebrei che abitano la Palestina.
L’incontro decisivo, quello fra Adolf Hitler e Amin al-Husseini, avvenne però solo sette anni dopo e precisamente il 29 novembre del 1941, a guerra iniziata.
Il colloquio fra i due fu molto cordiale e, anche se sospettiamo che la risposta “Bruciali tutti” data da Husseini alla domanda del dittatore tedesco su che cosa fare degli ebrei potrebbe non essere veritiera, è molto probabile che l’ossessione antisemita del muftì l’avesse portato non solo ad approvare quando accadeva in Germania nei confronti dei figli di Israele ma che l’avesse anche a chiedere un impegno più incisivo dei nazisti a sostegno di quanti lottavano il sionismo in ogni parte del mondo e, in particolare, nel vicino oriente.
Hitler, si legge nella trascrizione del colloquio, assicurò l’ospite che “la Germania era determinata, passo dopo passo, a chiedere a una nazione dopo l’altra di risolvere la sua ‘questione ebraica, e nei tempi giusti per rivolgere un simile appello anche alle nazioni non-europee”.
Forte di queste assicurazioni, Hosseini fece allora ritorno a Gerusalemme e si diede immediatamente da fare per diffondere il verbo nazista non solo presso i Palestinesi ma, anche, presso tutti gli arabi incitando “i musulmani a prendere le armi al fianco della Germania nazista” e di dare il proprio sostegno “al meritevole e coraggioso condottiero Adolf Hitler”.
Alle parole seguirono i fatti. A parte i sabotaggi contro gli inglesi, il gran Muftì diede infatti l’assenso e favorì la nascita della cosiddetta Legione araba, costituita da reparti di musulmani, per un ammontare di due divisioni, inquadrate nell’esercito nazista che fiancheggiavano, anche se si dice con risultati modesti, le operazioni delle armate tedesche. Queste unità, divenute ben presto note per la loro ferocia, si sa che vennero spesso impiegate nei Balcani in azioni anti-partigiane e nei rastrellamenti di Ebrei e zingari.
Nel 1943, quando le sorti della guerra volgevano al peggio per i nazisti, non meno di cinquantamila musulmani di varia provenienza risultavano presenti nelle divisioni SS o nei reparti speciali tedeschi.
Anche se la Legione Araba (l’unità sulla quale il Muftì contava molto in quanto egli la considerava l’elemento costituente del suo futuro esercito antisemita) non arrivò mai a superare gli effettivi di qualche battaglione.
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